Lecco: delegazione in carcere con Nessuno Tocchi Caino. E gli avvocati 'promettono' uno sportello d'assistenza

Visitare i carcerati, per i credenti praticanti, è la sesta opera di misericordia corporale. Per gli attivisti di Nessuno Tocchi Caino, nella visione più laica del termine, è una missione, ritenendosi – per dirla rielaborando un concetto espresso da Sergio D'Elia, segretario del sodalizio – operatori non solo impegnati nella riduzione del danno ma anche in un'azione di mutamento della realtà. E motore del cambiamento è la conoscenza. Meglio se diretta, da dentro. Ecco il perché del continuare ad andare in delegazione nei penitenziari disseminati lungo tutto lo Stivale, coinvolgendo figure nuove, pronte a vivere un'esperienza forte. Ieri è toccato a Lecco, con l'iniziativa dell'Associazione fatta propria dalla Camera Penale dei due rami del Lario rappresentata poi al tavolo di discussione dal vicepresidente, l'avvocato Stefano Pelizzari, moderatore del confronto post-accesso dietro le sbarre. 

Sergio D'Elia

Lucio Farina

Lo ha aperto, con una provocazione, Lucio Farina, direttore del Centro Servizio Volontariato di Monza, Lecco e Sondrio ma anche, da un anno e mezzo, per la nostra provincia, Garante dei diritti delle persone private della libertà. Dinnanzi ad una platea per lo più composta da toghe, alla presenza anche del Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati Elia Campanielli, ha  sostenuto come a suo giudizio, il diritto meno garantito ai carcerati sia proprio quello alla difesa. Non stupisce dunque che gli stessi penalisti abbiano in animo di avviare anche a Lecco, come già fatto a Como, uno “sportello” gratuito a sostegno di quei detenuti – selezionati nel rispetto di alcuni paletti, per non collidere tra l'altro con i vincoli anche della deontologia professionale – il cui legale, prevalentemente d'ufficio o a carico dello Stato, è in qualche modo “lontano”, geograficamente o quanto a “interesse”.

Stefano Pelizzari

E va nella stessa direzione anche la recente missiva indirizzata al Presidente del Tribunale – nel frattempo però il dottor Secchi ha raggiunto il traguardo della pensione quindi la questione dovrà essere riproposta al suo successore – per l'istituzione del Consiglio di aiuto sociale, previsto dall'articolo 74 della legge sull'Ordinamento penitenziario, ma di fatto, dal 1975, mai concretizzatosi non sono nel nostro circondario ma ovunque in Italia, come rimarcato con foga da Rita Bernardini, Presidente di Nessuno Tocchi Caino sottolineando altresì come “in Italia ci sono ulteriori 189 Repubbliche: ogni struttura carceraria è una Repubblica a sé”. Dichiarazione tosta, ma supportata dall'evidenza che la gestione di ogni realtà sia demandata ad un regolamento, quello interno d'istituto, che il più delle volte è “in aggiornamento” e che nel migliore dei casi viene sintetizzato ai nuovi arrivati dallo “scrivano”, anziché essere fornito loro per iscritto, tradotto secondo necessità, come dovrebbe.

Rita Bernardini

Roberto Rampi

Secco dunque – come era facile immaginare - il giudizio della rappresentante dell'Associazione sul sistema nel suo complesso, le cui carenze – strutturali ma anche umane – porta a “far scontare una pena illegale”. Espressa invece, una seppur timida, speranza riposta sugli effetti della riforma Cartabia. In un contesto dove gli istituti di pena contano qualcosa come 12.000 presenze in eccesso, le novità in tema di pene sostitutive alla carcerazione - illustrate tecnicamente dall'avvocato Alessandra Maggi, componente della commissione giovani della Camera Penale – potrebbero quantomeno risolvere il nodo dei 100.000 liberi sospesi, ad oggi in attesa della pronuncia del magistrato di sorveglianza. Gente come il 66enne incontrato a Brescia, uscito di cella dieci anni fa, riportato dentro per scontare un residuo di 20 giorni. Un caso quasi assurdo ma reale elevato ad esempio da Roberto Rampi, già senatore, consigliere di Nessuno Tocchi Caino, arrivato ad estremizzare la discussione sostenendo come a suo avviso non esiste un carcere che funziona perché a non funzionare è il concetto stesso di carcere. Stranieri senza alternativa (perché spesso senza documenti), soggetti con problemi di dipendenza o con disturbi riconducibili alla sfera mentale cubano per l'80-90% delle presenze. “Persone che dovrebbero essere aiutate in altro modo”, la valutazione concorde tanto dell'esponente del PD tanto del Garante con quest'ultimo pronto anche a ricordare come “otto reati su dieci sono commessi per disperazione” e dunque come “si può forse operare meglio sulle nostre comunità”.
Arricchito anche degli interventi degli avvocati Graziana Gatti e Marcello Iantorno, il dibattito si è chiuso con le parole di Elisabetta Zamparutti, tesoriere di Nessuno Tocchi Caino. Ha citato Franco Basaglia che, sostenendo come i manicomi non fossero da chiudere verso l'esterno ma da aprire, è poi riuscito a rivoluzionare il sistema. E' ciò che l'Associazione, con iniziative come quella di ieri a Lecco, mira a fare per le carceri.
A.M.
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