L'esperienza di due premanesi in Perù, missionarie tra i più 'fragili' e la deforestazione

Circa venticinque giorni trascorsi a Pucallpa, nel Perù centro-orientale, nell'ambito del progetto "Cantieri della solidarietà", promosso da Caritas Ambrosiana in varie parti del globo. Questa l'esperienza che due ragazze premanesi, Giulia e Manuela Gianola, hanno vissuto qualche settimana fa, in un viaggio che hanno definito "estremamente arricchente" e che - fin dalle prime battute della nostra breve chiacchierata - hanno voluto consigliare a tutti i giovani che abbiano voglia di mettersi in gioco e di conoscere una realtà nuova.
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Le due premanesi con i bimbi del doposcuola

"Si tratta di una proposta che Caritas fa a ragazzi e ragazze tra i 18 e i 30 anni, che consiste nel raggiungere - sia in Italia che all'estero - per un periodo di tempo limitato - qualche settimana - altri giovani che in quel luogo stanno svolgendo il servizio civile, sempre nell'ambito dell'associazione cattolica" ci spiega Manuela, la quale aggiunge tuttavia che "la nostra missione è stata un'eccezione, perché in quella zona del Perù non c'erano ragazzi impegnati nel servizio civile. Dunque, io, Giulia e gli altri cinque giovani del milanese con cui abbiamo condiviso questa esperienza siamo stati ospitati e coordinati da una famiglia missionaria". Nello specifico, parliamo di una "Fidei Donum", espressione che indica in generale i presbiteri, i diaconi e i laici diocesani che vengono inviati a realizzare un servizio temporaneo in un territorio di missione dove già esiste una diocesi.
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"Marta, Kumar e la piccola Letizia, due anni appena, sono partiti per il Perù a maggio 2022 e vi rimarranno per altri due anni, più altri tre eventuali. A Pucallpa sono responsabili del centro educativo giovanile. Per noi, conoscere una famiglia missionaria e trascorrere del tempo con loro è stato certamente un valore aggiunto: abbiamo discusso di moltissimi aspetti della loro esperienza, ci hanno spiegato il perché della loro scelta, siamo state accolte davvero con affetto" affermano ancora le due ragazze.

Prima della partenza alla volta del Perù, i giovani del gruppo di Caritas Ambrosiana hanno partecipato a tre incontri preparatori, utili a conoscersi, a discutere motivazioni e aspettative dell'esperienza, oltre a ribadire valori e direttive importanti. "Ci è stato raccomandato di entrare in quel contesto "in punta di piedi", mettendoci innanzitutto in ascolto dei bisogni dell'altro. Noi eravamo lì per dare il nostro piccolo contributo, ma in fondo credo sia più grande la ricchezza che abbiamo portato a casa" spiegano ancora le giovani.

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Nelle settimane trascorse a Pucallpa - centro di circa 330.000 abitanti situato nella zona cosiddetta "selva", al confine con la foresta amazzonica - Manuela, Giulia e gli altri missionari hanno svolto diversi servizi di volontariato.
Innanzitutto presso la  "Casa de Salud El Buen Samaritano", dove si sono dedicate alla cura di anziani e adulti disabili, aiutandoli nelle varie necessità quotidiane e facendo passare loro dei bei momenti grazie alle attività di "animazione", con giochi e canti. In secondo luogo, le premanesi hanno prestato servizio in un centro di doposcuola gestito dalle Suore Cappuccine di Madre Rubatto, aiutando bambini e ragazzi con i compiti. Infine, Manuela e Giulia hanno svolto un prezioso compito di cura presso l'orfanotrofio "Barcoiris" - gestito da Mato Grosso - che ospita sia bambini tolti provvisoriamente alle famiglie, sia infanti abbandonati. Qui hanno alternato lavori manuali (pitture e murales), realizzati insieme agli altri ragazzi missionari, ad attività e giochi con i piccoli ospiti del centro.
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Una cascata nella foresta
Oltre al servizio di volontariato, le ragazze premanesi hanno avuto modo anche di conoscere meglio la realtà peruviana. "Nell'ultima settimana abbiamo fatto un po' le turiste" ci racconta Manuela "esplorando però sempre l'area della "selva" e non le zone più rinomate del paese".
"Abbiamo raggiunto via barca il centro di Iparía, dopo sette ore di navigazione lungo il fiume Ucayali. Si tratta di un caseríos, ossia non un vero e proprio agglomerato, ma un insieme di case sparse qua e là" spiegano ancora le giovani. Al pari del servizio di volontariato, anche questa seconda parte del viaggio è stata molto arricchente per Manuela e Giulia, oltre che abbastanza sconvolgente. "Siamo entrate nella Foresta Amazzonica, dove abbiamo potuto vedere con i nostri occhi i disastri della deforestazione. Un'attività svolta col duplice fine di ricavare legname e di alimentare il narcotraffico, tanto nel senso di disseminare piantagioni di coca, tanto in quello di creare piste per l'atterraggio degli agevoli bi-posto che scaricano dollari e caricano droga da esportare in tutto il globo".
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La foresta amazzonica
Duplice è anche l'impatto di questo tipo di attività: da una parte - e qui la coscienza europeo-occidentale già "vigilava" - gli immensi danni ambientali a quello che gli indigeni - racconta ancora Manuela - definiscono "il cuore del mondo" e non soltanto il "polmone", come spesso si ripete nel nostro emisfero; ma ciò che ha colpito ancora di più le giovani missionarie da Premana è stata un'altra conseguenza della deforestazione indiscriminata, ossia quell'insieme di ricadute sociali e culturali sulle popolazioni indigene che abitano quelle aree. "Sono popoli che vivono a strettissimo contatto con la foresta, che credono nella presenza di spiriti nelle entità naturali. Per loro la distruzione di quei luoghi non è solamente un danno ambientale, è la devastazione dei loro spazi sociali e di vita, della loro cultura e della loro identità".
Numerose sono le congregazioni che lottano per i diritti di questi popoli, che spesso sono totalmente emarginati, anche a livello legislativo. "Molte suore che abbiamo conosciuto si sono anche spostate in città per continuare a sostenere gli indigeni - prosegue nel racconto Manuela - che in seguito ai processi di inurbamento diffusi in tutto il sud del mondo si ritrovano in un contesto ancora più sconosciuto e ostile quale è quello cittadino".
A.Te.
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