Ricordi lecchesi dei bombardamenti di Ferragosto '43 su Milano

Paolo Mazza.
Sotto Angelo Spreafico

Sono trascorsi ottant’anni da quei terrificanti bombardamenti di Ferragosto 1943 sulla città di Milano con potenti bombardieri anglo-americani che a più ondate di formazioni colpirono il centro cittadino e diversi quartieri con uno spaventoso bilancio di vittime e di danni.
La città di Milano, colpita e terribilmente ferita dalle incursioni aeree, tramite il comando dei vigili del fuoco lanciò appelli a tutti i distaccamenti della Lombardia, chiedendo aiuto. Nell’agosto 1993, cinquant’anni dopo il bombardamento di Milano il brigadiere Paolo Mazza, classe 1908, poteva ricordare in un’intervista ad un quotidiano locale “anche i vigili del fuoco di Lecco furono mobilitati per le operazioni di soccorso. La caserma era allora in via Roma, nel palazzo Ghislanzoni, già sede municipale, che ha ospitato i pompieri sino al 1955 quando è stata costruita la nuova caserma in località Bione a Pescarenico. Da Lecco –  dichiarò sempre Paolo Mazza – partirono dieci vigili e due automezzi; restavano alla caserma di via Roma un solo mezzo ed una squadra di cinque uomini. Ricordo la strada nella notte, nei paesi oscurati, poi verso Milano il buio rotto dagli incendi verso il cielo. A Milano bruciava tutto sotto le folate di fuoco degli spezzoni incendiari. Il comando di Milano dirottava le varie squadre nei settori più colpiti. Bruciavano intere vie, palazzi e quartieri. Avevamo ordini precisi nel caso di nuovo allarme con sirena salvare la squadra ed i mezzi raggiungendo subito la periferia di Milano in punti prestabiliti. Milano chiese rinforzi oltre che a Lecco ai comandi di Valmadrera e Merate. Valmadrera organizzò subito una squadra di sei uomini guidata dal brigadiere Giuseppe Castelnuovo”.
I terrificanti bombardamenti di Milano possono essere ricordati da Angelo Spreafico, pensionato di 94 anni, che abita nella zona di viale Turati. Aveva allora 14 anni e lavorava a Milano alla Siemens di viale Abruzzi dal 1° luglio. “I collegamenti ferroviari - dichiarava Spreafico - erano precari anche da Lecco a Milano ed allora alcune sere mi fermavo a dormire da una zia. Ho vissuto gli allarmi aerei, le corse ai rifugi con le provviste di emergenza, i bombardamenti. Ho visto morti, feriti, incendi, gente disperata rimasta senza casa e senza niente”. Sempre Spreafico dichiarava “A Milano sembrava di assistere alla fine del mondo, incendi, crolli di cornicioni, rotaie del tram contorte, disperazione dei senzatetto, della gente che cercava parenti, di altre persone che fuggivano verso la periferia per cercare di uscire dalla zona dei bombardamenti”.
L’allarme aereo era in vigore anche alla caserma dei vigili del fuoco di Lecco, in via Roma, come ebbe modo di ricordare Guido Ravasio, classe 1924, che era allora il più giovane dei pompieri, non ancora ventenne. “Se l’allarme aereo - ricordava Ravasio - suonava anche a Lecco il mezzo dei pompieri rimasto nella caserma di via Roma doveva lasciare subito la rimessa e raggiungere la zona antistante il monumento ai Caduti sul lungolago in attesa di eventuali destinazioni. La località era ritenuta la più idonea per evitare blocchi e crolli di edifici che potevano ritardare o impedire il movimento del mezzo dei pompieri. Ricordo - aggiunse Ravasio - che la permanenza a Milano delle squadre agli ordini del brigadiere Mazza durò più di tre giorni. Riferivano di aver incontrato nelle operazioni di soccorso colleghi di tutta la Lombardia ed anche del confinante Piemonte. Di notte dormivano sugli automezzi, per brevi riposi; il vitto era assicurato raggiungendo una caserma dei pompieri di Milano”.
A.B.
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