L'allarme della CGIL: 'lavoro povero' nel 2022 per 16.400 persone. E ora si teme per i pensionati
Un problema per il presente ma anche per il futuro. È la CGIL a lanciare l'allarme in merito a un fenomeno che sta iniziando ad assumere proporzioni rilevanti anche sul territorio lecchese, ovvero quello del "lavoro povero", compensato con un salario inferiore ai 9 euro all'ora. Stando a un'indagine svolta dalla sigla sindacale stessa, nel 2022 sono rientrate in questa categoria 16.400 persone, pari all'11% del totale degli occupati full time: il settore con la massima incidenza (59.6%) è risultato essere quello delle colf (dunque di competenza quasi esclusivamente femminile), seguito da turismo-ristorazione (23.2%) e istruzione (22.9%); chiudono il quadro costruzioni, sanità e assistenza sociale, trasporti, industria e commercio. Tutti ambiti che, peraltro, risentono già della precarietà e del fenomeno del cosiddetto "part time involontario", cioè non dettato da scelte personali, e nei quali si viene dunque a creare un doppio problema di povertà.
"In più si tratta di settori in crescita, se pensiamo all'espansione che sta avendo il turismo anche nel lecchese, motivo per cui le prospettive per il futuro non sembrano buone" ha commentato in conferenza stampa Francesca Seghezzi della segreteria della CGIL, facendo inoltre presente come nel computo generale non siano stati considerati singolarmente i lavoratori della vigilanza e dei multiservizi, i cui dati sono stati "spalmati" in quelli di altri ambiti.
Una massa di occupati poveri in crescita, dunque, che andrà poi a generarne a ruota un'altra di... pensionati poveri, come ha riflettuto Luca Picariello ricordando come dal 1996 in Italia sia in vigore il sistema contributivo e presentando due casi-studio decisamente emblematici. Il primo è quello di una donna che, dopo anni di lavoro all'estero, nel 2006 ha trovato un impiego nel nostro Paese, svolto fino al 2021 con retribuzioni costanti e "tutto sommato discrete": la sua pensione, ora, è di 394,84 euro al mese. Non va meglio a un uomo che, dopo un ventennio da operaio, ora porta a casa 574,78 euro.
"È un problema vero, di lavoratori che oggi fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e che è difficile pensare come pensionati, perché stiamo seriamente minando il loro futuro" ha commentato ancora Francesca Seghezzi, facendo risuonare un campanello d'allarme e lanciando un invito all'intero territorio lecchese. "Si deve fare rete fin da subito, perché abbiamo bisogno di un'assunzione di responsabilità da parte di tutti. Verosimilmente, per esempio, nei prossimi anni il manifatturiero vedrà calare il numero degli addetti (ma non il fatturato), per effetto dell'uso sempre maggiore delle tecnologie, pertanto il fenomeno potrà assumere anche una sfumatura nuova". "Ma al di là di questo - ha concluso - è fondamentale farsi carico oggi di questa situazione, perché a nessuno conviene che davvero si raggiunga un livello di impoverimento che avrebbe conseguenze importanti su tutti, con un aumento notevole della spesa sociale. Dobbiamo invertire la tendenza e farlo ora".
"In più si tratta di settori in crescita, se pensiamo all'espansione che sta avendo il turismo anche nel lecchese, motivo per cui le prospettive per il futuro non sembrano buone" ha commentato in conferenza stampa Francesca Seghezzi della segreteria della CGIL, facendo inoltre presente come nel computo generale non siano stati considerati singolarmente i lavoratori della vigilanza e dei multiservizi, i cui dati sono stati "spalmati" in quelli di altri ambiti.
Una massa di occupati poveri in crescita, dunque, che andrà poi a generarne a ruota un'altra di... pensionati poveri, come ha riflettuto Luca Picariello ricordando come dal 1996 in Italia sia in vigore il sistema contributivo e presentando due casi-studio decisamente emblematici. Il primo è quello di una donna che, dopo anni di lavoro all'estero, nel 2006 ha trovato un impiego nel nostro Paese, svolto fino al 2021 con retribuzioni costanti e "tutto sommato discrete": la sua pensione, ora, è di 394,84 euro al mese. Non va meglio a un uomo che, dopo un ventennio da operaio, ora porta a casa 574,78 euro.
"È un problema vero, di lavoratori che oggi fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e che è difficile pensare come pensionati, perché stiamo seriamente minando il loro futuro" ha commentato ancora Francesca Seghezzi, facendo risuonare un campanello d'allarme e lanciando un invito all'intero territorio lecchese. "Si deve fare rete fin da subito, perché abbiamo bisogno di un'assunzione di responsabilità da parte di tutti. Verosimilmente, per esempio, nei prossimi anni il manifatturiero vedrà calare il numero degli addetti (ma non il fatturato), per effetto dell'uso sempre maggiore delle tecnologie, pertanto il fenomeno potrà assumere anche una sfumatura nuova". "Ma al di là di questo - ha concluso - è fondamentale farsi carico oggi di questa situazione, perché a nessuno conviene che davvero si raggiunga un livello di impoverimento che avrebbe conseguenze importanti su tutti, con un aumento notevole della spesa sociale. Dobbiamo invertire la tendenza e farlo ora".
B.P.