In viaggio a tempo indeterminato/303: bye bye caro Biagio
2 anni e 23000 km dopo salutiamo definitivamente quel piccolo van blu che è stato la nostra casa e il nostro mezzo di trasporto.
Quei 2 metri quadri hanno significato molto per noi. Li abbiamo amati e odiati così tanto, da farli diventare un elemento fondamentale del nostro vagare.
A volte quel minuscolo van era troppo stretto, altre invece ci sembrava enorme come la libertà.
Ci sono stati giorni in cui ci appariva come un piccolo catorcio con le ruote e altri in cui lo vedevamo come una sontuosa dimora.
Poi in una inaspettatamente calda giornata di ottobre, un po' per curiosità e un po' per interesse, abbiamo scritto un annuncio.
"Vendesi Piaggio Porter del 1995. Ha fatto tanta strada ma ha ancora voglia di avventure..." Nelle venti righe successive siamo poi entrati nel dettaglio della sua storia, degli interventi fatti, dei pregi ma anche dei difetti.
Annuncio pubblicato la mattina verso le 10 davanti a un pasticciotto con la crema e un caffè leccese preparato con ghiaccio e latte di mandorla.
"Secondo te ci chiamerà qualcuno?"
"Mal che vada risaliamo tutta l'Italia e rimettiamo l'annuncio in Lombardia"
Avevamo capito da ormai qualche tempo che era arrivata per noi l'ora di cambiare.
Ancora una volta eravamo a un bivio: continuare con il van, magari andando verso ovest, oppure buttarci in una direzione completamente diversa.
Per qualche motivo che ancora dobbiamo capire, io e Paolo siamo sempre attratti dalle novità e dai cambiamenti. Ci spaventano e ci esaltano allo stesso tempo. "Non riuscite proprio a star fermi voi due" ci dice spesso mia suocera. E credo abbia ragione. Quando abbiamo iniziato a viaggiare, ormai sei anni fa, fermi non siamo più voluti stare.
Per questo sapevamo che, una volta tornati in Italia, la vendita del van sarebbe stata un passaggio fondamentale.
Lasciar andare qualcosa per fare spazio a qualcosa di nuovo.
Ormai sono convinta che il mondo sia pieno di segnali che ci indicano se la strada che stiamo seguendo è quella giusta.
Nel nostro caso il segno è stata una telefonata arrivata 4 ore dopo aver cliccato "pubblica" sul sito degli annunci.
Io stavo facendo una foto e mi ero allontanata un attimo. I colori caldi del pomeriggio pugliese volevo catturarli e fermarli nella memoria con uno scatto.
Paolo era a qualche metro da me quando il suo telefono è squillato.
"Pronto..."
E poi è partito per una camminata lenta e senza direzione.
Non ci ho fatto molto caso, in realtà, perché ogni volta che parla al telefono lui cammina. Ho smesso di contare le volte in cui ci siamo persi proprio per questo motivo. Lui parte e fa delle maratone che neanche fossimo a New York.
Io in genere provo a seguirlo con lo sguardo, poi mi siedo su una panchina e aspetto che ritorni, un po' come quegli aspirapolveri rotondi che girano soli per casa e quando sono scarichi tornano al punto di partenza. Ecco io sto lì ad aspettare che finisca.
Stavolta, però, la telefonata stava durando più del solito. Quindi mi sono sbracciata per attirare la sua attenzione e a gesti gli ho fatto intuire che forse sarebbe stato meglio tornare al parcheggio dove si trovava il nostro van.
Nei restanti due km di tragitto, mentre lui continuava a parlare al telefono, io scattavo foto e mi perdevo con lo sguardo sui panni stesi fuori dalle finestre e il cielo azzurro terso che compariva tra i palazzi.
"Perfetto. Allora ci risentiamo domani. Ciao, ciao."
"Con chi sei stato al telefono tutto questo tempo?" chiedo io mentre siamo quasi tornati al van.
"Abbiamo venduto il Biagino."
"In che senso? A chi?" incalzo io, come se avessi dimenticato dell'annuncio.
"Un ragazzo di Lecce. È molto interessato."
Quella telefonata l'ho presa come un segnale che stavamo seguendo la strada giusta. Vendere il van in pochi giorni ci sembrava un'impresa quasi impossibile, ma farlo in poche ore doveva necessariamente essere un evento sovrannaturale.
Quella telefonata ha segnato la fine di un'epoca e, ovviamente, l'inizio di una nuova avventura.
Organizzare tutto per lasciare il van è stato più semplice del previsto. Due scatoloni e due zaini sono rimasti con noi, tutto il resto è finito nel cassonetto o rimasto come dotazione del van. La cosa più importante: un cd di Bob Marley. Era sul van quando lo abbiamo acquistato e rimane ancora ora che è stato venduto.
L'abbiamo ascoltato un'ultima volta mentre guidavamo verso Lecce. La voce di Bob gracchiava nei vecchi altoparlanti.
Il ritmo lento e marcato del reggae accompagnava ogni km. La colonna sonora perfetta per questo viaggio che sa di passato e che si muove lento ma costante.
Finestrini abbassati, gomiti fuori, la campagna leccese... non poteva esserci finale più dolce per questa avventura durata due anni.
Quei 2 metri quadri hanno significato molto per noi. Li abbiamo amati e odiati così tanto, da farli diventare un elemento fondamentale del nostro vagare.
A volte quel minuscolo van era troppo stretto, altre invece ci sembrava enorme come la libertà.
Ci sono stati giorni in cui ci appariva come un piccolo catorcio con le ruote e altri in cui lo vedevamo come una sontuosa dimora.
Poi in una inaspettatamente calda giornata di ottobre, un po' per curiosità e un po' per interesse, abbiamo scritto un annuncio.
"Vendesi Piaggio Porter del 1995. Ha fatto tanta strada ma ha ancora voglia di avventure..." Nelle venti righe successive siamo poi entrati nel dettaglio della sua storia, degli interventi fatti, dei pregi ma anche dei difetti.
Annuncio pubblicato la mattina verso le 10 davanti a un pasticciotto con la crema e un caffè leccese preparato con ghiaccio e latte di mandorla.
"Secondo te ci chiamerà qualcuno?"
"Mal che vada risaliamo tutta l'Italia e rimettiamo l'annuncio in Lombardia"
Avevamo capito da ormai qualche tempo che era arrivata per noi l'ora di cambiare.
Ancora una volta eravamo a un bivio: continuare con il van, magari andando verso ovest, oppure buttarci in una direzione completamente diversa.
Per qualche motivo che ancora dobbiamo capire, io e Paolo siamo sempre attratti dalle novità e dai cambiamenti. Ci spaventano e ci esaltano allo stesso tempo. "Non riuscite proprio a star fermi voi due" ci dice spesso mia suocera. E credo abbia ragione. Quando abbiamo iniziato a viaggiare, ormai sei anni fa, fermi non siamo più voluti stare.
Per questo sapevamo che, una volta tornati in Italia, la vendita del van sarebbe stata un passaggio fondamentale.
Lasciar andare qualcosa per fare spazio a qualcosa di nuovo.
Ormai sono convinta che il mondo sia pieno di segnali che ci indicano se la strada che stiamo seguendo è quella giusta.
Nel nostro caso il segno è stata una telefonata arrivata 4 ore dopo aver cliccato "pubblica" sul sito degli annunci.
Io stavo facendo una foto e mi ero allontanata un attimo. I colori caldi del pomeriggio pugliese volevo catturarli e fermarli nella memoria con uno scatto.
Paolo era a qualche metro da me quando il suo telefono è squillato.
"Pronto..."
E poi è partito per una camminata lenta e senza direzione.
Non ci ho fatto molto caso, in realtà, perché ogni volta che parla al telefono lui cammina. Ho smesso di contare le volte in cui ci siamo persi proprio per questo motivo. Lui parte e fa delle maratone che neanche fossimo a New York.
Io in genere provo a seguirlo con lo sguardo, poi mi siedo su una panchina e aspetto che ritorni, un po' come quegli aspirapolveri rotondi che girano soli per casa e quando sono scarichi tornano al punto di partenza. Ecco io sto lì ad aspettare che finisca.
Stavolta, però, la telefonata stava durando più del solito. Quindi mi sono sbracciata per attirare la sua attenzione e a gesti gli ho fatto intuire che forse sarebbe stato meglio tornare al parcheggio dove si trovava il nostro van.
Nei restanti due km di tragitto, mentre lui continuava a parlare al telefono, io scattavo foto e mi perdevo con lo sguardo sui panni stesi fuori dalle finestre e il cielo azzurro terso che compariva tra i palazzi.
"Perfetto. Allora ci risentiamo domani. Ciao, ciao."
"Con chi sei stato al telefono tutto questo tempo?" chiedo io mentre siamo quasi tornati al van.
"Abbiamo venduto il Biagino."
"In che senso? A chi?" incalzo io, come se avessi dimenticato dell'annuncio.
"Un ragazzo di Lecce. È molto interessato."
Quella telefonata l'ho presa come un segnale che stavamo seguendo la strada giusta. Vendere il van in pochi giorni ci sembrava un'impresa quasi impossibile, ma farlo in poche ore doveva necessariamente essere un evento sovrannaturale.
Quella telefonata ha segnato la fine di un'epoca e, ovviamente, l'inizio di una nuova avventura.
Organizzare tutto per lasciare il van è stato più semplice del previsto. Due scatoloni e due zaini sono rimasti con noi, tutto il resto è finito nel cassonetto o rimasto come dotazione del van. La cosa più importante: un cd di Bob Marley. Era sul van quando lo abbiamo acquistato e rimane ancora ora che è stato venduto.
L'abbiamo ascoltato un'ultima volta mentre guidavamo verso Lecce. La voce di Bob gracchiava nei vecchi altoparlanti.
Il ritmo lento e marcato del reggae accompagnava ogni km. La colonna sonora perfetta per questo viaggio che sa di passato e che si muove lento ma costante.
Finestrini abbassati, gomiti fuori, la campagna leccese... non poteva esserci finale più dolce per questa avventura durata due anni.
Angela (e Paolo)