In viaggio a tempo indeterminato/300: nella fattoria di periferia...
"Toplo?"
"Un pochino toplo señora"
"Uuuh... Kwala señora!"
"Gi zgotvi?"
"Da, da da"
"Verygood"
Ascolto questa conversazione da dietro la tenda.
Paolo sta cercando di comunicare con la signora che gestisce la fattoria dove ci troviamo.
Sono le 8 di mattina ma già il calore si fa sentire. Entra dalla finestra, l'unico accesso tra le spesse mura della stanza. Senza il ventilatore dormire sarebbe stato complicato stanotte e le zanzare avrebbero banchettato con noi. Ma siamo sprofondati nei morbidi cuscini e ci siamo lasciati cullare dal canto delle cicale.
Un gallo questa mattina è stata la nostra sveglia, seguito da un cocococo di galline starnazzanti e l'abbaiare del piccolo cane di casa. Sembra che tutti si siano sincronizzati per darci il buongiorno.
È una scena bucolica quella in cui mi sono sentita catapultata al risveglio.
Siamo solo a trenta minuti di strada da Skopje, la capitale della Macedonia del Nord, ma sembra di essere lontani anni luce dal traffico della città, dai palazzi alti, dal caldo asfissiante.
Scendo dal letto e mi faccio una doccia. Aprire il rubinetto e veder scorrere subito l'acqua, è un piccolo gesto così sottovalutato, ma dopo mesi di vita in van mi sembra una gioia immensa.
Esco dal bagno e mi vesto senza nemmeno asciugarmi e da dietro la tenda bianca della stanza sento provenire la voce di Paolo.
Si è seduto al tavolo della veranda esterna con l'idea di prepararsi un caffè, ma credo che nel frattempo lo abbia raggiunto la "señora" come la chiama lui.
È una donna sulla sessantina, capelli corti e braccia forti. Il marito è in ospedale per un'operazione e il figlio guida un camion in Norvegia. È da sola a gestire gli animali e le due stanze che affitta.
Da quando siamo arrivati qui ieri, ci offre cibo ogni volta che ci vede. Anguria fresca, succo, vino, biscotti... ma dall'esclamazione gioiosa di Paolo, credo che questa mattina ci sia qualcosa in più.
A piedi nudi percorro il piccolo corridoio che divide la nostra stanza dall'esterno. Le mie infradito sono parcheggiate fuori dalla porta principale. Le indosso e alzo lo sguardo verso Paolo.
"Hai visto cosa ci ha portato la Señora?" mi dice indicando un piatto pieno di frittelle tonde ancora fumanti. Si tratta di mekici, una specie di pancake fritti e consumati a colazione in Macedonia del Nord. Sono soffici all'interno per la presenza dello yogurt, ma croccanti all'esterno perché fritti.
Ti danno quella bella botta in testa fondamentale per un risveglio
Quelli preparati dalla Señora, sono rotondi e hanno quell'inconfondibile gusto casalingo.
È la seconda volta che veniamo in Macedonia del Nord. La scorsa era inverno, faceva molto freddo e la nostra unica tappa era stata Skopje. Questa volta, invece, abbiamo deciso di visitare qualcosa di più. Andare un pochino più a fondo e immergerci in un Paese dove convivono macedoni, albanesi, turchi, serbi, rom. Dove le lingue ufficiali sono due e si vedono sventolare bandiere di Stati diversi.
Dove le moschee sono le vicine di casa delle chiese ortodosse.
Una macedonia a tutti gli effetti che d'estate, con un po' di gelato, sembra davvero perfetta.
Ok, battute tristi sull'insalata di frutta a parte, avevamo voglia di passare qualche giorno in questo piccolo Paese nel bel mezzo dei Balcani.
Quindi ecco spiegato il motivo per cui ora Paolo legge macedone dal cellulare per dialogare con un'amabile signora.
Ieri sera abbiamo anche sorseggiato un bicchiere di vino bianco fresco.
"La grandine questa estate ha distrutto l'uva e tutto quello che coltiviamo. Abbiamo poco vino quest'anno."
Ci dice la Señora, o almeno questo è quello che crediamo di aver capito, tra gesti e Google Translate.
Tra un biscotto appena sfornato e un pezzo di melone bianco, passiamo le ore in chiacchierate assurde con quella simpatica signora.
Si parla di bambini non pervenuti, dell'orto di mio papà che quest'anno ha fatto pochi pomodori, del nostro van piccolino, della ricetta per fare i fagioli al forno.
Il nostro mondo per un attimo si incrocia con il suo e avviene la magia.
Quella magia che ti fa dimenticare che veniamo da esperienze di vita diverse e che parliamo lingue diverse.
Quella magia che ti ricorda che siamo tutti accomunati dalla voglia di vivere felici.
Dopo questa esperienza nella fattoria in periferia non potremo certo dire di aver conosciuto a fondo la Macedonia del Nord, ma di aver assaporato un po' dell'ospitalità macedone quello di certo sì.
Questi scambi sono la parte che preferiamo del viaggio e lo so che ne ho già parlato spesso, ma a volte anche noi ce ne dimentichiamo, presi dalle cose da fare, dai problemi al van, dalla burocrazia, dalla stanchezza.
Quello che davvero ci motiva e ci dà la carica per continuare il nostro viaggio, non sono i paesaggi mozzafiato o le bellezze architettoniche. Sono gli incontri e le esperienze a fare la vera differenza.
Quindi credo che di Skopje e di questa zona della Macedonia, a rimanere impresso nel nostro diario di viaggio non sarà la bellezza della città un po' turca e un po' sovietica, ma la señora che ogni mattina si presentava alla nostra porta con una nuova leccornia e un bel sorriso dolce stampato in viso.
"Un pochino toplo señora"
"Uuuh... Kwala señora!"
"Gi zgotvi?"
"Da, da da"
"Verygood"
Ascolto questa conversazione da dietro la tenda.
Paolo sta cercando di comunicare con la signora che gestisce la fattoria dove ci troviamo.
Sono le 8 di mattina ma già il calore si fa sentire. Entra dalla finestra, l'unico accesso tra le spesse mura della stanza. Senza il ventilatore dormire sarebbe stato complicato stanotte e le zanzare avrebbero banchettato con noi. Ma siamo sprofondati nei morbidi cuscini e ci siamo lasciati cullare dal canto delle cicale.
Un gallo questa mattina è stata la nostra sveglia, seguito da un cocococo di galline starnazzanti e l'abbaiare del piccolo cane di casa. Sembra che tutti si siano sincronizzati per darci il buongiorno.
È una scena bucolica quella in cui mi sono sentita catapultata al risveglio.
Siamo solo a trenta minuti di strada da Skopje, la capitale della Macedonia del Nord, ma sembra di essere lontani anni luce dal traffico della città, dai palazzi alti, dal caldo asfissiante.
Scendo dal letto e mi faccio una doccia. Aprire il rubinetto e veder scorrere subito l'acqua, è un piccolo gesto così sottovalutato, ma dopo mesi di vita in van mi sembra una gioia immensa.
Esco dal bagno e mi vesto senza nemmeno asciugarmi e da dietro la tenda bianca della stanza sento provenire la voce di Paolo.
Si è seduto al tavolo della veranda esterna con l'idea di prepararsi un caffè, ma credo che nel frattempo lo abbia raggiunto la "señora" come la chiama lui.
È una donna sulla sessantina, capelli corti e braccia forti. Il marito è in ospedale per un'operazione e il figlio guida un camion in Norvegia. È da sola a gestire gli animali e le due stanze che affitta.
Da quando siamo arrivati qui ieri, ci offre cibo ogni volta che ci vede. Anguria fresca, succo, vino, biscotti... ma dall'esclamazione gioiosa di Paolo, credo che questa mattina ci sia qualcosa in più.
A piedi nudi percorro il piccolo corridoio che divide la nostra stanza dall'esterno. Le mie infradito sono parcheggiate fuori dalla porta principale. Le indosso e alzo lo sguardo verso Paolo.
"Hai visto cosa ci ha portato la Señora?" mi dice indicando un piatto pieno di frittelle tonde ancora fumanti. Si tratta di mekici, una specie di pancake fritti e consumati a colazione in Macedonia del Nord. Sono soffici all'interno per la presenza dello yogurt, ma croccanti all'esterno perché fritti.
Ti danno quella bella botta in testa fondamentale per un risveglio
Quelli preparati dalla Señora, sono rotondi e hanno quell'inconfondibile gusto casalingo.
È la seconda volta che veniamo in Macedonia del Nord. La scorsa era inverno, faceva molto freddo e la nostra unica tappa era stata Skopje. Questa volta, invece, abbiamo deciso di visitare qualcosa di più. Andare un pochino più a fondo e immergerci in un Paese dove convivono macedoni, albanesi, turchi, serbi, rom. Dove le lingue ufficiali sono due e si vedono sventolare bandiere di Stati diversi.
Dove le moschee sono le vicine di casa delle chiese ortodosse.
Una macedonia a tutti gli effetti che d'estate, con un po' di gelato, sembra davvero perfetta.
Ok, battute tristi sull'insalata di frutta a parte, avevamo voglia di passare qualche giorno in questo piccolo Paese nel bel mezzo dei Balcani.
Quindi ecco spiegato il motivo per cui ora Paolo legge macedone dal cellulare per dialogare con un'amabile signora.
Ieri sera abbiamo anche sorseggiato un bicchiere di vino bianco fresco.
"La grandine questa estate ha distrutto l'uva e tutto quello che coltiviamo. Abbiamo poco vino quest'anno."
Ci dice la Señora, o almeno questo è quello che crediamo di aver capito, tra gesti e Google Translate.
Tra un biscotto appena sfornato e un pezzo di melone bianco, passiamo le ore in chiacchierate assurde con quella simpatica signora.
Si parla di bambini non pervenuti, dell'orto di mio papà che quest'anno ha fatto pochi pomodori, del nostro van piccolino, della ricetta per fare i fagioli al forno.
Il nostro mondo per un attimo si incrocia con il suo e avviene la magia.
Quella magia che ti fa dimenticare che veniamo da esperienze di vita diverse e che parliamo lingue diverse.
Quella magia che ti ricorda che siamo tutti accomunati dalla voglia di vivere felici.
Dopo questa esperienza nella fattoria in periferia non potremo certo dire di aver conosciuto a fondo la Macedonia del Nord, ma di aver assaporato un po' dell'ospitalità macedone quello di certo sì.
Questi scambi sono la parte che preferiamo del viaggio e lo so che ne ho già parlato spesso, ma a volte anche noi ce ne dimentichiamo, presi dalle cose da fare, dai problemi al van, dalla burocrazia, dalla stanchezza.
Quello che davvero ci motiva e ci dà la carica per continuare il nostro viaggio, non sono i paesaggi mozzafiato o le bellezze architettoniche. Sono gli incontri e le esperienze a fare la vera differenza.
Quindi credo che di Skopje e di questa zona della Macedonia, a rimanere impresso nel nostro diario di viaggio non sarà la bellezza della città un po' turca e un po' sovietica, ma la señora che ogni mattina si presentava alla nostra porta con una nuova leccornia e un bel sorriso dolce stampato in viso.
Angela (e Paolo)