Lecco, 'quando nemmeno andare al lavoro è più sicuro': il racconto di una rapina con spray e coltello in pieno centro città

Un'altra rapina, in pieno giorno, in pieno centro. Dopo aver raccontato di analogo spavento patito da una donna nei giorni scorsi in stazione a Calolzio, riceviamo e pubblichiamo lo "sfogo" di un giovane derubato a inizio settimana nel "salotto buono" di Lecco, già più volte teatro di sconcertanti episodi di violenza gratuita innescati dalla spavalderia di chi, sperando nell'impunità, non esita ad entrare in azione letteralmente alla luce del sole, incurante anche del "movimento" che caratterizza quella fetta di città schiacciata tra il lungolago e la stazione.
E se la vittima prova rabbia per quanto subito, l'intera Lecco dovrebbe condividere lo stesso sentimento.
Il prossimo potrebbe essere chiunque.

La stazione ferroviaria di Lecco
Quando nemmeno andare al lavoro è più sicuro

Lecco centro, ore 15,30 di un lunedì lavorativo qualsiasi. 
Mi sto recando al lavoro, pronto a iniziare il mio turno in un locale sul lungolago cittadino. 
Mi accorgo di tre giovani che si stanno avvicinando. Non ci faccio particolarmente caso, finché uno di loro non mi blocca con un braccio attorno al collo e una gamba davanti alla mia per farmi cadere e strapparmi la collana che ho al collo. Gli altri due sono pronti a intervenire. Il più giovane tiene in mano uno spray al peperoncino. Poi si allontanano, ma io li inseguo per farmi restituire la collana, un ricordo di mio nonno da cui non mi separo mai. 
A quel punto uno dei tre mi minaccia con un coltello. Desisto, tuttavia, in quel momento, scatta dentro di me qualcosa, probabilmente dettata dalla ingiustizia appena subita, che mi spinge ad agire con lucidità e sangue freddo. 
Avverto subito i Carabinieri, che intervengono immediatamente e decido di seguirli. I tre, di origine nordafricana, si dirigono alla stazione e salgono su un treno fermo al binario 2. A quel punto avviso anche la Polizia Ferroviaria, che interviene prontamente. I tre scendono e cercano di dileguarsi lungo il sottopasso che porta verso le Meridiane e alla fine vengono fermati dalle forze dell'ordine. 
Sono le 16,30. Questa è stata l'ora più assurda e brutta della mia vita. Mi sono visto la morte in faccia, ma fortunatamente ho saputo reagire con calma e determinazione e grazie all'intervento tempestivo dei Carabinieri i miei aggressori sono stati fermati. Ma quante rapine avevano già fatto? Quante persone avevano già derubato, spaventato e minacciato? 
E quante altre bande come questa circolano rendendo sempre più insicuro e pericoloso il nostro territorio, dove sono cresciuto e che amo? 
Lo spavento è stato forte, ma ancora di più la rabbia per l'ingiustizia che sono stato costretto a subire impotente. 
Rabbia al pensiero di altri che hanno vissuto la mia esperienza senza avere la possibilità di reagire. 
Rabbia nel vedere i luoghi che amo ridotti in questo modo. 
Rabbia di fronte a un problema sempre più grave e urgente a cui nessuno sta provando a trovare una risposta, o una soluzione, a tutela di noi cittadini. 
Rabbia perché più si aspetta a intervenire, più la situazione degenererà prendendo una deriva sempre più violenta. 
Non è questo che voglio. 
Io voglio poter girare tranquillamente, di giorno e di sera, senza dovermi guardare in continuazione alle spalle. 
Voglio andare a lavorare e sapere di arrivare incolume al mio posto di lavoro. 
Al lavoro, poi, ci sono andato, dopo avere verbalizzato la rapina al comando dei Carabinieri, che ringrazio ancora per il loro sostegno morale. Ho finito il mio turno per non lasciare in difficoltà i colleghi, nella speranza di ritrovare un equilibrio in quella normalità che hanno cercato di strapparmi.

M.M.
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