Governo: il consenso è legato a una propaganda mediatica che raffredda ogni problema
In linea di massima i sondaggi effettuati, durante l'anno, a parte qualche scarto di voto in più o in meno, non si discostano e danno FdI tra il 30% e il 26%. I decimali non sono importanti, quello che interessa è la tendenza.
Oggi Fratelli d'Italia, partito leader della coalizione, cede lo 0,7%, passando dal 30% al 26,5%; la Lega passa da 7% al 10,5%; il Pd con 20%-22% resta il secondo partito; il Movimento Cinque Stelle si assesta dal 15% al 16%; Forza Italia dal 7% all'8%; Azione di Carlo Calenda da 3% al 4%; Italia Viva di Matteo Renzi dal 2% al 3%; Alleanza Verdi Sinistra dal 3% al 3.5%; tutti gli altri restano sotto il 2%. E' una situazione sostanziale di stabilità, di immobilità.
L'indice di fiducia nella Presidente del Consiglio passa dal 40% all'attuale 37,5%; l'esecutivo dal 37% al 34,6%: entrambi i valori sono in calo di 3 punti. Il 61,6% degli intervistati del campione dubita che la maggioranza riesca a trovare soluzioni al carovita. Sale anche l'indice di sfiducia nella capacità di gestire il tema immigrazione e dell'accoglienza dopo un mese in cui si è toccato il record di sbarchi. Il Pil nell'ultimo trimestre è diminuito, l'inflazione è in crescita, i costi degli affitti e delle case nelle metropoli e nelle medie città sono sempre in aumento, la povertà e le disuguaglianze sono in crescita, il Piano di Nazionale di Ripresa e Resilienza è sostanzialmente in stallo. Non si registrano degli interventi strutturali significativi. Le proposte per la nuova finanziaria, ascoltando il Ministro dell'Economia, è di stagnazione, mantenimento, centrata sul non investimento, in sostanza conservativa.
Dopo un anno, superato il pragmatismo del libretto draghiano, da questa maggioranza non emerge una politica economica e finanziaria di lungo respiro, è senza contenuti mirati e specifici. Non è connotabile, non si capisce quale sia la visione socioeconomica; si sofferma sull'esistente e sulle solite procedure novecentesche. Non c'è visione. I correttivi fatti sono nel solco di un paradigma conservatore neoliberista.
Il consenso attuale che permane è legato a una propaganda mediatica manipolante sui vari canali della televisione pubblica e privata. L'uso della comunicazione di massa contiene contenuti che raffreddano qualsiasi problematica. L'esempio più vivido è quello dei flussi migratori, che sono scamparsi dagli schermi e ridotti a degli eventi ricorrenti inevitabili e banali.
C'è un progetto di proporre una "pedagogia" di destra monolitica. Tutto quindi è stemperato. C'è il rifiuto del confronto, si usa la comunicazione diretta alla Berlusconi, in questo modo si evita il contraddittorio.
Dall'altra parte la sinistra e il centrosinistra sono fermi al vallo di Adriano, mancano di una costruzione riguardante il futuro prossimo a medio e a lungo termine. Il Partito democratico quisquilia su chi è più riformista, chi è più radicale, chi è più bello, più attrattivo; continua a essere autoreferenziale, con lotte intestine che creano disaffezione. Se non ci fossero state le primarie aperte, il Pd sarebbe ridotto come il vecchio Partito Socialista craxiano al 10% - 12%. Chi è andato a votare alle primarie, pur non essendo iscritto, ha lanciato un messaggio chiaro e irripetibile.
Ma pare che l'apparato lobbystico interno si sia già dimenticato di questo. Se nei congressi che si stanno tenendo, non si prenderà in considerazione il dato di partenza delle primarie, i pidiessini alle prossime votazioni rischieranno di trovarsi a giocare a carte o a monopoli. C'è una sinistra che rischia di trovarsi abbandonata, delusa che non saprà se andare ancora a votare oppure stare oltre il Vallo. C'è una prateria che va cavalcata. Non si vince con il 20%. Si governa se si raggiunge un consenso molto aperto. Non si può pensare di fare i governisti senza il consenso sociale.