A 40 anni dalla morte, Alquati e le sue opere dal linguaggio ambiguo in esposizione a Brera

Inaugurata alla galleria Vs Arte di via Ciovasso a Milano la mostra dedicata al pittore lecchese Franco Alquati, a quasi cent’anni dalla nascita (1924) e a quaranta esatti dalla morte (1983).
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Per quanto le opere esposte non siano molte (16) e riguardino un breve periodo, gli anni Settanta e quindi l’ultimo scorcio dell’esperienza dell’artista, è un’occasione per riscoprire un pittore tra i maggiori della nostra città con la quale – è stato detto – i rapporti sono sempre stati altalenanti.
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Vincenzo Panza

Dopo l’introduzione del gallerista Vincenzo Panza, che ha parlato di Alquati come di un pittore che a suo modo ha attraversato il Novecento, è stato il critico Carmelo Strano, curatore della mostra, a presentare l’opera dell’artista lecchese dalla vita tormentata a partire dall’arruolamento come volontario nella Marina italiana nel 1943, quando il destino della guerra era ormai segnato, alla prigionia in un campo inglese ad Algeri dove vinse un concorso di pittura e decise che quello di pittore sarebbe stato il suo mestiere, fino al ritorno con non pochi problemi - come riportato nella biografia ufficiale - per quello che viene definito il reinserimento sociale e l’isolamento politico.
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Carmelo Strano

Strano aveva conosciuto Alquati proprio in quegli anni Settanta che sono oggetto dell’esposizione milanese «ed è stato davvero una grande sorpresa – ha detto – quando Vincenzo Panza mi ha chiesto di curare questa mostra». 
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Marco Alquati, figlio di Franco

Il ricordo di Alquati è quello di un uomo «loquace ma schivo, spinto dall’amore verso la gente ma riservato: è il nocciolo della sua personalità nella vita quotidiana e nelle opere. La vita quotidiana fa capolino nelle sue opere, ma nello stesso tempo il pittore non vuole rivelarsi troppo. Il suo è un linguaggio ambiguo che è un modo per irretire chi lo guarda e guadagnarsi la sua simpatia. Giustamente, la Treccani ne ricorda l’attività multiforme e la sua opera di incisore, ma è nella pittura che dà il meglio: quadri in cui le figure non rivelano il proprio volto che è una sorta di pudore». 
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Non è un caso - ha aggiunto il critico - «che in un video in cui si racconta, abbia voluto presentarsi con il volto coperto».
«Vicino a certe atmosfere metafisiche – ha continuato Strano - è tipico di Alquati dare occhiate qua e là, senza voler assumere una posizione precisa, proprio per fare cose proprie nelle quali non si trovano personaggi equivalenti a quelli di altri artisti».
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Alquati è cresciuto nel periodo tra le due guerra e ciò ha un significato importante: «Si esce massacrati da una guerra, la prima, e si va incontro a un’altra guerra, e negli anni Trenta lo si capisce chiaramente. L’arte è uscita dall’avanguardia, c’è stato il ritorno all’ordine, viene recuperata la figura umana, ma nel contempo viene anche recuperato l’astrattismo. E poi negli anni Sessanta la realtà cambia ancora. Ciò che nell’opera di Alquati può apparire contradditorio, in realtà è il segno che ha attraversato il suo tempo che è anche un tempo di contraddizioni».
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La mostra resterà aperta fino al 28 ottobre, da martedì a sabato dalle 10,30 alle 19 (ingresso libero).
Info: www.vsarte.it
https://www.francoalquatiart.it
D.C.
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