La notte del 3-4 novembre 1918 a Lecco, dopo la Vittoria
Come visse Lecco, “la piccola” città che non aveva ancora allargato i confini ai Comuni contermini, la sera del 3 novembre 1918? Sono trascorsi 105 anni. Nel suo primo volume del trittico “Piccolo mondo antico lecchese”, uscito nel 1972, l’avv. Arnaldo Ruggiero scriveva: “Quella notte non si dormì: le strade furono percorse fino all’alba da folti gruppi di cittadini osannanti alla Vittoria. I pubblici esercizi soggetti alla ferrea legge del coprifuoco (il territorio lecchese era stato compreso, dopo l’invasione austriaca del Veneto, nella zona di guerra che aveva il suo caposaldo nel gruppo alpino dello Stelvio) tennero spalancate le loro porte, e il vino, a furia di innumerevoli brindisi, corse a fiumi”.
Dal balcone del palazzo municipale (la sede del Comune era allora in via Roma all’odierno civico 51 nell’edificio ora di proprietà della Confcommercio) il sindaco avv. Arturo Monti lesse il comunicato del generale Armando Diaz, comandante supremo dell’Esercito Italiano, e invitò la folla ad applaudire con entusiasmo il valore dei nostri soldati e a mandare un vibrante saluto ai prodi combattenti di ogni arma e reparto, ai saggi condottieri e al re. Al balcone della Vittoria si alternarono quella sera, sino a notte inoltrata, numerosi oratori, rappresentanti in particolare delle associazioni combattentistiche e d’arma, nonché assessori e consiglieri comunali.
Vennero manifestati tutti i sentimenti che erano stati compressi “in tanti lunghi mesi di ansie e trepidazioni, di sacrifici morali e di patimenti fisici”. La città esultava nelle sue piazze e nelle sue vie del centro, lungo l’asse da piazza Garibaldi a via Cavour e le strade confinanti. Ma in tante famiglie c’era anche il rinnovarsi del dolore e del pianto per giovani militari non più tornati dai campi di battaglia.
Nella piccola città di Lecco i Caduti della prima guerra mondiale 1915/1918 hanno superato la cifra dei 125. Vennero subito ricordati nelle lapidi inaugurate il 2 novembre 1920 nella cappella del cimitero monumentale di via Parini. Saranno integrati con quelli degli altri Comuni “confinanti”, entrati nella “Grande Lecco” con l’unificazione 1923/1924, e i loro nomi verranno incisi nei marmi del monumento sul lungolago, inaugurato il 28 ottobre 1926 alla presenza del Duca d’Aosta, comandante dell’invitta 3^ Armata.
Sempre Arnaldo Ruggiero sottolinea nei ricordi della notte tra il 3 e il 4 novembre 1918: “Un gruppo di cittadini, fra i quali il capitano di fanteria Ruggiero Grassi e il tenente del Genio Armando Affunti, corse alla chiesa parrocchiale di San Nicolò, attaccandosi alle corde delle campane e facendole suonare tutte insieme in un fragoroso concerto che, rimbombando per tutta la città, richiamò l’attenzione di quelli dei paesi vicini. E anche da questi mosse, quasi correndo verso il centro di Lecco, la gente a frotte e in gruppi”.
Il sindaco Arturo Monti volle subito rendere noto di avere inviato un telegramma al generalissimo Diaz e lesse dal balcone alla folla il testo. “Popolazione di Lecco e territorio, riunita stanotte in importantissimo comizio, entusiasta magnifica notizia occupazione Trento e Trieste, liberazione completa nostre terre invase, raggiungimento aspirazioni nazionali, plaude sapiente vostra azione, valore eroismo indomabile esercito, marina italiani, che seppero sviluppare fulminea vittoria sul barbaro, secolare nemico”.
La banda Manzoni (numericamente molto ridotta perché buona parte dei componenti erano stati chiamati al servizio militare) percorse nella notte, più volte, le vie del centro cittadino suonando inni cari alla Patria, fra gli applausi di una partecipazione popolare entusiasta. Grande festa anche presso la caserma Sirtori nell’allora solitaria via Amilcare Ponchielli, in contrada Lazzaretto, oggi via Leonardo da Vinci, che era il riferimento operativo di base di tutta la retrovia del fronte dello Stelvio che faceva deposito al nodo viario della città di Lecco, con l’importantissimo trecentesco ponte di Azzone Visconti.
Sempre Ruggiero conclude le sue note sul 3 e 4 novembre 1918: “Ma nella gioia immensa di quelle giornate radiose, quali la nostra Italia non avrebbe più avuto, si addensò un’ombra: il triste ricordo dell’incommensurabile costo in vite umane e in beni materiali che la guerra, nella sua legge crudele, aveva preteso. Erano i tanti giovani che non erano tornati. A loro, nella memoria della Vittoria gloriosa di Vittorio Veneto, che resterà nei secoli, andò il mio commosso e religioso pensiero”.
Dal balcone del palazzo municipale (la sede del Comune era allora in via Roma all’odierno civico 51 nell’edificio ora di proprietà della Confcommercio) il sindaco avv. Arturo Monti lesse il comunicato del generale Armando Diaz, comandante supremo dell’Esercito Italiano, e invitò la folla ad applaudire con entusiasmo il valore dei nostri soldati e a mandare un vibrante saluto ai prodi combattenti di ogni arma e reparto, ai saggi condottieri e al re. Al balcone della Vittoria si alternarono quella sera, sino a notte inoltrata, numerosi oratori, rappresentanti in particolare delle associazioni combattentistiche e d’arma, nonché assessori e consiglieri comunali.
Vennero manifestati tutti i sentimenti che erano stati compressi “in tanti lunghi mesi di ansie e trepidazioni, di sacrifici morali e di patimenti fisici”. La città esultava nelle sue piazze e nelle sue vie del centro, lungo l’asse da piazza Garibaldi a via Cavour e le strade confinanti. Ma in tante famiglie c’era anche il rinnovarsi del dolore e del pianto per giovani militari non più tornati dai campi di battaglia.
Sempre Arnaldo Ruggiero sottolinea nei ricordi della notte tra il 3 e il 4 novembre 1918: “Un gruppo di cittadini, fra i quali il capitano di fanteria Ruggiero Grassi e il tenente del Genio Armando Affunti, corse alla chiesa parrocchiale di San Nicolò, attaccandosi alle corde delle campane e facendole suonare tutte insieme in un fragoroso concerto che, rimbombando per tutta la città, richiamò l’attenzione di quelli dei paesi vicini. E anche da questi mosse, quasi correndo verso il centro di Lecco, la gente a frotte e in gruppi”.
Il sindaco Arturo Monti volle subito rendere noto di avere inviato un telegramma al generalissimo Diaz e lesse dal balcone alla folla il testo. “Popolazione di Lecco e territorio, riunita stanotte in importantissimo comizio, entusiasta magnifica notizia occupazione Trento e Trieste, liberazione completa nostre terre invase, raggiungimento aspirazioni nazionali, plaude sapiente vostra azione, valore eroismo indomabile esercito, marina italiani, che seppero sviluppare fulminea vittoria sul barbaro, secolare nemico”.
La banda Manzoni (numericamente molto ridotta perché buona parte dei componenti erano stati chiamati al servizio militare) percorse nella notte, più volte, le vie del centro cittadino suonando inni cari alla Patria, fra gli applausi di una partecipazione popolare entusiasta. Grande festa anche presso la caserma Sirtori nell’allora solitaria via Amilcare Ponchielli, in contrada Lazzaretto, oggi via Leonardo da Vinci, che era il riferimento operativo di base di tutta la retrovia del fronte dello Stelvio che faceva deposito al nodo viario della città di Lecco, con l’importantissimo trecentesco ponte di Azzone Visconti.
Sempre Ruggiero conclude le sue note sul 3 e 4 novembre 1918: “Ma nella gioia immensa di quelle giornate radiose, quali la nostra Italia non avrebbe più avuto, si addensò un’ombra: il triste ricordo dell’incommensurabile costo in vite umane e in beni materiali che la guerra, nella sua legge crudele, aveva preteso. Erano i tanti giovani che non erano tornati. A loro, nella memoria della Vittoria gloriosa di Vittorio Veneto, che resterà nei secoli, andò il mio commosso e religioso pensiero”.
A.B.