Lecco perduta/391: il tragico 'rompete le righe' del settembre 1943

Alpini del battaglione Morbegno in piazza Garibaldi
Sono trascorsi ottant’anni dall’8 settembre 1943. Nel pomeriggio di quel giorno anche i lecchesi, come tutti gli italiani, ebbero modo di ascoltare l’annuncio radiofonico ripetuto in continuazione che “il Governo Badoglio aveva firmato l’armistizio”: il che equivaleva alla resa incondizionata dell’Esercito italiano agli anglo-americani ormai sbarcati in Sicilia. La firma del documento era avvenuta il 3 settembre, con il generale Castellano, ma era stata tenuta segreta alcuni giorni per consentire a Badoglio di riorganizzare le truppe italiane con il rovesciamento del fronte e per evitare i rischi di subire pesanti rappresaglie e ritorsioni tedesche, come purtroppo avvenne.
I cinque giorni tra la firma e l’annuncio non sono stati, però, sufficienti per preparare le truppe italiane. Mancarono direttive dei comandi generali, provocando una situazione confusa e tragica che porterà al dissolvimento dell’Esercito ed alla cattura da parte dei tedeschi di decine di migliaia di soldati italiani deportati in Germania.
Erano trascorsi 45 giorni dalla lunghissima notte del 25 luglio 1943, quando, nella riunione di palazzo Venezia a Roma, si verificò il voto contrario del Gran Consiglio a Benito Mussolini e la conseguente richiesta di dimissioni da parte del re al duce nell’incontro del giorno successivo.
La notizia radiofonica dell’armistizio provocò anche a Lecco grande attenzione e preoccupazione, con gente per le strade e per le piazze, altri che si affacciavano alle finestre delle abitazioni per comunicare e commentare con i vicini la notizia e cercare di prevedere gli sviluppi futuri. I più preoccupati erano coloro che dicevano “i tedeschi, furiosi per l’armistizio, non mancheranno di occupare il territorio nazionale fin dove possibile, quindi, si possono prevedere giorni difficili e terribili” come poi, purtroppo avvenne.
L’8 settembre 1943 avevano lasciato Lecco da pochissimi giorni gli alpini del battaglione reclute del V, accampati da giugno al San Michele sul monte Barro per il periodo di addestramento: erano tornati a Merano. A fine agosto si era trasferita a Lecco la compagnia Deposito del V Alpini, costretta a lasciare la caserma Marinoni di via Pagano a Milano, duramente colpita da incursioni aeree anglo-americane. La truppa del V, circa 300 penne nere, si era stabilita nell’edificio oggi di viale Montegrappa, scuola Cesare Battisti delle elementari del quartiere Acquate. Un deposito di materiale militare veniva sistemato in via Digione, presso la cartiera Cima oggi non più esistente.
Il centro mobilitazione del battaglione Morbegno, gli alpini con la nappina bianca, era di stanza nella caserma Sirtori di via Leonardo da Vinci al Lazzaretto. Erano circa 50 militari agli ordini del colonnello Alberto Varusio, un decorato della prima guerra mondiale 1915/1918. Saranno alcuni alpini armati di fucile 91 a presidiare le vie del centro cittadino la sera dell’8 settembre, dopo l’annuncio radiofonico dell’armistizio.
La mattina del 9 settembre venivano segnalati movimenti di reparti tedeschi sulla Bergamo-Lecco. Scattava l’allarme alla caserma Sirtori. Il colonnello Varusio, per evitare che il materiale militare del deposito finisse in mano tedesche, ordinò di caricare tutto su auto civili con destinazione Piani Resinelli e la cripta del santuario della Vittoria, in via Trieste. Il colonnello diede, quindi, l’invito ai suoi alpini di rompere le righe, considerando imminente l’arrivo di tedeschi anche a Lecco. Il che avvenne nel pomeriggio con il primo arrivo di un drappello motorizzato che sostò in piazza Manzoni sparando alcuni colpi di avvertimento. Anche gli alpini di Acquate ruppero le righe cercando di raggiungere le vie di casa. I tedeschi arrivarono a Lecco con reparti più numerosi nel giorno seguente, insediando il comando all’hotel Croce di Malta. Era l’inizio di un’occupazione nazista che fu molto presente in città, anche nel palazzo della Banca Popolare di Lecco, in piazza Garibaldi, nella scuola elementare allora “Berta” di via Amendola, con uffici amministrativi presso la Canottieri Lecco, in una villa del quartiere Acquate ed anche con deposito di automezzi in alcuni cortili del centro cittadino.
Intanto con l’8 settembre 1943 Lecco deve registrare la fine della presenza delle truppe con la penna nera in città. Il reparto del Morbegno alla Sirtori, giunto nel 1935, non venne più riposizionato a Lecco nella riorganizzazione dell’Esercito italiano dopo la liberazione. Giungeranno, infatti, i fanti della Legnano.
C’è da sottolineare che durante i venti mesi dell’occupazione nazista sino alla liberazione di fine aprile 1945, Lecco ha rappresentato un “punto” importante. Nel libro “Il sacco d’Italia” di Ricciotti Lazzaro, edito da Mondadori, nel 1994, Lecco è ampiamente citata. Si può leggere “48 aziende della meccanica che lavoravano la vergella a Lecco e dintorni erano a disposizione della struttura di occupazione che aveva insediato alle scuole di via Amendola il Dipartimento Lavoro che si occupava in particolare dell’impiego della mano d’opera”. Sempre nella menzionata pubblicazione si può leggere “Alla Fiocchi Munizioni venne imposto le macchine in funzione 17 ore su 24 per mandare vagoni di manutenzione in Germania”.
L’8 settembre 1943 ebbe inizio anche per la città di Lecco un tremendo periodo che vide rastrellamenti, deportazioni, fucilazioni, rappresaglie, bombardamenti terminati alla fine aprile 1945. Arrivò allora, dopo tante sofferenze e privazioni anche della popolazione civile, l’alba che tutti aspettavano: quella della libertà e della pace. Un cammino iniziato, con i più coraggiosi, già l’8 settembre 1943.
A.B.
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