Lecco, Immagimondo: con Les Cultures una preziosa riflessione sulla Palestina

Valorizzare la riflessione. Questo lo scopo di Immagimondo, la rassegna di “viaggi, luoghi e culture” promossa da Les Cultures e giunta alla 26esima edizione. In un momento storico così delicato come quello attuale, non c’è riflessione più preziosa di quella che si concentra sulla Palestina, ed è proprio di questo che si è discusso ieri sera in sala don Ticozzi a Lecco
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“Questa iniziativa è stata pensata diversi mesi fa. Il testo che presentiamo è stato ideato addirittura alcuni anni fa. Stasera vogliamo discutere di quello che era il contesto antecedente il 7 ottobre. Benché nessuno ne parlasse, la situazione era già esplosiva da tempo” ha esordito Marco Agosta, editor di The Passenger, la rivista – magazine di Iperborea Editore. Il ventiseiesimo numero di questa collana, presentato ieri, è dedicato proprio alla terra contesa tra israeliani e palestinesi. “Abbiamo la fortuna di avere qui persone che hanno trascorso diverso tempo in quei luoghi. In questi giorni in televisione e sui giornali sono riportate le opinioni di gente che non ha mai messo piede in Palestina” ha aggiunto Agosta, evidenziando un problema dell’informazione italiana di cui nessuno sembra curarsi. 
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Marco Agosta

In particolare, i due relatori della serata erano la giornalista freelance Eleonora Vio e il fotoreporter Pietro Masturzo. “Ho vissuto in Palestina per diversi anni dal 2011. Una terra frammentata in tre parti, ovvero Cisgiordania, Gerusalemme est e striscia di Gaza, ognuna delle quali divisa al suo interno. Ho conosciuto le dinamiche del blocco economico e dell’occupazione israeliana pur rimanendo un occidentale con il privilegio di potermi muovere liberamente” ha raccontato Vio. “Ho vissuto e studiato molto anche la parte israeliana. Mentre ero lì, vedevo come la questione israelo – palestinese, pur rimanendo centrale per gli addetti ai lavori, cominciava a sparire sia dai tavoli diplomatici sia dai media. A poco a poco si è smesso di parlare del problema e le due popolazioni si sono sentite abbandonate, incomprese, frustrate”. 
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Eleonora Vio

Di fatto, si parlava della questione palestinese solo in concomitanza di specifici eventi di cronaca. “Nel maggio 2021 i media sono tornati a discuterne, dopo un silenzio di anni, solo perché Israele aveva condotto un'importante operazione militare nella striscia di Gaza. Quell’avvenimento era considerato come l’ennesimo “nuovo inizio”, dimenticandosi di quanto era accaduto prima” ha proseguito la giornalista. “Gli eventi in questione nascevano da una serie di disordini accaduti nei mesi precedenti: espropri ai danni dei palestinesi a Gerusalemme est e presenza di ebrei ortodossi nella moschea di Al – Aqsa”. 
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Da qui l’idea di un numero di Passenger in cui offrire anche il punto di vista palestinese. “Con la mia storia cerco di raccontare le ragioni del boom della fecondazione assistita che si registra nella striscia di Gaza. Avere una famiglia ampia è uno status symbol, nonostante le condizioni di vita pessime. Oltre ad aver imposto un rigido sistema patriarcale, Hamas favorisce la nascita di figli maschi” ha raccontato Vio. Oppressi dagli islamisti, costretti alla povertà e a non potersi muovere liberamente, aggrediti dai coloni: questo lo stato in cui versavano i palestinesi, nell’indifferenza generale. “Nel 2022 ne sono morti 170mila. L’ONU ha raccontato di aggressioni da parte di piccoli gruppi di coloni ebrei ultraortodossi mascherati che davano fuoco alle loro case. Attacchi realizzati con il beneplacito del governo israeliano più a destra di sempre” ha concluso Eleonora Vio. E si concentra proprio sui coloni il documentario “Life is but a dream” di Margherita Pescetti, Audience Award al Festival dei Popoli e premio come miglior documentario a Visioni Italiane. 
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Pietro Masturzo

La proiezione è stata introdotta da Pietro Masturzo, fotoreporter nonché compagno della regista. “Le riprese per il documentario sono durate un anno ma il lavoro che abbiamo svolto in Palestina si è protratto dal 2013 al 2017. Volevamo raccontare il punto di vista degli occupanti, la grande paura che si respirava in quel momento tra i palestinesi, ovvero la normalizzazione del conflitto” ha spiegato il professionista. “Nel 2021 in Cisgiordania vivevano 719mila coloni israeliani. Dietro agli insediamenti, considerati illegali dal diritto internazionale, c’è chiaramente un disegno. Si sviluppano sulle colline, così dall’alto si guardano l’un l’altro e controllano i villaggi palestinesi. Sono circondati da reti elettrificate e collegati da strade. Sono dati di fatto che sarà difficile rimuovere”. 
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Anche quello delle colonie ebraiche in terra palestinese, tuttavia, è un mondo complesso. “Tanti coloni che ho incontrato non erano violenti. Tante famiglie della classe media hanno scelto di trasferirsi nella west bank per convenienza economica” ha spiegato Masturzo. Pur essendo un ultraortodosso, non è violento neanche il padre di famiglia in cui il fotoreporter e la regista si imbattono quasi casualmente. “Abbiamo deciso di raccontare la contraddizione di questa famiglia. Sostenevano di essersi trasferiti a margine del deserto per vivere in pace con la natura: cercavano la pace al centro di un conflitto lungo decenni” ha aggiunto il compagno della regista. Il documentario mostra dunque la vita quotidiana di questa famiglia ebraica in un insediamento informale situato in territorio palestinese. Non si trattava di una colonia, bensì di un avamposto considerato illegale dallo stesso governo israeliano. Più o meno a metà del racconto, lungo poco più di un’ora, il protagonista spiega di essere nato a Minsk e di essere emigrato negli USA con i suoi genitori quand’era ancora un ragazzo. Nel 1996 ha poi fatto ritorno in Israele da solo, si è sposato e con la moglie si è messo a cercare un pezzo di terra. “L’America stava uccidendo la mia anima” sostiene l’uomo. “Io non voglio correre dietro al denaro. Per me tutto dipende da Dio”.
A.Bes.
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