PAROLE CHE PARLANO/142

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Pipistrello

Possiamo tranquillamente ammetterlo: non sono in molti ad amare i pipistrelli. Da una parte, sembrano fin troppo dei topi volanti, pur non avendo con loro nessuna parentela (probabilmente i loro antenati erano mammiferi insettivori arboricoli notturni di fine Cretaceo); se aggiungiamo che amano la notte (qui in Italia vive una piccola specie che chiamiamo “nottola”) durante la quale svolazzano come ombre inquietanti, il gioco è fatto.

Chi non crede ancora oggi che queste “simpatiche” bestiole si impiglino nei capelli dei malcapitati (a Trieste vengono definiti “ciapacavei”, afferra-capelli)? Sarà, poi, un caso che il diavolo, i draghi sputafuoco, i vampiri e altre bestiacce ammazza-uomini siano rappresentati con le ali membranose dei pipistrelli? Se proprio volessimo trovare in questi mammiferi dei “difetti”, dovremmo considerare la loro resistenza ai virus, che li rende possibili veicoli di infezioni; tuttavia la scienza, per la maggior parte di essi, non ha ancora definito le potenzialità di infettare l’uomo, compresa la trasmissione del famigerato coronavirus. Quindi, niente di positivo? Credo che basti dire che i ricercatori hanno notato come negli appezzamenti privi di pipistrelli gli insetti siano tre volte più numerosi sugli alberi e con un impatto di cinque volte superiore sulla defogliazione delle specie forestali. Una popolazione di pipistrelli all'interno di una grande area urbana può arrivare a consumare fino a 14 tonnellate di insetti (zanzare comprese) in una singola notte!

Per quanto riguarda il nome, dobbiamo rifarci al latino. Gli antichi romani lo chiamavano vespertilio, derivato di vesper, sera. Da esso scaturirono forme come vispistrello, vipistrello e infine pipistrello, decisamente più simpatico.

Rubrica a cura di Dino Ticli
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