Lecco: “la casa del cinema è la sala”. Al Palladium un film sul critico Gino Buscaglia

Istanti. Ognuno conserva nei suoi ricordi alcuni specifici, precisi istanti. Momenti magici in grado di accedere passioni profonde verso un’altra persona, una professione, uno sport. Oppure, verso il cinema. Gino Buscaglia si ricordava perfettamente l’istante in cui si è accesa la sua passione per il cinema, quel sentimento che lo ha portato a diventare un affermato critico cinematografico. “Avevo 5 anni. Mio padre mi portò da Cesana Brianza, dove abitavamo, al cinema Marconi a Lecco in bicicletta. Era la prima volta che andavo al cinema. Quando entrai, il film era già iniziato. Era “Totò al Giro d’Italia”. Alla fine della proiezione, chiesi a mio padre quando mi avrebbe riportato” ha raccontato Buscaglia durante il documentario “Lo chiamavano Gibus”, realizzato dalla Godfellas Motion Pictures di Jack Martin e proiettato ieri sera al cine teatro Palladium.
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Gino Buscaglia

Tra il pubblico era presente anche una rappresentanza di abitanti di Pasturo, scesi a Lecco per commemorare uno dei tanti cineforum organizzati dal critico sul territorio. “Dato che marinavo la scuola per andare al cinema decisero di iscrivermi al collegio dei Salesiani a Sondrio. Lì, però c’era un direttore cinefilo che organizzava ogni anno dei cineforum. Il direttore di dibattito era un professionista milanese” ha aggiunto Buscaglia nel suo racconto. “È così che ho imparato a discutere dei film. In seguito, durante l’università qui a Lecco mi chiesero di organizzare un cineforum. Con alcuni amici ci siamo lanciati in quest’avventura. Il successo di pubblico è stato notevole”. Il peso dell’esperienza descritta da quelle parole era tale che il giovane regista svizzero si era concentrato solo su di esse. Il documentario, di fatto, si sviluppava come un’intesa video intervista in cui la storica voce della Radio Televisione Svizzera Italiana racconta con estrema chiarezza il suo lavoro e il cinema oggi. “In tanti si divertivano molto di più quando stroncavo i film. Io ho sempre mantenuto un’onestà intellettuale, ho sempre detto ciò che pensavo per rispetto tanto dei miei lettori quanto dei miei interlocutori” ha proseguito Buscaglia. È proprio grazie all’onestà intellettuale, nonché ad un impareggiabile conoscenza della materia, che sono nate interviste straordinarie con maestri quali Francois Truffaut o amicizie con mostri sacri come Sergio Leone. Alla base di tutto, però, c’è sempre e solo lei: la sala, luogo delle “emozioni collettive”. “Il cinema in sala è a casa sua. In sala si scopre il film. La tv serve per ricordarci del film o per studiarlo dopo averlo visto in sala” ha sottolineato il critico, per il quale il più grande regista della storia è Stanley Kubrick. “Bisognerebbe portare il cinema nelle scuole fin dalle elementari. Quello cinematografico è il linguaggio più importante e più pervasivo”. 
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Al microfono Jack Martin

Al termine della proiezione, il pubblico ha posto diverse domande a Buscaglia. “Perché sono finito a lavorare in Svizzera? Quando ho provato ad entrare in RAI mi hanno chiesto di che partito fossi. Alla RSTI ho goduto della massima libertà espressiva per trent’anni di carriera” ha evidenziato il protagonista della serata senza perdere un briciolo di energia e sincerità. “Oggi il politically correct sta uccidendo le forme di espressione. Cercate di informarvi prima di scegliere cosa guardare ma non sui social. Anzi, se lì trovate una recensione negativa allora quel film è da andare a vedere in sala. Andate in sala a vedere la pellicola di cui tutti parlano e verificate perché tutti ne parlano” ha proseguito Buscaglia. “Le piattaforme vanno bene soprattutto per le serie tv. Sono usciti tanti film molto belli ultimamente, come Dogman di Luc Besson o Rapito di Bellocchio. Ho avuto la possibilità di vedere il nuovo film di Scorsese e vi assicuro che è un capolavoro assoluto. Se proprio non sapete cosa guardare, partite dai classici. Ma, soprattutto, andate in sala: coltivare un sogno assieme agli altri spettatori, partecipare ad un’emozione collettiva è qualcosa di impagabile”.   
A.Bes.
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