In viaggio a tempo indeterminato/292: l'altra faccia della Turchia

La frase più romantica da quando viviamo in van: "Stanotte le temperature saranno sui 16 gradi".
La frase che più mette gioia: "Ho trovato un posto dove ci sono le docce".
La frase più sexy: "Cuciniamo un bel piatto di pasta con il pomodoro?".
"Fai attenzione alle piccole cose, perché un giorno ti volterai e capirai che erano grandi" diceva Jim Morrison.
E in effetti Jim aveva ragione perché sono le piccole cose che possono cambiare le giornate, un piccolo gesto può avere un peso tale da rivoluzionare una vita o semplicemente renderla più bella, come tuo marito che ti dice che ha trovato una doccia dopo settimane che non ne vedi una.

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Ok, il caldo fa delirare, quindi prova a seguirmi in questo mio delirio estivo scritto con 37 gradi e nessuna aria condizionata all'orizzonte.
Per fuggire dalla calura o dalla "caldazza estrema", come la chiama affettuosamente Paolo, ci siamo spinti sulla costa ovest della Turchia. Qui, chilometri e chilometri di spiagge si affacciano sul Mar Egeo.
È una delle zone più turistiche e conosciute della Turchia e ospita città "famose" come Izmir. È da qui che, in estate, partono molti traghetti diretti alle isole greche. Attratti dalla possibilità di starcene ammollo tutto il giorno, abbiamo percorso gli ultimi km che dall'entroterra ci hanno condotto nella località balneare di Dikili.
Partenza alle 6, quando il sole ancora non si è reso conto che il suo ruolo è scaldare prepotentemente e io ancora non mi sono accorta di stare su questo pianeta. Lasciamo Kula e i suoi vulcani, con le distese di lava che sembrano voler scappare via con noi da quel paesaggio lunare. Paolo canticchia "tutti al mare, tutti al mare, a mostrare le chiappe chiare" e nell'aria c'è quell'atmosfera di vacanza che inizia, quando la scuola è finita e sai che per 3 mesi non ci dovrai pensare.
L'idillio però finisce arrivati a destinazione. La nostra idea di fuggire al mare è sicuramente stata geniale, ma non originale. Sembra che tutta la Turchia sia qui.



Ci buttiamo sulla spiaggia, nella mischia. Trovare refrigerio è la nostra unica missione e tutto il resto sono solo ostacoli da schivare.
Un tuffo nell'acqua gelida, sento la pelle rinfrescarsi e torno a ragionare. Decisamente più lucida, mi guardo attorno e mi rendo conto di alcune cose che prima proprio non avevo notato.
Innanzitutto, non vedevo così tanta gente su una striscia di sabbia dorata da almeno vent'anni, cioè l'ultima volta che sono stata a Rimini ad Agosto. Ombrelloni ovunque, musica, bar sulla spiaggia e quell'odore inconfondibile di crema solare e salsedine.
Faccio un secondo tuffo, per rinfrescarmi meglio le idee. E noto una differenza netta rispetto alla Riviera Romagnola. Una zona della spiaggia sembra un vero e proprio camping. Tende dalle dimensioni più disparate, cucine da campeggio allestite sotto gli ombrelloni, c'è chi ha parcheggiato la roulotte sulla sabbia e ha creato una dépandance con tanto di divano e tavolo in legno. Una scena incredibile, mai vista. Che i turchi amassero stare all'aperto ce ne eravamo già accorti quando li vedevamo appostarsi alle 7 di mattina al parco per accaparrarsi il posto migliore per fare un picnic. E in effetti, la vanlife o il campeggio sono la perfetta evoluzione del pranzo al parco. Certo, questo fenomeno ha assunto una portata tale che sarebbe degno di uno studio molto più approfondito, ma fa ancora troppo caldo quindi... terzo tuffo.

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Più infreddolita che mai, esco dall'acqua a temperatura glaciale e finalmente realizzo che c'era un aspetto fondamentale che non avevo ancora notato.
Un po' come quando cerchi le differenze tra due immagini e riesci a individuare che in una delle due c'è un pois in meno sul calzino, ma non ti sei accorto che in una c'è il sole e nell'altra piove.
Presa dagli ombrelloni e dalle tende, non avevo realizzato che quella che stavo vedendo era una Turchia completamente diversa da quella che mi aveva accolta negli ultimi mesi. Il velo e i lunghi abiti delle donne erano stati sostituiti da cappelli di paglia e bikini.
I bar con i signori anziani seduti a bere il çay, rimpiazzati da moderni locali con la birra e i cocktail sul menù.
Nessun canto del muezzin a scandire la giornata ma musica da discoteca anni '90 che esce dalle casse.
Una Turchia che così non avevo mai visto. Talmente simile a quello che siamo abituati a vedere su una qualsiasi spiaggia italiana o spagnola, da farmi dimenticare che quella fosse la stessa Anatolia degli ultimi mesi.
Sdraiati sulla sabbia, con le gocce d'acqua salata che scivolano sulla pelle, io e Paolo parliamo di questa differenza, dell'ennesima faccia di un Paese così variegato che sarebbe impensabile dire di averlo davvero capito e conosciuto a fondo.
Ancora una volta questo viaggio mi ha sbattuto in faccia la complessità del mondo e di come sia riduttivo e sbagliato etichettare un luogo sulla base di poche, spesso incomplete informazioni. Dopo quasi 5 mesi passati in Turchia negli ultimi due anni, credo fermamente che verso questo Paese ci siano pregiudizi enormi e infondati che non rispecchiano assolutamente la realtà delle cose.
Me ne accorgo leggendo i commenti ai nostri video che si dividono tra "smetterò di guardare i vostri video finché sarete in quel Paese" e "non pensavo davvero che la Turchia fosse così bella".
La realtà è che in pochi posti nel mondo ci siamo sentiti così accolti e sicuri come in questo Paese. Una nazione che ha moltissimo da offrire dal punto di vista culturale, paesaggistico e storico. Un popolo che è molto più simile a noi di quanto possiamo immaginare, ma che mantiene un senso di fratellanza e comunità che noi, invece, abbiamo un po' perso per strada.
È il Paese perfetto? Assolutamente no. Ma quale lo è?
Angela (e Paolo)
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