Parlasco: un tuffo nel passato con la 'Sagra degli antichi sapori'
Uno scenario fantastico, dai colori tipicamente autunnali e clima estivo, ha fatto da cornice oggi a Parlasco alla Sagra degli antichi sapori. La Pro Loco ha proposto un percorso gastronomico attraverso le suggestive vie del paese, dove il pubblico ha potuto gustare i piatti della tradizione popolare.
Cibi semplici, preparati con ingredienti che gli abitanti di un tempo erano soliti consumare al ritorno dalla vita nei campi, gli stessi in cui si produceva la maggior parte di quello che serviva al fabbisogno familiare.
Per seguire l'itinerario "Mangià de na ölta" il pubblico aveva a disposizione una tessera, con le indicazioni dei vari punti di distribuzione degli assaggi. Molti erano a base di polenta come il Fugascin, realizzato con una fetta della tipica pietanza a cui va aggiunto del formaggio, taleggio o gorgonzola o un altro a pasta molle, lavorato con le mani a formare una palla leggermente schiacciata, poi cotta sulla griglia per 15 minuti; oppure la "conscia", ottenuta sempre con polenta alternata a strati con latte, grana grattugiato e burro fuso; o ancora la stessa accompagnata al lardo, il più classico dei salumi che veniva prodotto in casa dopo la macellazione dei maiali.
Presso il campo sportivo, invece, il sodalizio ha provveduto a cucinare, con la solita abilità dei volontari, taragna con cinghiale, braciole e salsicce, senza dimenticare un buon dolce casalingo. Molto caratteristica anche la mostra "Come eravamo", esposizione di attrezzi di antichi mestieri con la dimostrazione di come venivano utilizzati.
I visitatori hanno quindi potuto vedere la Bottega del Sciavatin - il calzolaio - in cui l'uomo presente all'interno della casa adibita a stand spiegava come sia il padre che il nonno facessero il calzolaio di professione a Taceno, e lui abbia ereditato tutta l'attrezzatura e alcuni oggetti di minuteria.
Ancora, in una casa lungo l'itinerario, molto suggestiva la scena della mamma con i figli, intenti nella filatura e lavorazione della lana, ottenuta dalla tosatura delle pecore e utilizzata per confezionare gli abiti di tutta la famiglia.
Il cestaio, invece, dopo aver tolto la corteccia ai rami di salice, dava dimostrazione della sua abilità di intrecci per ottenere oggetti di uso quotidiano. Molto partecipata la festa che ha richiamato tanto pubblico, sempre entusiasta di riscoprire queste piccole caratteristiche che un paese di montagna racchiude nelle sue tradizioni.
Senza dimenticare, nell'area appena sotto la chiesa, i giochi di una volta, tutti realizzati in legno, che hanno permesso ai tanti bambini di divertirsi in modo semplice, senza l'utilizzo di videogiochi o smartphone.
Cibi semplici, preparati con ingredienti che gli abitanti di un tempo erano soliti consumare al ritorno dalla vita nei campi, gli stessi in cui si produceva la maggior parte di quello che serviva al fabbisogno familiare.
Per seguire l'itinerario "Mangià de na ölta" il pubblico aveva a disposizione una tessera, con le indicazioni dei vari punti di distribuzione degli assaggi. Molti erano a base di polenta come il Fugascin, realizzato con una fetta della tipica pietanza a cui va aggiunto del formaggio, taleggio o gorgonzola o un altro a pasta molle, lavorato con le mani a formare una palla leggermente schiacciata, poi cotta sulla griglia per 15 minuti; oppure la "conscia", ottenuta sempre con polenta alternata a strati con latte, grana grattugiato e burro fuso; o ancora la stessa accompagnata al lardo, il più classico dei salumi che veniva prodotto in casa dopo la macellazione dei maiali.
Presso il campo sportivo, invece, il sodalizio ha provveduto a cucinare, con la solita abilità dei volontari, taragna con cinghiale, braciole e salsicce, senza dimenticare un buon dolce casalingo. Molto caratteristica anche la mostra "Come eravamo", esposizione di attrezzi di antichi mestieri con la dimostrazione di come venivano utilizzati.
I visitatori hanno quindi potuto vedere la Bottega del Sciavatin - il calzolaio - in cui l'uomo presente all'interno della casa adibita a stand spiegava come sia il padre che il nonno facessero il calzolaio di professione a Taceno, e lui abbia ereditato tutta l'attrezzatura e alcuni oggetti di minuteria.
Il cestaio, invece, dopo aver tolto la corteccia ai rami di salice, dava dimostrazione della sua abilità di intrecci per ottenere oggetti di uso quotidiano. Molto partecipata la festa che ha richiamato tanto pubblico, sempre entusiasta di riscoprire queste piccole caratteristiche che un paese di montagna racchiude nelle sue tradizioni.
Senza dimenticare, nell'area appena sotto la chiesa, i giochi di una volta, tutti realizzati in legno, che hanno permesso ai tanti bambini di divertirsi in modo semplice, senza l'utilizzo di videogiochi o smartphone.
M.A.