100 milioni al chilometro, occupazioni e espropri, anni 'da incubo': il Comitato di Chiuso chiede di rinunciare alla Lecco-Bergamo

La scelta è tra l'ipotesi progettuale 1, 2 o 3. Ma se la decisione spettasse al Comitato di Chiuso non se ne farebbe nulla. “Quest'opera, a queste condizioni, vale la pena farla?” si è chiesto e ha chiesto, dinnanzi a numeroso pubblico il portavoce Luca Dossi, dopo essersi già confrontato con chi, negli anni, non ha mai smesso di fare gruppo per il rione. No, dunque la risposta. Spendere da un minimo di 230 milioni a salire, per 2.5 chilometri (o poco più) di tunnel tra Chiuso e Calolzio – perché la si chiama Lecco-Bergamo, ma solo di questo si sta parlando – non è cosa fa fare. Tanto più in considerazione dell'impatto del cantiere sulla popolazione. “Noi vivremo 5-8-forse 12 anni di incubo” è stato detto interloquendo con il sindaco Mauro Gattinoni che, per dovere di trasparenza, dopo aver già illustrato i tre “disegni” predisposti da ANAS in commissione territorio, ieri sera ha concesso un bis pubblico alla Casa sul Pozzo, dinnanzi per l'appunto a chi, più direttamente, è toccato dalla Variante, chiarendo però subito come il pallino sia ora in mano al Commissario Straordinario Valerio Luigi Sant'Andrea. Spetterà a lui decidere quale tra i tre progetti sul tavolo portare avanti. Solo a lui,  pur raccogliendo – entro il 4 ottobre – le osservazioni degli enti coinvolti.
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Luca Dossi e Mauro Gattinoni

I punti fermi sono pochi. Il primo: la galleria non sarà mai pronta per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. In ogni caso, infatti, serviranno tra i 18 mesi e i due anni per mettere a punto il progetto e tra i 4 e i 5 anni – sulla carta – poi per realizzarlo. Il tunnel, poi, manterrà, sempre in ogni caso gli attuali imbocchi, a nord come a sud. 
    
Nell'ipotesi 1 – come argomentato dall'ingegner Alessandro Crippa, dirigente del Comune – il tracciato ricalca grossomodo quello del progetto portato avanti in prima battuta dalla Provincia di Lecco, superando però le criticità emerse in relazione alle modalità di esecuzione dello scavo, con il consolidamento tramite palificazioni dall'alto. Un metodo etichettato come più sicuro ma che implica, quale controindicazione, l'occupazione di una serie di terreni nonché, soprattutto lato Calolzio, la demolizione di alcuni fabbricati e sgomberi temporanei. 2.5 chilometri la lunghezza della galleria, per 230 milioni di euro.
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L'ingegner Alessandro Crippa

Con l'ipotesi 2 il prezzo schizza a 300 milioni di euro. Lo scavo verrebbe realizzato infatti con la così detta “talpa”, evidentemente più cara. Si dilaterebbero anche i tempi d'esecuzione, riducendo però – parrebbe – l'impatto sul territorio, dettaglio quest'ultimo che non ha trovato d'accordo il sindaco di Vercurago Paolo Lozza che, sollecitato a dire la sua all'esito dell'incontro, ha sostenuto come da documentazione prodotta da ANAS,  l'opzione 2 parrebbe essere quella che, nei contro, annovera conseguenze permanenti alle abitazioni disposte lungo il tracciato più significative.
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Paolo Lozza in prima fila

Ed infine l'ipotesi 3 che prevede la stessa soluzione operativa della 1 – la palificazione dall'alto – allungando però di un chilometro il tracciato per ridurre le interferenze con le costruzioni private. Costo: 260 milioni di euro, con le maggiori criticità però localizzate a Calolzio, nella zona di attraversamento della ferrovia. 

Non presente il sindaco del capoluogo della Val San Martino mentre tra il pubblico figuravano alcuni consiglieri di minoranza e cittadini. La spiegazione non è comunque entrata nel dettaglio degli espropri e delle occupazioni temporanee, nodo che – è facile immaginare – susciterà la reazione di cittadini e imprenditori coinvolti.
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Le ipotesi 1 e 3 – è stato altresì aggiunto – sempre ragionando dalla prospettiva di Lecco, richiederanno poi la necessità di mettere a disposizione anche un'area per lo stoccaggio provvisorio del materiale cavato, ora indicata da ANAS nel parcheggio a ridosso dei campi da calcio del Bione (quello che ospita i nomadi, per intenderci) ma sicuramente – ha precisato Gattinoni – da spostare altrove per esigenze legate al cantiere del “quarto ponte” e del centro sportivo stesso, nonché per rendere attuabile in qualsiasi momento il piano provinciale per le maxi emergenze. 

Per la 2, altro elemento non secondario, al momento, invece non c'è copertura finanziaria. Le risorse a disposizione del commissario straordinario (con una parte tra l'altro vincolata dall'approvazione della prossima finanziaria) bastano per coprire i costi previsti dall'ipotesi 1 e - con un minimo sforzo aggiuntivo - dalla 3. Ballano quasi 50 milioni per pagare invece la proposta "talpa".

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Chiarito tuto ciò,  il Comune di Lecco per cosa propende? Sull'ipotesi “meno impattante per la popolazione” ha detto il sindaco, precisando poi, a latere dell'incontro, come la sua amministrazione  non indicherà a ANAS una delle tre opzioni.

“Il Comitato di Chiuso è "nessuno", però può esprimere un parere. Stiamo parlando di un'opera che ha già squartato il rione, nonostante a suo tempo ci veniva sempre detto che non ci sarebbero stati problemi. “Nel 2017 il tunnel sarà aperto”, sostenevano. Oggi sentirci dire che un cantiere ripartirà in questo modo preoccupa. Allora ci veniva detto che non ci sarebbero state criticità. Si è scoperto che erano tante. Ora sono già tante in partenza. Quante diventeranno poi?”.

Chieste dunque, quantomeno, garanzie. Se di rinunciare all'opera non si parla proprio. 
“La comunità di Chiuso ha bisogno di essere supportata”.
A.M.
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