Lecco: la famiglia Barzanò dona a Villa Manzoni una 'ventisettana'
Quasi un gran gala a Villa Manzoni per inaugurare la “ventisettana” con dedica autografa di Alessandro Manzoni: si tratta di una copia della prima edizione dei “Promessi Sposi”, quella appunto pubblicata tra il 1824 e il 1827, che lo scrittore milanese aveva regalato alla pittrice Ernesta Legnani Bisi e passata poi di mano in mano a figli, nipoti e pronipoti della donna che infine ne hanno deciso la donazione al museo lecchese.
L’affascinante storia di questa particolare “ventisettana” e dei suoi risvolti storici e culturali è stata raccontata da Alberto Barzanò - docente di storia romana all’Università Cattolica di Milano, ma soprattutto discendente diretto di Ernesta Legnani Bisi -, da Maria Cristina Brunati, archivista, e da Mauro Rossetto e Barbara Cattaneo, rispettivamente direttore ed ex direttrice del Sistema museale lecchese.
Nata nel 1788 e morta nel 1859, Ernesta Legnani fu incisora e pittrice, molto affermata in quel di Milano dove essere raffigurati da lei costituiva una sorta di status symbol: è suo l’unico ritratto conosciuto di Carlo Cattaneo che rifuggiva dall’idea di farsi "immortalare", ed è suo anche quello di un giovane Francesco Hayez, il grande pittore del romanticismo milanese al quale si deve uno dei ritratti più famosi di Alessandro Manzoni. Ma Ernesta era anche politicamente impegnata nelle battaglie risorgimentali. Nel suo intervento, Brunati si è proprio soffermata sul ruolo delle donne nelle lotte ricordando come il nome di Legnani compaia assieme a quelli di Bianca Milesi e Cristina Trivulzio in una fedina criminale stilata dalla polizia austriaca per alto tradimento.
Nel 1811 Ernesta sposò il pittore Giuseppe Bisi, origini genovesi, noto paesaggista che predilesse le vedute del lago di Como, Lecco compresa. Nel corso del tempo, la popolarità di Ernesta si è sostanzialmente perduta e soltanto gli addetti ai lavori ne hanno conservato la memoria. Ma c’è un ritratto, quello della famiglia Manzoni all’epoca del viaggio a Firenze del 1827 (ci sono lo scrittore, la moglie Enrichetta Blondel e i figli), alla quale si lega il ricordo della pittrice, dopo che nel 1993 venne scelto quale copertina del libro di Natalia Ginzburg (“La famiglia Manzoni”, appunto), nella prima edizione Einaudi.
Proprio per ringraziarla di quel ritratto, Manzoni donò all'artista quella prima edizione dei “Promessi Sposi” rimasta poi ai discendenti. Dalla biblioteca di Ernesta, i tre tomi sarebbero infatti passati a una dei nove figli, Cristina, che aveva sposato Giuseppe Bertini andando ad abitare a Biumo nel Varesotto.
E successivamente al figlio Angelo, conosciuto quale ingegnere idraulico d’alto valore (basti pensare alla Centrale idroelettrica Bertini di Cornate d’Adda). Dei quattro eredi di Angelo, una è Anna che avrebbe sposato Aldo Barzanò: sono loro a ereditare la “ventisettana” che, alla loro morte, passerà al figlio Giovanni Barzanò, sposatosi con Cecilia Ambrosini, deceduta l’anno scorso a 93 anni.
E i figli Annalisa, Alberto e Ugo hanno pensato di donare che quei preziosi libri in un luogo che sarebbe piaciuto alla mamma. Tra la Casa Manzoni di Milano e la Villa Manzoni di Lecco, è stata scelta la seconda anche per una serie di “storiche” frequentazioni lecchesi della famiglia: Alberto ha ricordato gli zii Piera e Domenico Castelli che gestivano una cartoleria nella centralissima via Bovara «e nel cui retrobottega andavo da bambino a consumare rotoli e rotoli di carta per calcolatrice con calcoli altamente improbabili». E un legame di parentela c’è anche con la stessa ex direttrice dei musei lecchesi Barbara Cattaneo.
Da parte sua, Rossetto ha invece tenuto una relazione sulla travagliata genesi del romanzo e in particolare della prima edizione pubblicata in fascicoli tra il 1824 e il 1827 e infine rilegata in tre tomi.
A ringraziare la famiglia Barzanò è stata l’assessore alla cultura Simona Piazza che ha sottolineato l’importanza delle donazioni che significano dedizione a un territorio «perché non è vero che con la cultura non si mangia: attorno alla cultura, nel territorio stanno nascendo start-up e associazioni che vedono coinvolti molti giovani». Piazza ha anche rivolto una menzione al Rotary Club Lecco con il presidente Francesco Locatelli, che ha avuto a sua volta un ruolo nella donazione. La mattinata è stata inframmezzata dal rito del taglio del nastro.
La presentazione è avvenuta in una sorta di riunione conviviale tenutasi delle Scuderie di casa Manzoni al Caleotto, il “Breakfast in villa” con i dolcetti preparati dagli allievi pasticcieri guidati da Marco Gennuso della scuola professionale Enaip: brioches e biscottini tra i quali uno dedicato al Resegone. Per concludersi poi con un aperitivo servito nelle suggestive cantine.
Quasi a sottolineare la sacralità di quella copia – non l’unica “ventisettana” conservata nei poli cittadini, ma l’unica con la firma dell’autore – si è deciso di esporla in un’apposita teca posizionata nella cappella di Villa Manzoni. In futuro, sarà collocata nelle vetrine del museo, in quella sala numero 6 dove già sono in mostra le altre edizioni dei “Promessi Sposi”.
L’affascinante storia di questa particolare “ventisettana” e dei suoi risvolti storici e culturali è stata raccontata da Alberto Barzanò - docente di storia romana all’Università Cattolica di Milano, ma soprattutto discendente diretto di Ernesta Legnani Bisi -, da Maria Cristina Brunati, archivista, e da Mauro Rossetto e Barbara Cattaneo, rispettivamente direttore ed ex direttrice del Sistema museale lecchese.
Nata nel 1788 e morta nel 1859, Ernesta Legnani fu incisora e pittrice, molto affermata in quel di Milano dove essere raffigurati da lei costituiva una sorta di status symbol: è suo l’unico ritratto conosciuto di Carlo Cattaneo che rifuggiva dall’idea di farsi "immortalare", ed è suo anche quello di un giovane Francesco Hayez, il grande pittore del romanticismo milanese al quale si deve uno dei ritratti più famosi di Alessandro Manzoni. Ma Ernesta era anche politicamente impegnata nelle battaglie risorgimentali. Nel suo intervento, Brunati si è proprio soffermata sul ruolo delle donne nelle lotte ricordando come il nome di Legnani compaia assieme a quelli di Bianca Milesi e Cristina Trivulzio in una fedina criminale stilata dalla polizia austriaca per alto tradimento.
Nel 1811 Ernesta sposò il pittore Giuseppe Bisi, origini genovesi, noto paesaggista che predilesse le vedute del lago di Como, Lecco compresa. Nel corso del tempo, la popolarità di Ernesta si è sostanzialmente perduta e soltanto gli addetti ai lavori ne hanno conservato la memoria. Ma c’è un ritratto, quello della famiglia Manzoni all’epoca del viaggio a Firenze del 1827 (ci sono lo scrittore, la moglie Enrichetta Blondel e i figli), alla quale si lega il ricordo della pittrice, dopo che nel 1993 venne scelto quale copertina del libro di Natalia Ginzburg (“La famiglia Manzoni”, appunto), nella prima edizione Einaudi.
Proprio per ringraziarla di quel ritratto, Manzoni donò all'artista quella prima edizione dei “Promessi Sposi” rimasta poi ai discendenti. Dalla biblioteca di Ernesta, i tre tomi sarebbero infatti passati a una dei nove figli, Cristina, che aveva sposato Giuseppe Bertini andando ad abitare a Biumo nel Varesotto.
E successivamente al figlio Angelo, conosciuto quale ingegnere idraulico d’alto valore (basti pensare alla Centrale idroelettrica Bertini di Cornate d’Adda). Dei quattro eredi di Angelo, una è Anna che avrebbe sposato Aldo Barzanò: sono loro a ereditare la “ventisettana” che, alla loro morte, passerà al figlio Giovanni Barzanò, sposatosi con Cecilia Ambrosini, deceduta l’anno scorso a 93 anni.
E i figli Annalisa, Alberto e Ugo hanno pensato di donare che quei preziosi libri in un luogo che sarebbe piaciuto alla mamma. Tra la Casa Manzoni di Milano e la Villa Manzoni di Lecco, è stata scelta la seconda anche per una serie di “storiche” frequentazioni lecchesi della famiglia: Alberto ha ricordato gli zii Piera e Domenico Castelli che gestivano una cartoleria nella centralissima via Bovara «e nel cui retrobottega andavo da bambino a consumare rotoli e rotoli di carta per calcolatrice con calcoli altamente improbabili». E un legame di parentela c’è anche con la stessa ex direttrice dei musei lecchesi Barbara Cattaneo.
Da parte sua, Rossetto ha invece tenuto una relazione sulla travagliata genesi del romanzo e in particolare della prima edizione pubblicata in fascicoli tra il 1824 e il 1827 e infine rilegata in tre tomi.
A ringraziare la famiglia Barzanò è stata l’assessore alla cultura Simona Piazza che ha sottolineato l’importanza delle donazioni che significano dedizione a un territorio «perché non è vero che con la cultura non si mangia: attorno alla cultura, nel territorio stanno nascendo start-up e associazioni che vedono coinvolti molti giovani». Piazza ha anche rivolto una menzione al Rotary Club Lecco con il presidente Francesco Locatelli, che ha avuto a sua volta un ruolo nella donazione. La mattinata è stata inframmezzata dal rito del taglio del nastro.
D.C.