Salpa (su una caravella) l'edizione 2023 del Lecco Film Fest. 'La città ne ha bisogno'

Con ospite d’onore Piera Detassis, giornalista e critica cinematografica nonché direttrice artistica dell’accademia che assegna i premi “David di Donatello”, è stata inaugurata nel piccolo chiostro della Canonica in piazza Cermenati l’edizione 2023 del Lecco Film Fest, la rassegna cinematografica - promossa da Ente dello spettacolo e Confindustria - che animerà la città fino a domenica con una serie di incontri e proiezioni all’insegna dello slogan “Ridestare lo stupore”.

Don Davide Milani

Ad aprire la rassegna è stato il prevosto don Davide Milani che è presidente dell’Ente dello spettacolo (l’organizzazione cinematografica ecclesiale) e anima della rassegna assieme al presidente di Confindustria Plinio Agostoni.
Di là dai ringraziamenti, certamente di rito ma che il prevosto ha sottolineato essere doverosi perché senza la collaborazione di enti e sponsor l’iniziativa non sarebbe possibile, don Davide si è appunto soffermato sul concetto dello stupore da ridestare che, come già spiegato, riprende l’esortazione di papa Francesco agli operatori dello spettacolo. Ridestare lo stupore è necessario – ha detto – per superare la crisi che l’umanità sta attraversando di questi tempi: siamo tutti avviluppati in una ragnatela perniciosa e allora cosa, se non l’arte del cinema, può darci questa possibilità di stupire? «Sarebbe auspicabile – ha aggiunto monsignor Milani – che dopo questi giorni potessimo appunto dire che è stato bello perché abbiamo riflettuto e perché ci siamo fatti delle domande e non tanto che abbiamo trovato delle risposte. E che questo momento possa rafforzare i legami della comunità perché il festival non è di nessuno in particolare, ma è appunto della comunità, della città, del territorio».

Plinio Agostoni

Da parte sua Agostoni ha preso spunto dal chiostro affollato per dire come non fosse vero quel che si dice di una città poco attenta alla bellezza e alla cultura e rivolta solamente al lavoro nella sua accezione più “materiale”. «Credo che questo festival – ha detto – sia un servizio alla città. Questo evento assieme ad altri pochi proietta la città su un palcoscenico nazionale e anche internazionale. Lecco ha bisogno di tutto questo. Per la ricaduta turistica, certo, ma anche per ritrovare un senso di appartenenza. Ed è iniziativa di stimolo anche per gli imprenditori perché fare l’imprenditore è un mestiere che non può prescindere dall’affrontare un sistema di valori, è un mestiere legato all’approfondimento culturale, alla necessità di educare i giovani. Ed è un aiuto al cinema che oggi vive un momento di crisi, una crisi di sovrapproduzione per intercettare i finanziamenti pubblici ma realizzando film di bassa qualità. Occorre dunque uscire dal circolo vizioso che trascina verso il basso. E il festival di Lecco presenta film di qualità».

Piera Detassis

Attenzione poi rivolta a Piera Detassis, intervistata dalla direttrice del festival Angela D’Arrigo che, parlando dell’ultima edizione del “David di Donatello”, ha detto come per partecipazione e vincitori ha contenuto appunto quel dato di “stupore” che guida la rassegna lecchese, sottolineando inoltre come il premio non si limiti certo alla serata in cui vengono assegnate le statuette, ma sia un lavoro che dura l’intero anno per la promozione del cinema italiano per la quale bisogna anche lavorare molto.

Perché se sono vere le parole di Agostoni a proposito del momento di crisi del cinema, pur nella necessità di riconoscere che si tratta di un contingenza particolare legata all’uscita dalla pandemia,  è anche importante «che il cinema italiano ridesti lo stupore verso se stesso», investendo su prodotti e innovazione «perché per uscire di casa e dalle piattaforme, tornando nelle sale, c’è bisogno di emozione» e queste emozioni deve tornare a darle il cinema che «deve lavorare su se stesso per puntare in alto. E’ importante che il cinema e i registi cambino e che ci raccontino storie che tocchino le corde universali e senza stereotipi. Una sorta di igiene della produzione è necessaria, ma c’è anche un problema di comunicazione: i film sono lanciati due giorni prima di uscire nelle sale dove poi rimangono per poco… La situazione non tornerà come una volta, ma un film senza le sale non esiste».

In quanto al festival lecchese, Detassis ha sottolineato come non si tratti di un festival promosso solo per attrarre spettatori o turisti: c’è invece una riflessione sugli interrogativi di sempre: il chi siamo e il dove andiamo. «I festival sono tutti interessanti – ha aggiunto - ma devono avere al centro lo scoprire cose sul cinema e cose su di noi». Da questo punto di vista, il festival lecchese, alla quarta edizione, «è cresciuto molto rapidamente nell’immaginario. Oggi quando parliamo di Lecco Film Fest sappiamo di cosa parliamo: di autorevolezza, serietà».
Sollecitata da D’Arrigo sul pubblico di domani, sulla necessità di raggiungere le giovani generazioni, Detassis ha sollecitato un nuovo sistema di comunicazione: «Bisogna ragionare nei loro termini, raccontare le loro storie» ma nel contempo rilevando come in Italia manchi un’educazione alle immagini e all’arte del cinema che dovrebbe entrare nelle scuole.

Velasco Vitali

A chiudere l’incontro è stato Velasco Vitali, il celebre artista bellanese autore dell’immagine di quest’anno del festival: una caravella tra tante lune. «Una caravella che naviga – ha detto – perché ridestare lo stupore è imbarcarsi come ha fatto Cristoforo Colombo, senza guardare le altre caravelle, ma pensando alla propria, perché solo così si fanno le scoperte». Sotto quelle tante lune «che sono la luna di ognuno di noi».

Ma Vitali ha voluto a suo modo stupire la platea raccontando un episodio meno conosciuto della propria attività artistica: la produzione, nel 2015, di un documentario sul proprio lavoro di scultore, “Il gesto delle mani” realizzato con Francesco Clerici alla Fonderia artistica Battaglia di Milani . Un film alla Tarkovskij: un’ora e diciassette minuti di assoluto silenzio, «il parlato sarà solo un minuto e mezzo», un documentario premiato a Berlino e che nel 2016 è stato proiettato in molte città europee. «E sono otto anni – la conclusione – che penso al prossimo film».
D.C.
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