Operazione antimafia a Petronà con ramificazione anche nella nostra provincia: 4 gli indagati lecchesi
Petronà chiama, Lecco risponde. Ancora una volta. L'ennesima inchiesta antimafia parrebbe aver attestato l'esistenza di un (altro) filo diretto tra la Calabria e il nostro territorio.
In mattinata, nella provincia di Catanzaro ma anche nel lecchese e in altre province d'Italia, i Carabinieri, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, guidata dal Procuratore Nicola Gratteri, nei confronti di 52 soggetti (38 in carcere, 6 ai domiciliari e 8 dell’obbligo di presentazione alla P.G. di cui 5 anche con l’obbligo di dimora), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, traffico di stupefacenti, estorsione e intestazione fittizia di beni.
Nel lungo elenco degli indagati figurano anche i nomi di Beniamino Bianco di Oggiono, ex dipendente di Silea; Danilo Monti (già in carcere per altra causa) e Claudio Gentile, entrambi già condannati nell'ambito dell'operazione Cardine – Metal Money promossa dalla Guardia di Finanza e dalla Squadra Mobile della Questura di Lecco nonché la galbiatese Giuseppina Trovato, detta Giusy.
“Karpathos” (dal nome attribuito, in antichità, alla città di Petronà) il nome dato all'attività che, nella ricostruzione degli inquirenti “ha consentito di intervenire nell’area della presila catanzarese, ai confini con la provincia di Crotone, dimostrando l’esistenza e l’attuale operatività di un sodalizio di ‘ndrangheta operante nei territori di Petronà e Cerva, avente stabili ramificazioni nelle province di Lecco, Genova e Torino; nonché, di un’organizzazione dedita a un fiorente spaccio di sostanze stupefacenti, operante sul medesimo territorio, di cui fanno parte alcuni affiliati”.
Le investigazioni – fanno sapere i Carabinieri in una nota - si sono sviluppate attraverso un’imponente attività di tipo tradizionale, consistente in attività tecniche, escussione di persone informate sui fatti, servizi di OCP sul territorio, riscontri “sul campo”, con una parallela attività di acquisizione e analisi di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, corroborate dai relativi riscontri e la cui attendibilità è stata già riconosciuta in precedenti sentenze, oltre all’acquisizione di plurime emergenze di altri procedimenti penali.
In mattinata, nella provincia di Catanzaro ma anche nel lecchese e in altre province d'Italia, i Carabinieri, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, guidata dal Procuratore Nicola Gratteri, nei confronti di 52 soggetti (38 in carcere, 6 ai domiciliari e 8 dell’obbligo di presentazione alla P.G. di cui 5 anche con l’obbligo di dimora), ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, traffico di stupefacenti, estorsione e intestazione fittizia di beni.
Nel lungo elenco degli indagati figurano anche i nomi di Beniamino Bianco di Oggiono, ex dipendente di Silea; Danilo Monti (già in carcere per altra causa) e Claudio Gentile, entrambi già condannati nell'ambito dell'operazione Cardine – Metal Money promossa dalla Guardia di Finanza e dalla Squadra Mobile della Questura di Lecco nonché la galbiatese Giuseppina Trovato, detta Giusy.
“Karpathos” (dal nome attribuito, in antichità, alla città di Petronà) il nome dato all'attività che, nella ricostruzione degli inquirenti “ha consentito di intervenire nell’area della presila catanzarese, ai confini con la provincia di Crotone, dimostrando l’esistenza e l’attuale operatività di un sodalizio di ‘ndrangheta operante nei territori di Petronà e Cerva, avente stabili ramificazioni nelle province di Lecco, Genova e Torino; nonché, di un’organizzazione dedita a un fiorente spaccio di sostanze stupefacenti, operante sul medesimo territorio, di cui fanno parte alcuni affiliati”.
Le investigazioni – fanno sapere i Carabinieri in una nota - si sono sviluppate attraverso un’imponente attività di tipo tradizionale, consistente in attività tecniche, escussione di persone informate sui fatti, servizi di OCP sul territorio, riscontri “sul campo”, con una parallela attività di acquisizione e analisi di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, corroborate dai relativi riscontri e la cui attendibilità è stata già riconosciuta in precedenti sentenze, oltre all’acquisizione di plurime emergenze di altri procedimenti penali.