'Tutte le donne mi vogliono', ma si trova in Aula per violenza e stalking: è condannato
Il Tribunale di Lecco
Violenza sessuale (pur nella forma più lieve) e stalking le accuse formulate così in capo a un 31enne ghanese, residente in Brianza, chiamato poi a rispondere anche di oltraggio a pubblico ufficiale, per l'atteggiamento tenuto con una delle divise intervenute. Era il 2022. A distanza di un anno - trascorso in regime di detenzione, proprio per questa causa - quest'oggi per l'uomo, assistito dall'avvocato Eleonora Sala, è arrivata la condanna. Tre anni e 6 mesi la richiesta avanzata dal sostituto procuratore Chiara Di Francesco, ripercorrendo i due distinti episodi confluiti in un fascicolo che avrebbe potuto essera anche ben più corposo stante "l'abitudine di molestare le donne" attribuita dal PM all'imputato, sulla base degli elementi raccolti dai Carabinieri della Stazione di Oggiono, primi a occuparsi di lui, ricevendo segnalazioni non confluite poi in vere e proprie denunce. E' stata la Polizia invece a seguire il filone lecchese, raccogliendo il racconto della commessa presa di mira dallo straniero, arrivato anche a pedinare la ragazza dopo il lavoro o a prendersela con le colleghe qualora non trovasse "l'amata" sul posto di lavoro.
Basandosi sulla perizia commissionata nel corso del procedimento - che ha riconosciuto tra l'altro un parziale vizio di mente - la dottoressa Di Francesco, nel rassegnare le proprio conclusioni, ha anche invocato l'applicazione, in considerazione della pericolosità sociale del soggetto, di una misura di sicurezza.
E da qui è partita anche l'avvocato Eleonora Sala, ricordando come anche per lei sia stato impossibile spiegare all'assistito come si sia reso responsabile di comportamenti non accettabili, stante la sua convinzione di non aver commesso nulla di male, ritenendo di essere stato cercato dalle donne e non rifiutato dalle stesse. Il legale è arrivato anche a parlare di "dissociazione della realtà", raccontando di come l'imputato abbia ricondotto le denunce a suo carico ad un problema di mancata accettazione, da parte delle sue "amate", della poligamia, arrivando a professarsi innamorato anche di un'assistente sociale mai incontrata prima, scambiata durante un accesso al Comune di Oggiono, con altra operatrice con cui aveva avuto contatti. Rimarcando come l'uomo sia stato "abbandonato anche dalla sua stessa famiglia perchè deficitario", rendendo impossibile anche ricostruire il suo stesso vissuto personale, il difensore si è spinto a chiedere l'assoluzione, ritenendo mancante - nella testa dell'uomo - la consapevolezza di aver commesso dei reati ed in subordine il minimo della pena.
Due anni e due mesi la sentenza del collegio - presidente Paolo Salvatore, a latere Martina Beggio e Gianluca Piantadosi - con un un anno di libertà vigila a condanna scontata. Rigettata, poi, per mancanza dei presupposti, l'applicazione di una pena sostitutiva alla detenzione.
A.M.