In viaggio a tempo indeterminato/304: vedi Napoli e poi muori

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“Vedi Napoli e poi muori”.
So che è un modo di dire ma a me è sempre suonato decisamente lugubre, se poi ci aggiungiamo che siamo anche sotto halloween, ecco che l’effetto “minaccia velata” è servito. Nella mia mente, Napoli è sempre stata avvolta da un alone di mistero e di pericolo. Bella e tenebrosa, come fosse un attore affascinante che nel film interpreta il ruolo del cattivo. Al sentirla nominare provavo una specie di repulsione-attrazione che di certo mi incuriosiva. Il desiderio di conoscere Napoli in me cresceva ogni volta che capitava di parlarne con qualcuno che l’aveva visitata.
“Napoli è unica. Indescrivibile!”
“Non ho mai visto un altro posto così”
“Non siete mai stati a Napoli? Non è possibile!”
E una serie di altre frasi simili, accompagnate da uno sguardo sognante, uscivano dalla bocca di chi questa città l’aveva esplorata.
Ogni commento aumentava a dismisura le mie aspettative al punto tale che, i giorni prima di raggiungere Napoli, avevo iniziato a pensare fosse un luogo mitologico, troppo bello e complesso per poter esistere nella realtà.
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Sarà per questo motivo che, una volta sbarcati dall’autobus proveniente da Bari, mi ci è voluta qualche ora per rendermi davvero conto di essere lì.
Camminavo senza sapere realmente dove fossi. Senza una meta o uno scopo. Frastornata da tutto quel mondo familiare ma allo stesso tempo più intenso e più vivo. Per qualche motivo che ancora adesso non riesco a decifrare, in quelle prime ore cercavo costantemente l’immagine di Maradona dietro ogni angolo, come se fosse l’unico punto fisso nel caos di idee, immagini e pensieri che affollavano la mia mente.
Mi sentivo come dentro un sogno. Un viaggio onirico in cui non capivo cosa fosse reale e cosa, invece, creato dalla mia fervida immaginazione.
Oddio, credo sarà la stessa sensazione che proveremo in futuro quando faticheremo a distinguere tra “mondo creato dall’AI (intelligenza artificiale)” e realtà.
Spoiler: non è una bella sensazione.
“Ci mangiamo una vera pizza napoletana?” mi dice Paolo riportandomi finalmente al presente e alla realtà. E in quel momento realizzo di essere davvero lì, a Napoli. Sono io tra quelle vie strette con i panni che sventolano ad asciugare, con l’aria di mare che si mescola al profumo di pesce fritto e la melodia di una canzone cantata da un balcone.

Bene, appurato che quello che vedevo tutto intorno a me fosse reale e non frutto della mia mente, ho iniziato a godermi davvero Napoli.
Avevano ragione tutti quelli che me ne avevano parlato! 
“Napule è mille culure, Napule è mille paure” cantava Pino Daniele. E la sua voce mi sembra risuoni ancora tra i cardini e i decumani che dividono la città come fosse una scacchiera.
Più la osservo e più mi rendo conto che Napoli è molto più di una città. E’ così complessa e ricca da piacere a chiunque perché ognuno ci trova quello che stava cercando.
Ci sono i palazzi eleganti, i caffè signorili e le chiese piene di dettagli.
Ci sono le strade strette e buie, i graffiti sui muri, i motorini che sfrecciano.
Ci sono le piazze immense, le gallerie e i teatri di un passato sontuoso.
Ci sono i banchi del mercato, i cornetti porta fortuna, gli scudetti vinti dalla squadra di calcio.
C’è lo sfarzo e c’è la decadenza. C’è l’immensità del mare e c’è la luce fioca dei vicoli. C’è tutto e il contrario di tutto. Ed è per questo che ognuno si sente bene in questa città, basta decidere cosa guardare.
A legare il tutto però, c’è un elemento chiave secondo me: la “napoletanità”. Cioè la capacità degli abitanti di questa città, di essere ospitali, accoglienti, ironici, schietti e divertenti. Sono i napoletani a rendere vivo e meraviglioso questo luogo nato ai piedi di un maestoso vulcano attivo.
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Questo articolo è iniziato però con quella frase angosciante “Vedi Napoli e poi muori” che a questo punto merita una spiegazione.
La frase sarebbe da attribuirsi a Goethe, celebre scrittore tedesco che durante il suo viaggio in Italia, si innamorò follemente di Napoli e del calore del popolo partenopeo, capace di godere di tutte le piccole gioie della vita. Niente per lui sarebbe stato più lo stesso dopo Napoli, da qui la celebre frasi citata prima.
“A me qui sembra di essere un altro. Dunque le cose sono due: o ero pazzo prima di giungere qui, oppure lo sono adesso” confessò Goethe. E io non posso che dargli ragione, dato che penso sia successa anche a me la stessa identica cosa.
Angela (e Paolo)
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