Bonacina: in arrivo (almeno) una ventina di migranti, per loro non solo vitto e alloggio ma anche servizi per l'integrazione
L'emergenza maltempo ha costretto a rallentare, ma se non sarà già da lunedì 6, entro la fine della prossima settimana l'ex scuola elementare di Bonacina accoglierà i primi richiedenti asilo. Saranno almeno una ventina (con il tetto massimo fissato a 35 unità), per lo più giovani uomini appena destinati alla provincia di Lecco dal sistema centralizzato di “smistamento” o già presenti da qualche tempo sul nostro territorio, in altre strutture dove sono stati inseriti “in maniera precipitosa” al loro arrivo nei mesi più caldi dell'anno quanto a sbarchi.
L'annuncio arriva direttamente dal Prefetto Sergio Pomponio, confermando quanto già promesso all'amministrazione comunale e alla cittadinanza: l'ex plesso scolastico sarà utilizzato come centro di accoglienza temporaneo per non più di otto settimane, diventate già sei, senza ostacolare dunque l'avvio dei lavori che lo trasformeranno nel nuovo asilo nido al servizio delle famiglie del rione. E – novità – i “ragazzi” che vi transiteranno non saranno lasciati con le mani in mano. La Prefettura, principalmente nella persona del Capo di Gabinetto Paola Cavalcanti su sprone del dottor Pompionio stesso, si è infatti impegnata, raccogliendo i suggerimenti anche della cittadinanza, a riannodare i legami con gli enti del terzo settore operanti nell'ambito dell'integrazione, per riattivare servizi aggiuntivi rispetto al mero vitto e alloggio previsti, da capitolato, nei vari bandi a tema. Il tutto senza gravare sulla spesa pubblica, come rimarcato, mettendo le mani avanti rispetto a possibili critiche in questo senso.
Così i giovanotti ospitati a Bonacina – ma tale modello, ha puntualizzato la dottoressa Calvalcanti, potrà essere replicato anche in eventuali altri futuri hub – saranno coinvolti in corsi di italiano grazie a Lezioni al Campo (sodalizio nato proprio, come si ricorderà, tra i prefabbricati del Bione all'esordio dell'emergenza migranti, per “umanizzare” una situazione difficile) e attività di mediazione con Les Cultures, potendo anche beneficiare del supporto psicologico, in collaborazione con la Caritas, realtà quest'ultima con cui la Prefettura (prima in Lombardia, una delle pioniere anche a livello nazionale) ha già sottoscritto un accordo di prima accoglienza presso la Casa della Carità di via San Nicolò. Già garantito, poi, anche il supporto della Croce Rossa, che fornirà i letti, contribuendo sempre all'abbattimento dei costi “vivi”, ridotti di fatto alle sole utenze, avendo il Comune di Lecco concesso lo stabile in comodato gratuito.
Perché tutto ciò? Per garantire un trattamento dignitoso ai richiedenti asilo, in primis. Ma anche per iniziare ad affrontare la questione migranti con un respiro (anche temporale) più ampio, “governando” - per quanto possibile – il fenomeno, lavorando fin da subito su una pre-integrazione che faccia sentire accolti i nuovi arrivati e che sgretoli i pregiudizi della cittadinanza, favorendo dunque l'accettazione e conseguentemente un'accoglienza davvero diffusa a livello territoriale, dopo che nessun comune – Lecco escluso – ha risposto all'appello lanciato a più riprese nei mesi scorsi dal Prefetto.
Per iniziare dunque a mettere le basi ad una “progettazione sociale”, per mutuare l'espressione scelta da Pomponio, ben consapevole di come – complice la stagione – gli sbarchi ora diminuiranno ma con ogni probabilità l'afflusso dalla rotta balcanica, in un continuo su e giù di pressione sui territori periferici come il nostro, territori che dovrebbero imparare a strutturare l'accoglienza, ragionando “in termini di prospettiva”, organizzandosi per dare “risposte preparate e intelligenti, senza farsi prendere dall'ansia”. Anche perché, “i numeri scorporati sono sempre poco significativi” ha aggiunto Sua Eccellenza. 500 circa le presenze in tutto, ora, nel lecchese.
“Una persona accolta da persona è più difficile che delinqua. E' un approccio sanitario, di sanità pubblica, che qualcuno, in tempi lontani, ha già tradotto nel diritto internazionale” ha evidenziato altresì il Prefetto, tornando al bisogno di “sicurezza” avvertito dalla cittadinanza, affermando anche nell'ultimo anno e mezzo – il periodo trascorso dal suo insediamento – non si sono registrati problemi con i richiedenti asilo collocati nelle diverse strutture dislocate sul territorio.
Scongiurato, invece, almeno per il momento, il ricorso a moduli abitativi da piazzare in aree pubbliche o private (tipo i capannoni industriali dismessi).
L'annuncio arriva direttamente dal Prefetto Sergio Pomponio, confermando quanto già promesso all'amministrazione comunale e alla cittadinanza: l'ex plesso scolastico sarà utilizzato come centro di accoglienza temporaneo per non più di otto settimane, diventate già sei, senza ostacolare dunque l'avvio dei lavori che lo trasformeranno nel nuovo asilo nido al servizio delle famiglie del rione. E – novità – i “ragazzi” che vi transiteranno non saranno lasciati con le mani in mano. La Prefettura, principalmente nella persona del Capo di Gabinetto Paola Cavalcanti su sprone del dottor Pompionio stesso, si è infatti impegnata, raccogliendo i suggerimenti anche della cittadinanza, a riannodare i legami con gli enti del terzo settore operanti nell'ambito dell'integrazione, per riattivare servizi aggiuntivi rispetto al mero vitto e alloggio previsti, da capitolato, nei vari bandi a tema. Il tutto senza gravare sulla spesa pubblica, come rimarcato, mettendo le mani avanti rispetto a possibili critiche in questo senso.
Così i giovanotti ospitati a Bonacina – ma tale modello, ha puntualizzato la dottoressa Calvalcanti, potrà essere replicato anche in eventuali altri futuri hub – saranno coinvolti in corsi di italiano grazie a Lezioni al Campo (sodalizio nato proprio, come si ricorderà, tra i prefabbricati del Bione all'esordio dell'emergenza migranti, per “umanizzare” una situazione difficile) e attività di mediazione con Les Cultures, potendo anche beneficiare del supporto psicologico, in collaborazione con la Caritas, realtà quest'ultima con cui la Prefettura (prima in Lombardia, una delle pioniere anche a livello nazionale) ha già sottoscritto un accordo di prima accoglienza presso la Casa della Carità di via San Nicolò. Già garantito, poi, anche il supporto della Croce Rossa, che fornirà i letti, contribuendo sempre all'abbattimento dei costi “vivi”, ridotti di fatto alle sole utenze, avendo il Comune di Lecco concesso lo stabile in comodato gratuito.
Perché tutto ciò? Per garantire un trattamento dignitoso ai richiedenti asilo, in primis. Ma anche per iniziare ad affrontare la questione migranti con un respiro (anche temporale) più ampio, “governando” - per quanto possibile – il fenomeno, lavorando fin da subito su una pre-integrazione che faccia sentire accolti i nuovi arrivati e che sgretoli i pregiudizi della cittadinanza, favorendo dunque l'accettazione e conseguentemente un'accoglienza davvero diffusa a livello territoriale, dopo che nessun comune – Lecco escluso – ha risposto all'appello lanciato a più riprese nei mesi scorsi dal Prefetto.
Per iniziare dunque a mettere le basi ad una “progettazione sociale”, per mutuare l'espressione scelta da Pomponio, ben consapevole di come – complice la stagione – gli sbarchi ora diminuiranno ma con ogni probabilità l'afflusso dalla rotta balcanica, in un continuo su e giù di pressione sui territori periferici come il nostro, territori che dovrebbero imparare a strutturare l'accoglienza, ragionando “in termini di prospettiva”, organizzandosi per dare “risposte preparate e intelligenti, senza farsi prendere dall'ansia”. Anche perché, “i numeri scorporati sono sempre poco significativi” ha aggiunto Sua Eccellenza. 500 circa le presenze in tutto, ora, nel lecchese.
“Una persona accolta da persona è più difficile che delinqua. E' un approccio sanitario, di sanità pubblica, che qualcuno, in tempi lontani, ha già tradotto nel diritto internazionale” ha evidenziato altresì il Prefetto, tornando al bisogno di “sicurezza” avvertito dalla cittadinanza, affermando anche nell'ultimo anno e mezzo – il periodo trascorso dal suo insediamento – non si sono registrati problemi con i richiedenti asilo collocati nelle diverse strutture dislocate sul territorio.
Scongiurato, invece, almeno per il momento, il ricorso a moduli abitativi da piazzare in aree pubbliche o private (tipo i capannoni industriali dismessi).
A.M.