Lecco: per il GIMS “50 anni di impegno e testimonianza”.
Come si costruisce un sogno? Innanzitutto, riunendo dei sognatori. “You may say I’m a dreamer. But I’m not the only one” cantava, non a caso, John Lennon in quella Imagine che ancora oggi è il miglior racconto di un sogno che sia mai stato scritto. Alla base del sogno raccontato venerdì sera all’auditorium casa dell’economia di Via Tonale c’erano tre persone: Sandro Morganti, Paolo Rusconi e Annamaria Fumagalli, diventata poi suor Maria Gloria Anna. Sono stati loro, nel 1973, a fondare il Gruppo Impegno Missionario San Giovanni.
“Il GIMS è partito con poche persone, però nel nostro piccolo sono state fatte parecchie cose. Abbiamo iniziato dalla raccolta di carta e stracci al sabato per arrivare alla spedizione di pacchi con piccoli aiuti ai vari missionari. Certo, i soldi che giravano erano pochi e allora ci siamo inventati la Sagra di fine estate” ha ricordato Sandro Morganti. Una volta riuniti i sognatori, infatti, il sogno si costruisce così: un passo dopo l’altro. Nel corso della serata, le volontarie Danila Colombo e Luisa Antonio hanno ripercorso tutti i passi compiuti dal GIMS in questo mezzo secolo di vita attraverso parole e fotografie. “In quelle foto non c’è solo la storia del GIMS. C’è la storia di tutta Lecco” ha commentato il maestro Giuseppe Caccialanza, da vent’anni a fianco del gruppo di San Giovanni con i suoi Sol Quair. Sono stati proprio i cantori del “coro dell’anima”, questo il significato del nome, a dare alla festa energia ed entusiasmo esibendosi tra un intervento e l’altro.
Il primo dei passi compiuti dai sognatori, non ancora volontari del GIMS, è stato un viaggio in Zaire nel lontano 1973. Nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, infatti, aveva sede la missione di padre Giovanni Venturini, missionario adottivo di San Giovanni. “Quel viaggio ha dato lo stimolo per creare il gruppo di impegno missionario. Si respirava un clima di fermento ed operosità in quegli anni. I primi incontri si tenevano a casa di Anna Fumagalli. Il gruppo poi si allargò anche grazie a don Luigi Stucchi, allora parroco di Valmadrera nonché direttore del Resegone. Egli ogni anno organizzava una vacanza con gli oratori e questo ha permesso a tanti giovani di conoscere il nostro progetto” ha raccontato Danila. L’aumento delle forze in campo rendeva possibile realizzare passi ancora più grandi.
Fu così che, quando a fine anni 70 servivano fondi per comprare un’ambulanza da mandare a don Gianni, venne ideata la sagra di fine estate. “Eravamo giovani, avevamo più tempo e più forze di quante ne abbiamo ora. Ogni anno abbellivamo il salone dell’oratorio con qualcosa di nuovo. Si faceva tutto a mano, cose semplici per tempi semplici. Tanto lavoro ma anche tante soddisfazioni” ha aggiunto Luisa. Con il passare degli anni, la sagra, organizzata sempre la terza settimana di settembre, crebbe in dimensioni e in notorietà. Un successo trainato dalle castagne degli alpini, dalla verve di Pierangelo e dalle gustose frittelle di Luciano con il loro “ingrediente segreto” mai svelato. Ma non c’era solo quello. “Gli auguri sono un tempo che va oltre il vissuto. Il nostro rapporto con il GIMS è stato una collaborazione tra persone con esperienze diverse. Oggi si parla di sinodalità nel mondo della chiesa ma quella era già un’esperienza di condivisione e lavoro collettivo. Un passo dopo l’altro non è uno slogan ma un metodo, un’esperienza.
Vorrei che queste parole possano essere il patrimonio che la festa di oggi ci lascia” ha evidenziato Padre Angelo Cupini, responsabile della comunità di Via Gaggio. A cavallo tra anni 70 e anni 80, l’associazione di Padre Angelo e il GIMS organizzarono una marcia non competitiva, intitolata appunto “Un passo dopo l’altro”. Oltre al numero e al successo delle iniziative, a crescere erano anche i missionari che il GIMS aiutava anno dopo anno. Tra questi c’era per esempio Rita Milesi, originaria di Erve e attiva per 40 anni in Malawi. “Era una donna energica, di polso. Porterò sempre con me quell’energia. Spesso si va in Africa pensando di fare del bene ma in realtà quando si torna si capisce che il bene è stato fatto principalmente a noi” ha evidenziato Stefano Morganti, nipote di Sandro e Luigia. Le sue parole sono state accolte da un grande applauso da parte del pubblico.
Laura Viganò e Stefano Morocutti, invece, hanno ringraziato il GIMS per la preziosa collaborazione offerta rispettivamente al Gruppo Missioni Africa di Padova e alle suore della Congregazione di Sant’Anna attive in Eritrea. “I volontari di San Giovanni hanno portato in Eritrea tutta l’allegria di anime povere di beni materiali ma ricche di umanità. Lo spirito dei primi tempi è rimasto intatto dopo 50 anni. Anche se ora non si va più in Africa, i volontari del GIMS continuano ad aiutare versando gocce di bene in un mondo pieno di ingiustizie” ha sottolineato Morocutti. Quelli del GIMS sono stati per davvero “50 anni di generosità e impegno”, come ha ricordato il sindaco Mauro Gattinoni. “Fare il bene dell’altro alla fine fa bene a noi stessi. La vostra testimonianza contribuisce a tenere insieme la comunità, la grande ricchezza di questa città e di questo territorio” ha aggiunto il primo cittadino. L’ultimo intervento prima della foto finale è stato quello di don Roberto De Stefani, sacerdote milanese grande amico del GIMS.
“Vedere tutte queste foto è stato emozionante. Ho ripercorso tutta la mia storia. L’esperienza del GIMS è un’esperienza di Chiesa che credo abbia ispirato tanti. Quella raccontata stasera è una chiesa che vorremmo vedere ancora all’orizzonte” ha affermato il parroco. La speranza è che qualcuno continui a costruire questo sogno come ha fatto il GIMS negli ultimi 50 anni.
Danila Colombo e Luisa Antonio
Padre angelo Cupini
“Il GIMS è partito con poche persone, però nel nostro piccolo sono state fatte parecchie cose. Abbiamo iniziato dalla raccolta di carta e stracci al sabato per arrivare alla spedizione di pacchi con piccoli aiuti ai vari missionari. Certo, i soldi che giravano erano pochi e allora ci siamo inventati la Sagra di fine estate” ha ricordato Sandro Morganti. Una volta riuniti i sognatori, infatti, il sogno si costruisce così: un passo dopo l’altro. Nel corso della serata, le volontarie Danila Colombo e Luisa Antonio hanno ripercorso tutti i passi compiuti dal GIMS in questo mezzo secolo di vita attraverso parole e fotografie. “In quelle foto non c’è solo la storia del GIMS. C’è la storia di tutta Lecco” ha commentato il maestro Giuseppe Caccialanza, da vent’anni a fianco del gruppo di San Giovanni con i suoi Sol Quair. Sono stati proprio i cantori del “coro dell’anima”, questo il significato del nome, a dare alla festa energia ed entusiasmo esibendosi tra un intervento e l’altro.
Giuseppe Caccialanza
Laura Viganò e Stefano Morocutti
Il primo dei passi compiuti dai sognatori, non ancora volontari del GIMS, è stato un viaggio in Zaire nel lontano 1973. Nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, infatti, aveva sede la missione di padre Giovanni Venturini, missionario adottivo di San Giovanni. “Quel viaggio ha dato lo stimolo per creare il gruppo di impegno missionario. Si respirava un clima di fermento ed operosità in quegli anni. I primi incontri si tenevano a casa di Anna Fumagalli. Il gruppo poi si allargò anche grazie a don Luigi Stucchi, allora parroco di Valmadrera nonché direttore del Resegone. Egli ogni anno organizzava una vacanza con gli oratori e questo ha permesso a tanti giovani di conoscere il nostro progetto” ha raccontato Danila. L’aumento delle forze in campo rendeva possibile realizzare passi ancora più grandi.
Stefano Morganti
Fu così che, quando a fine anni 70 servivano fondi per comprare un’ambulanza da mandare a don Gianni, venne ideata la sagra di fine estate. “Eravamo giovani, avevamo più tempo e più forze di quante ne abbiamo ora. Ogni anno abbellivamo il salone dell’oratorio con qualcosa di nuovo. Si faceva tutto a mano, cose semplici per tempi semplici. Tanto lavoro ma anche tante soddisfazioni” ha aggiunto Luisa. Con il passare degli anni, la sagra, organizzata sempre la terza settimana di settembre, crebbe in dimensioni e in notorietà. Un successo trainato dalle castagne degli alpini, dalla verve di Pierangelo e dalle gustose frittelle di Luciano con il loro “ingrediente segreto” mai svelato. Ma non c’era solo quello. “Gli auguri sono un tempo che va oltre il vissuto. Il nostro rapporto con il GIMS è stato una collaborazione tra persone con esperienze diverse. Oggi si parla di sinodalità nel mondo della chiesa ma quella era già un’esperienza di condivisione e lavoro collettivo. Un passo dopo l’altro non è uno slogan ma un metodo, un’esperienza.
Sandro Morganti e la moglie Luigia Rusconi
Don Roberto De Stefani
Vorrei che queste parole possano essere il patrimonio che la festa di oggi ci lascia” ha evidenziato Padre Angelo Cupini, responsabile della comunità di Via Gaggio. A cavallo tra anni 70 e anni 80, l’associazione di Padre Angelo e il GIMS organizzarono una marcia non competitiva, intitolata appunto “Un passo dopo l’altro”. Oltre al numero e al successo delle iniziative, a crescere erano anche i missionari che il GIMS aiutava anno dopo anno. Tra questi c’era per esempio Rita Milesi, originaria di Erve e attiva per 40 anni in Malawi. “Era una donna energica, di polso. Porterò sempre con me quell’energia. Spesso si va in Africa pensando di fare del bene ma in realtà quando si torna si capisce che il bene è stato fatto principalmente a noi” ha evidenziato Stefano Morganti, nipote di Sandro e Luigia. Le sue parole sono state accolte da un grande applauso da parte del pubblico.
Laura Viganò e Stefano Morocutti, invece, hanno ringraziato il GIMS per la preziosa collaborazione offerta rispettivamente al Gruppo Missioni Africa di Padova e alle suore della Congregazione di Sant’Anna attive in Eritrea. “I volontari di San Giovanni hanno portato in Eritrea tutta l’allegria di anime povere di beni materiali ma ricche di umanità. Lo spirito dei primi tempi è rimasto intatto dopo 50 anni. Anche se ora non si va più in Africa, i volontari del GIMS continuano ad aiutare versando gocce di bene in un mondo pieno di ingiustizie” ha sottolineato Morocutti. Quelli del GIMS sono stati per davvero “50 anni di generosità e impegno”, come ha ricordato il sindaco Mauro Gattinoni. “Fare il bene dell’altro alla fine fa bene a noi stessi. La vostra testimonianza contribuisce a tenere insieme la comunità, la grande ricchezza di questa città e di questo territorio” ha aggiunto il primo cittadino. L’ultimo intervento prima della foto finale è stato quello di don Roberto De Stefani, sacerdote milanese grande amico del GIMS.
“Vedere tutte queste foto è stato emozionante. Ho ripercorso tutta la mia storia. L’esperienza del GIMS è un’esperienza di Chiesa che credo abbia ispirato tanti. Quella raccontata stasera è una chiesa che vorremmo vedere ancora all’orizzonte” ha affermato il parroco. La speranza è che qualcuno continui a costruire questo sogno come ha fatto il GIMS negli ultimi 50 anni.
A.Bes.