Lecco: esordio in libreria per il ''Viaggio ai laghi di Como e Maggiore'' compiuto da Amoretti nel 1798

Naturalmente un ascoltatore lecchese non può che accogliere con un sorriso la notizia di Carlo Amoretti, naturalista e agronomo milanese, che quando giunse a Lecco il 29 giugno 1798 non poté godersi una passeggiata serale per le vie del borgo perché «la pioggia cel vietò». E così è stato alla presentazione del “Viaggio ai laghi di Como e Maggiore”, cronaca di un’escursione di cinque giorni tra Lario e Verbano rimasta inedita fino a oggi e ora pubblicata, a cura di Pietro Dettamanti, dalla casa editrice lecchese Polyhistor.

La “cronaca” riguarda una gita d’istruzione che l’astronomo e matematico Antonio Cagnoli ideò per Stefano e Giovanni Battista Sceriman, giovani di origini armene arrivati a Venezia con la famiglia e che erano giunti a Milano al seguito del loro istitutore, appunto il Cagnoli. Il quale volle farsi accompagnare dall’Amoretti che quattro anni prima, nel 1794, aveva pubblicato il “Viaggio da Milano ai tre laghi” ritenuto la prima guida turistica di questa piccola parte d’Italia..
Alla libreria “Parole nel tempo”, riferimento della stessa “Polyhistor”, l’editore Franco Minonzio ha introdotto l’incontro offrendo un profilo di Carlo Amoretti e presentando Dettamanti come uno dei massimi esperti del Grand Tour, il viaggio di formazione che si sviluppò in Europa tra Settecento e Ottocento e che conduceva in Italia schiere di viaggiatori, naturalmente più che benestanti, che produssero una sterminata letteratura.

Da parte sua Dettamanti ha poi presentato la cronaca di quell’escursione della durata di cinque giorni: dal 29 giugno al 3 luglio, partendo da Milano per farvi ritorno dopo avere toccato Merate, Lecco, Varenna, Cadenabbia, Como e poi Varese, l’Isola Bella, Arona, Gallarate. Il racconto è in forma epistolare, articolato in sei lettere indirizzate a una non menzionata amica, forse reale o più probabilmente immaginaria, così come aveva fatto compilando il resoconto di un viaggio in Valsassina effettuato nel 1785 e che lo stesso Dettamanti qualche anno fa riportò alla luce.
La formula dell’epistolario forniva all’autore una qual leggerezza che rendeva meno specialistico il racconto e gli consentiva anche qualche civetteria: «Risalimmo per la via men ripida, guardando intanto la varietà immensa de’ graniti d’ogni maniera che incontravamo ne’ ciottoli d’ogni grandezza. (…) Uno di questi ciottoli celati fra le radici di un nocciuolo sulla sponda rimpetto alla colonnetta posta all’angolo della Chiesa de’ Morti di Paderno. Quando v’andrete passeggiando cercatelo e pensate a me».

Il periodo storico era del tutto particolare. In Italia era sceso Napoleone ed era nata la Repubblica Cisalpina e Amoretti arrivò a Lecco che non era un borgo qualsiasi bensì il capoluogo del Dipartimento della Montagna. Il “nostro” agronomo era partecipe dei movimenti illuministi ma nello stesso tempo era polemico con il nuovo regime: «Ricordiamo – scrive Dettamanti – le sue osservazioni sul trafugamento in Francia del tesoro del Duomo di Monza, sui danni provocati dalle truppe francesi alle statue del parco della Villa di Monza, sull’espropriazione dell’antico feudo imperiale di Civenna e Limonta di cui gli abati di S. Ambrogio erano da secoli “tranquilli e legittimi possessori” sulla rimozione degli stemmi dei Torriani e dei Visconti della facciata della parrocchiale di Bellagio».
Amoretti era un letterato, certo, ma anche uomo di scienza e infatti la sua attenzione andava agli aspetti geologici e a quelli meccanici. «Il viaggiatore romantico – ha spiegato Dettamanti – cercava la natura incontaminata e noi viaggiatori d’oggi siamo loro figli, mentre Amoretti va a vedere gli opifici». E infatti di Lecco racconta proprio la visita a un’officina siderurgica che estrae il ferro da pietre cavate in una miniera di Acquate e illustra anche attraverso semplici ed esaurienti disegni il funzionamento di una trafila che ancora per due secoli avrebbe rappresentato l’essenza dell’industria lecchese. Già in quel 1798, del resto, «per rendere un’idea de’ lavori de’ metalli e specialmente del ferro, non v’è nel paese nostro luogo più opportuno dui questo».

Le visite si svolsero la mattina del 30 giugno che era un sabato perché Amoretti non ha dimenticato di parlarci anche del mercato, dopo di che la piccola comitiva si imbarca e risale il lago, verso Varenna e Bellano dove fa sosta per vedere l’Orrido da quella che oggi è conosciuta come “Ca’ del diaul” e che è edificio circondato da un alone di leggenda: allora aveva marmi come specchi e conshiglie appese alle pareti: «Era probabilmente una piccola wunderkammer – ipotizza Dettamanti - una camera delle meraviglie dalle quali si poteva ammirare la cascata del Pioverna». La gita proseguì poi per Cadenabbia e Como dove i nostri viaggiatori entrando in un caffè si imbatterono niente meno che in Alessandro Volta il quale li accompagnò a visitare il Borgovico. Infine, il lago Maggiore, l’Isola Bella, il San Carlone e quindi il ritorno a Milano. Per l’epoca, dobbiamo rilevare, un tour de force non da poco, per quanto i “protagonisti” non mancassero di risorse finanziarie.
D.C.
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