Lecco: a metà 'percorso', presentata la mostra sul Novecento da Sironi a Guttuso

Inusuale inaugurazione a Palazzo delle paure della mostra “Novecento. Il ritorno alla figurazione da Sironi a Guttuso”, aperta già dal 22 luglio, certamente «una strana occasione – come ha detto la curatrice Simona Bartolena – per un'esposizione che ha già una sua vita», una presentazione a metà percorso che poteva essere un primo bilancio, anche se ci si è limitati a parlare di «un buon riscontro di pubblico».


Fabio Sanvito, Simona Bartolena, Simona Piazza



La mostra fa parte di quel ciclo promosso per raccontare la storia della pittura italiana dall’Ottocento fino agli anni Settanta del Novecento e che si concluderà nel 2024 con gli ultimi due appuntamenti: in primavera con lo sguardo rivolto all’immediato secondo dopoguerra con l’arte informale a farla da protagonista, e in estate alle sperimentazioni degli anni Sessanta e Settanta.



All’inaugurazione erano presenti, oltra alla curatrice, anche l’assessore alla cultura Simona Piazza e - per la società Vidi che collabora con il Comune nella programmazione - il direttore Fabio Sanvito. Proprio quest'ultimo ha aperto l’incontro sottolineando l’importanza della serie di mostre allestite in questi anni a Palazzo delle paure: «Non ricordo – ha detto – un ciclo del genere in un museo». E parlando appunto di «un buon riscontro di pubblico anche straniero». «Stranieri sì, ma anche tanti lecchesi» ha aggiunto l’assessore Piazza che ha inoltre nuovamente confermato il raggiungimento di un obiettivo, quello di fare di Palazzo delle paure un polo di attrazione turistica da una parte e il dialogo con la città dall’altra.



Infine, Bartolena ha indicato le linee-guide dietro a questo ampio progetto di storia dell’arte: mostrare opere poco viste provenienti da collezioni private e quindi non disponibili al grande pubblico ma anche da raccolte museali non sempre in primo piano, e nel contempo allestire esposizioni “comprensibili” e quindi con un taglio divulgativo, non rivolte solo agli esperti bensì a un pubblico più vasto.



Nello specifico della mostra in corso in questo periodo e aperta fino al 26 novembre, Bartolena ha spiegato come sia stata la rassegna del ciclo che maggiormente l’abbia preoccupata dovendo fare i conti con una serie di artisti simili ma con molte differenze tra loro con l’unico appiglio comune del ritorno alla figurazione dopo le sperimentazioni d’inizio secolo: era necessario raccontare le diverse facce, la grandissima eterogeneità che si contrappone all’omogeneità del futurismo che ha caratterzzato il periodo storico precedente (al quale è stata dedicata la mostra allestita in primavera). Senza dimenticare che l’arco temporale copre anche il ventennio fascista ed è stato quindi inevitabile soffermarsi sui legami tra gli artisti e il regime per quanto anche coloro che pure sono stati fascisti – uno per tutti Mario Sironi, a cui è dedicata un’intera sala – non sono stati artisti di regime, non hanno risposti a dettati politici ma si sono sempre espressi liberamente.
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D.C.
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