Quando si sventola il nome di Dio invano, il diavolo sta godendo e sta preparando un cibo amaro
Con il passare della stagione estiva l’elenco delle morti da Botero a Vattimo, da Demasi a Ghiberti, da Migliacci a Cutugno, da Miller a Wilmut, da Lodetti a Hunter e ieri Napolitano, rimarca una cesura tra un passato e un oggi ancora indefinibile: erano dei riferimenti nel mondo dell’arte, dello sport, della scienza, della filosofia, della sociologia e della politica. Le loro opere saranno studiate e ammirate.
C’è uno scarto profondo tra loro e il mercato della politica attuale. Basta prendere seriamente in considerazione il passaggio del pensiero illuministico, liberale e sociale propugnato da Jean-Jacques Rousseau a Voltaire a quello oscurantista neocatecumenale al quale si richiamano ai fondamenti cristiani dell’Europa.
La questio ha radici lontane e fu sollevata da Valéry René Marie Georges Giscard d'Estaing durante la Presidenza della Convenzione Europea tra il 2001 e il 2003; d'Estaing, presidente della Convenzione, rifiutò una lettera indirizzatagli da Papa Giovanni Paolo II e affidata ad un politico italiano, contenente un'esortazione del Pontefice ad inserire un riferimento alle radici giudaico-cristiane dell'Unione.
Lo slogan sollevato dall’attuale destra italiana, ungherese, polacca, tedesca ha radici profonde e non può essere sottostimata come un atto di propaganda. La storia insegna che in nome delle radici religiose si sono versati fiumi di sangue, basti ricordare la Guerra dei trent’anni (1618 – 1648). Fu una guerra tra cattolici e protestanti ma anche una guerra politica tra gli Asburgo, che volevano uno Stato egemone nell’area tedesca, e Francia e Svezia che volevano allargare la loro influenza. Dietro al richiamo della cristianità ci sono ragioni di altra natura. Se non ci fosse stato un liberale francese conservatore come Giscard d'Estaing durante la Presidenza della Convenzione Europea tra il 2001 e il 2003, nel rifiutare l’interferenza del papa polacco, ci sarebbe il riferimento di un Europa giudaico-cristiana.
Gli attuali conservatori di destra parlano di un Dio cristiano. E’ tolto il termine giudaico perché fa riferimento alla tribù di Giuda, cui appartenne la dinastia regale davidica e nel cui territorio si trovava il tempio di Gerusalemme, unico centro legittimo di culto secondo la Torah: mai dimenticare le persecuzioni storiche che ci sono state contro gli ebrei nel XVII secolo in Europa, le persecuzioni del novecento del periodo nazifascista e la legge raziale italiana del 1938.
Escludendo il termine giudaico si mette da parte il Vecchio Testamento e si accetta quello cristiano. Il cristianesimo, dopo lo scisma del 1517 con Lutero, si sviluppa in correnti: restaurazionismo, anabattismo, protestantesimo (luterano, calvinista, valdese, battista, altri) anglicanesimo, cattolicesimo, ortodosso orientale, ortodossi occidentali e altri.
Nella società contemporanea in nome di Dio si sono sviluppate una moltitudine di congregazioni, sette che occupano uno spazio importante. Negli USA e in Sud America c’è una diffusione di raggruppamenti che si richiamano a un Dio cristiano indefinibile. La stessa cosa succede in alcune zone dell’Asia.
Le destre, i conservatori usano il nome di un Dio de-teologizzato per costruirsi un’ideologia trascendente per invocare dei valori che rafforzano l’appartenenza, il gruppo, il partito. E’ la costruzione di un sacro utile e funzionale per aggregare e rispondere a quel bisogno atavico umano di trovare una risposta che vada oltre il contingente: è nel nome di quel Dio indefinito che ci si accosta al gruppo o al partito.
E’ un problema serio e complesso che si sta sottovalutando. Anche il silenzio di intellettuali cattolici, protestanti, teologi e non solo è preoccupante. Il rabbino Lord Jonathan Sacks nel suo libro, “Non nel nome di Dio, confrontarsi con la violenza religiosa”, si pone una domanda fondamentale riguardo l’origine della violenza. La domanda è: la violenza è prodotta prima dagli umani oppure prima dalla religione? Una cosa è certa, quando si sventola il nome di Dio invano, il diavolo sta godendo e sta preparando un cibo amaro.
C’è uno scarto profondo tra loro e il mercato della politica attuale. Basta prendere seriamente in considerazione il passaggio del pensiero illuministico, liberale e sociale propugnato da Jean-Jacques Rousseau a Voltaire a quello oscurantista neocatecumenale al quale si richiamano ai fondamenti cristiani dell’Europa.
La questio ha radici lontane e fu sollevata da Valéry René Marie Georges Giscard d'Estaing durante la Presidenza della Convenzione Europea tra il 2001 e il 2003; d'Estaing, presidente della Convenzione, rifiutò una lettera indirizzatagli da Papa Giovanni Paolo II e affidata ad un politico italiano, contenente un'esortazione del Pontefice ad inserire un riferimento alle radici giudaico-cristiane dell'Unione.
Lo slogan sollevato dall’attuale destra italiana, ungherese, polacca, tedesca ha radici profonde e non può essere sottostimata come un atto di propaganda. La storia insegna che in nome delle radici religiose si sono versati fiumi di sangue, basti ricordare la Guerra dei trent’anni (1618 – 1648). Fu una guerra tra cattolici e protestanti ma anche una guerra politica tra gli Asburgo, che volevano uno Stato egemone nell’area tedesca, e Francia e Svezia che volevano allargare la loro influenza. Dietro al richiamo della cristianità ci sono ragioni di altra natura. Se non ci fosse stato un liberale francese conservatore come Giscard d'Estaing durante la Presidenza della Convenzione Europea tra il 2001 e il 2003, nel rifiutare l’interferenza del papa polacco, ci sarebbe il riferimento di un Europa giudaico-cristiana.
Gli attuali conservatori di destra parlano di un Dio cristiano. E’ tolto il termine giudaico perché fa riferimento alla tribù di Giuda, cui appartenne la dinastia regale davidica e nel cui territorio si trovava il tempio di Gerusalemme, unico centro legittimo di culto secondo la Torah: mai dimenticare le persecuzioni storiche che ci sono state contro gli ebrei nel XVII secolo in Europa, le persecuzioni del novecento del periodo nazifascista e la legge raziale italiana del 1938.
Escludendo il termine giudaico si mette da parte il Vecchio Testamento e si accetta quello cristiano. Il cristianesimo, dopo lo scisma del 1517 con Lutero, si sviluppa in correnti: restaurazionismo, anabattismo, protestantesimo (luterano, calvinista, valdese, battista, altri) anglicanesimo, cattolicesimo, ortodosso orientale, ortodossi occidentali e altri.
Nella società contemporanea in nome di Dio si sono sviluppate una moltitudine di congregazioni, sette che occupano uno spazio importante. Negli USA e in Sud America c’è una diffusione di raggruppamenti che si richiamano a un Dio cristiano indefinibile. La stessa cosa succede in alcune zone dell’Asia.
Le destre, i conservatori usano il nome di un Dio de-teologizzato per costruirsi un’ideologia trascendente per invocare dei valori che rafforzano l’appartenenza, il gruppo, il partito. E’ la costruzione di un sacro utile e funzionale per aggregare e rispondere a quel bisogno atavico umano di trovare una risposta che vada oltre il contingente: è nel nome di quel Dio indefinito che ci si accosta al gruppo o al partito.
E’ un problema serio e complesso che si sta sottovalutando. Anche il silenzio di intellettuali cattolici, protestanti, teologi e non solo è preoccupante. Il rabbino Lord Jonathan Sacks nel suo libro, “Non nel nome di Dio, confrontarsi con la violenza religiosa”, si pone una domanda fondamentale riguardo l’origine della violenza. La domanda è: la violenza è prodotta prima dagli umani oppure prima dalla religione? Una cosa è certa, quando si sventola il nome di Dio invano, il diavolo sta godendo e sta preparando un cibo amaro.
Enrico Magni