Vita da Capanat/5: è un team di giovani a gestire il rifugio Azzoni sul Resegone

Chissà che storia avrebbe da raccontare il camoscio che, insieme ai suoi tre amici, riposava tranquillo nei prati vicini al sentiero 1, quello che da Versasio si arrampica in quota fino alla vetta del Resegone.

Un tracciato che si può sostanzialmente dividere in due parti: fino alla Beduletta, a quota 1308 metri, si procede nel bosco; da lì fino ai 1875 metri della cima, invece, il sentiero è esposto con diversi punti in cui è necessario arrampicarsi sulle roccette. Un paradiso tanto per i piccoli, purché amanti di questo genere di avventure, quanto per i grandi, purché cultori dei panorami. È infatti meravigliosa la vista sia verso il basso, dove Lecco si estende abbracciando il lago, sia verso l'alto, dove la sagoma del rifugio Luigi Azzoni si staglia imperiosa pronta ad accogliere gli escursionisti.

Stefano Valsecchi

"Una volta, fare il rifugista era un hobby, una passione. Oggi, invece, è una professione. La mia famiglia gestisce l'Azzoni dal 2000. Io sono subentrato a mio padre nel 2016. A quel tempo ero all'università e dovevo scegliere se fare l'ingegnere chimico o il rifugista" ha ricordato Stefano Valsecchi, l'attuale titolare del rifugio. "Ho scelto la seconda strada e oggi, a distanza di sette anni, ne sono felice. La bellezza di questo lavoro sta nel panorama, nel fatto di essere in vetta. Certo, è un lavoro duro, difficile".

Il sentiero che sale nel bosco fino alla Beduletta

La famiglia Valsecchi è solo l'ultima della lunga serie di lecchesi che hanno gestito il rifugio in cima al Resegone da quando la Società Escursionisti Lecchesi ne acquistò la proprietà nel 1923. Solo nel 1950, però, la struttura assunse l'attuale denominazione in ricordo di Luigi Azzoni, ex cassiere e consigliere della SEL nonché figura fondamentale nella ricostruzione del rifugio dopo la devastazione del conflitto.

"Negli ultimi vent'anni ho notato molto gli effetti del cambiamento climatico. A inizio anni 2000 eri sicuro che, dai primi di dicembre ai primi di aprile, le condizioni meteo sarebbero state di pieno inverno, ovvero un metro di neve e dieci gradi sottozero. Oggi, quegli inverni, che una volta erano considerati la normalità, sono un'anomalia. Non abbiamo più la certezza che nevichi o la temperatura scenda sottozero" ha aggiunto Valsecchi.
A fine luglio, il rifugista dell'Azzoni era balzato agli onori delle cronache per un post su Facebook in cui criticava duramente la scelta di realizzare una strada agro - silvo - pastorale sul versante nord - est della montagna, nel territorio del comune di Morterone. "Perché?" si era chiesto allora il capanat a proposito di tale progetto. Una domanda che tutt'oggi non ha trovato risposta.

Panorama sulla città dalla Beduletta

"Secondo il Comune di Morterone e la Comunità Montana della Valsassina, la finalità dell'opera è legata all'antincendio, quindi alla sicurezza. È un progetto che non mi convince. Quello era uno dei boschi più belli della provincia di Lecco" ha chiosato il giovane rifugista.
Piano piano, i tavoli all'esterno della struttura iniziavano a riempirsi. Gli escursionisti provenivano soprattutto da Morterone e da Brumano. "Vent'anni fa l'età media e l'esperienza di chi veniva all'Azzoni erano molto più alte. Oggi ci sono molti più giovani e molta più gente di città che sale in montagna nel weekend per svago. Ogni anno, assisto a situazioni sempre più gravi" ha raccontato Valsecchi. "Persone che si mettono in cammino con la borsa di Gucci oppure in pieno giorno quando fa molto caldo. Negli ultimi giorni ci sono stati diversi interventi dei soccorritori per persone che non dovevano stare in quel punto del sentiero a quell'ora. Io stesso d'estate percorro certi sentieri solo la mattina presto o la sera dopo il tramonto".

Sullo sfondo, l'umidità offuscava solo in parte la bellezza del panorama. "I primi giorni dopo la riapertura post - Covid c'era gente che neanche in centro a Milano. Poi il flusso si è stabilizzato. Abbiamo un centinaio di coperti in tutto, più diciotto posti letto divisi in tre camerate. Vent'anni fa di stranieri non ce n'erano. Oggi qualcuno ne arriva ma sono comunque meno rispetto a realtà come la Valtellina" ha proseguito il giovane capanat.

L'ultima parte del sentiero 1 che sale al rifugio

Ormai era ora di pranzo, dall'interno della struttura sono usciti due giovani pronti a prendere le ordinazioni dei clienti. "Ho quattro collaboratori, quasi tutti studenti universitari che vogliono guadagnare qualcosa d'estate. Trovare personale è difficile per la ristorazione in generale, non solo per me" ha concluso Valsecchi prima di salutarci e rientrare nella cucina dell'Azzoni.

Un rifugista trentunenne più dei collaboratori poco più che ventenni gestiscono il rifugio posto sulla cima della più importante montagna lecchese. Esattamente com'era quella storia che i giovani non hanno voglia di darsi da fare?

Continua/6
A.Bes.
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