SCAFFALE LECCHESE/158: la storia del giornalismo locale a cura di Arnaldo Ruggiero

Abbiamo già incontrato Arnaldo Ruggiero, l'avvocato e giornalista che ha attraversato l'intero Novecento di questa nostra città, a proposito di quella sorta di zibaldone che sono i tre volumi del "Piccolo mondo antico lecchese" e anche parlando della storia del Teatro della Società alla quale dedicò un proprio volume.

Arnaldo Ruggiero

A firma Ruggiero, c'è un'altra pubblicazione di un certo interesse ed è la "Storia del giornalismo lecchese": si tratta di una serie di articoli usciti negli anni Sessanta sul "Giornale di Lecco" di Giacomo De Santis e poi riuniti in un libro stampato dallo stesso settimanale lecchese nel 1966.
Non è un saggio storico nel vero senso della parola, trattandosi appunto di una raccolta di articoli giornalistici sottoposti quindi alle esigenze di un settimanale. E perché scritti alla maniera di Arnaldo Ruggiero. Chi ha conosciuto l'uomo e ne ha letto gli scritti sa cosa s'intenda con ciò: lo stile è infatti quello di mescolare il racconto oggettivo degli eventi ai ricordi e alle vicende personali. Indubbiamente ci sarà stata quella certa vanità comune a chiunque scriva e peraltro perdonabile per chi è già avanti negli anni. Come appunto il Ruggiero che, quando compilò questa "storia", aveva superato la settantina (età in cui è facile lasciarsi prendere la mano della memoria, che l'uomo ebbe peraltro ferrea fino all'ultimo). Soprattutto, però, proprio questa anzianità significava che la gran parte della storia raccontata egli l'avesse vissuta in prima persone. Spesso da protagonista, essendo stato un giornalista di punta della città per molti decenni.

«Io debuttai nel giornalismo cominciando nel 1909 con una modesta collaborazione (mi occupavo di notizie di cronaca e di sport) al "Prealpino", per giungere poco tempo dopo, e cioè nell'ottobre del 1910, appena ventenne, addirittura a dirigerlo, su invito del prof. Mario Cermenati»: così scrive di sé corredando una caricatura fattagli dall'amico pittore Giuseppe Talamoni «che me la dedicò con questi due versi: "L'è on bon poetta an lű e l'è on artista/ sto' dolz' in brűsch de scicch, ‘sto giornalista"». Tradotto (alla buona, non ce ne vogliate): «E' un buon poeta ed è un artista/ questo dolce nell'aspetto un po' brusco dello sciccoso, questo giornalista».
Il ricordo personale integra dunque i documenti, arricchisce e colora il racconto. Addomesticando magari qualche ricostruzione. Va dunque da sé che le informazioni siano da maneggiare con cura maggiore rispetto ad altre opere. Siano da prendere - come si dice - un po' con le pinze.
Resta comunque il fatto che questa piccola "Storia del giornalismo lecchese" sia ancora oggi l'unica opera esistente sull'argomento, se si esclude qualche titolo celebrativo delle singole testate o qualche tesi di laurea che sfugge ai più.
Tra l'altro. «sarebbe forse meglio - scrive Ruggiero nella prefazione - discorrere di uno "schema" di storia dei giornali che nella nostra città nacquero, caddero, risorsero e... giacquero, a partire dal 1848 fino a' nostri giorni. "Schema" perché non mi è stato possibile di taluni approfondire la genesi, lo sviluppo e... la morte, non avendone trovato, nella Civica biblioteca locale né altrove, che labili tracce».
Eppure, è un versante della nostra storia che meriterebbe un'esplorazione approfondita. Se rapportato alle dimensioni della città e al suo peso politico, il giornalismo lecchese ha sempre dimostrato una particolare vivacità, testimoniando pure quello spirito d'autonomia rispetto agli organismi amministrativi superiori, spirito che avrebbe poi portato negli anni Novanta e dopo una lunga battaglia, all'istituzione della provincia lecchese. Oggi da ritenersi inabissata per l'incapacità del capoluogo di aggiungere allo spirito di indipendenza la capacità di guidare un territorio più vasto.
Il libro prende le mosse nel 1848 con il "Bollettino di notizie recenti" che «per quanto a rigor di termini non rientri nella categoria dei giornali veri e propri, tuttavia ricorderemo se non altro come un giornale in germe (...) che il "Comitato di pubblica sicurezza", costituitosi in Lecco il 19 marzo 1848, pubblicò una ventina di giorni dopo l'arrivo della notizia che, a Milano, il popolo era insorto contro l'odiato nemico. (...) Quasi quotidianamente gli pervennero le notizie da pubblicare. Le fonti furono le lettere trasmesse da patrioti, da volontari, da "esploratori"» tra cui anche l'abate Antonio Stoppani «portaferiti a Somma Campagna e a Santa Lucia». Stampatore «fu Giuseppe Corti, figlio di Antonio, priore della Confraternita e "factotum" delle opere parrocchiali, che risulta essere stato il primo a impiantare una tipografia in Lecco» e che nel 1882 avrebbe fondato "Il Resegone", il settimanale diventato per oltre un secolo espressione del mondo cattolico lecchese e, nonostante abbia chiuso i battenti nel 2007, la testata più longeva della città.

Una caricatura di Ruggiero

In quanto al "Bollettino" risorgimentale, l'esperienza si concluse nell'agosto dello stesso 1848, con il ritorno degli austriaci. Quei bollettini «vennero fedelmente riprodotti e raccolti in un volume, che venne licenziato alle stampe il 15 settembre 1937, in duecentonove esemplari numerati, a cura di "un'eletta accolta di studiosi lecchesi" col proposito (come scrisse nella prefazione Pino Tocchetti) di iniziare una collezione di pubblicazioni storiche della nostra terra. Ma non se ne fece niente.».
Episodio quarantottesco a parte, la storia del giornalismo lecchese comincia in realtà dopo l'unità d'Italia. Ruggiero censisce complessivamente una quarantina di testate fino appunto ai primi anni Sessanta, alcuni di "peso" e altri dalla vita effimera.
Il primo "giornale ebdomadario", così si diceva un tempo per settimanale, sarebbe "L'industria", uscito il 1° marzo 1862 diretto «da tale C. Pozzoli» che, tra le altre cose, «tenne a fare propaganda per un concime artificiale da lui inventato e che aveva denominato la "Pozzolina", per il che ebbe anche polemiche e battibecchi».
Va detto che la già citata tipografia di Giuseppe Corti può essere considerata l'autentica culla del giornalismo cittadino. Del "Bollettino" risorgimentale s'è detto e del "Resegone" anticipato. Ma in quella tipografia per un certo periodo venne anche stampato "L'Industria", nel 1863 una "Gazzetta di Lecco", diretta da Cirillo Cerruti e durata pochi mesi. E in occasione della guerra del 1866, quando «molti lecchesi combatterono nell'esercito regolare; altri si arruolarono nei "Cacciatori delle Alpi" comandati da Garibaldi», allo stesso Corti «venne l'idea di pubblicare un "Bollettino" per dare notizie sulle vicende belliche ai concittadini».
Naturalmente, non ripetiamo l'elenco dei giornali catalogati da Arnaldo Ruggiero (una quarantina di testate) e ci limitiamo ai passi più significativi

Per esempio, "L'Adda", uscito per sette anni dal 1870. Poi nel luglio del 1894 «quell'allettante testata venne ripresa (supponiamo senza pagamento... dei diritti d'autore) da un gruppo di giovani, i quali per distinguerla dalla... progenitrice le aggiunsero il sottotitolo di "Gazzetta di Lecco e circondario" stampata alla tipografia dei fratelli Grassi «che erano eccellenti maestri dell'arte tipografica». Direttore era Ulisse Cermenati, fratello di Mario: arrivava dall'esperienza delle "Cronaca", giornale «di schietti sentimenti democratici» (l'estrema sinistra dell'epoca) che egli stesso aveva fondato assieme a Giacomo Gilardi e a Francesco Zamperini. Uscì dal 1891 fino al 1920, compreso il periodo tra 1913 e 1914 in cui si fuse con "Il Pealpino" e quello dell'interruzione negli anni della prima guerra mondiale. Direttore della "Cronaca", anche se per soli tre mesi nel 1892, fu pure Antonio Ghislanzoni, anche se un po' "distante".
Dal dicembre 1882 al febbraio 1887 esce anche "Il Corriere di Lecco", testata che sarà poi recuperata nel 1947 e ancora successivamente da altre iniziative editoriali.
E naturalmente "Il Resegone", il cui primo numero è datato "Venerdì-Sabato 17-18 febbraio 1882". Del ruolo di Giuseppe Corti s'è già detto. Egli stesso, «ottimo tipografo, ma forse men buon giornalista» affidò la direzione a don Giacomo Cavanna, coadiutore presso la Chiesa parrocchiale di Lecco e fondatore del circolo "Beato Pagano". (...) Dovette essere battagliero, forse troppo, nello scontro fra il mite abate Stoppani e gli "intransigenti" temporalisti, tenne bordone all' "Osservatore Cattolico"; cosicché ad un certo momento, forse per avere ecceduto, fu costretto (dalla Curia?) a trasferirsi altrove». La direzione passò così al figlio del Corti, Pietro detto Pedrin, e nel 1896 al «concittadino don Battista Scatti, appartenente a una ricca famiglia lecchese proprietaria di filande e filatoi, che era ritornata da una Missione in India, durata ben vent'anni». Scatti diresse il settimanale fino al 1918, quando morì e gli succedette Edmondo Verga che restò al timone fino al 1959, un autentico record. Come detto, "Il Resegone" sarebbe durato un secolo e avrebbe accompagnato il cattolicesimo lecchese per l'intero Novecento.
Sull'altro versante politico, "Il Prealpino" che esce per la prima volta il 17 aprile 1897 dura fino al 1924 e viene poi ripreso come Nuovo Prealpino e finito sotto stretto controllo fascista.
Sulle vicende del Prealpino, Ruggiero molto si dilunga particolarmente e non potrebbe essere diversamente, essendone stato - come abbiamo visto - esponente di spicco per oltre vent'anni. Con "La Cronaca e "Il Resegone", "Il Prealpino" animò il dibattito politico e culturale della città all'inizio del secolo. Allora non era ancora ben definito il concetto di giornale di informazione che in Italia in fondo non ha mai avuto una grande tradizione e le testate erano tutte apertamente schierate sul fronte politico e della battaglia politica erano strumento essenziale.
Liquidato in un paio di paginette il periodo fascista con il già citato "Nuovo Prealpino" e con "Il Popolo di Lecco", Ruggiero ci ricorda "Il ribelle", il giornale clandestino bresciano fondato da Teresio Olivelli e che per un certo periodo venne stampato alla tipografia Annoni di via Mascari a Lecco. Clandestina fu anche "La Voce del Lario" socialista che, caduto il fascismo, poté uscire liberamente, mentre tra 1945 e 1946 il Comitato di liberazione nazionale riesumò la testa "Il Giornale di Lecco". E anche i partiti avevano i loro organi di informazione e propaganda. Dei socialisti sì è detto. I comunisti fondarono "La Voce di Lecco", i democristiani "L'azione" e poi "L'Avvenire" (da non confondere con "Avvenire", il quotidiano dei vescovi italiani). Tutte esperienze che comunque non sarebbero durate.
Di là da altre piccole imprese editoriali, alla fine degli anni Cinquanta si vanno formando quelli che potremmo definire i due "poli" dell'informazione lecchese. Da una parte c'è "Il Resegone", forte dei suoi settant'anni di vita, che ha superato indenne anche l'epoca fascista e continua a rappresentare il mondo cattolico. Dall'altra "Il nuovo Giornale di Lecco" fondato nel 1957 da Aroldo Benini e poi diventato, in circostanze burrascose, semplicemente "Giornale di Lecco" sotto la guida di Giacomo De Santis che sarebbe stato riferimento dei lettori non confessionali.
La storia di Ruggiero si interrompe, come detto, nel 1966. I sessant'anni successivi sono ancora tutti da raccontare. A cominciare dall'avvento dell'informazione quotidiana, fino ad allora mancata nella nostra città e per quanto frutto della gemmazione di quotidiani già esistenti (parliamo della "Provincia di Como" e poi anche di Lecco e delle pagine locali del "Giorno"). Ma molte delle tante cose accadute, allora sarebbero state imprevedibili. Impensabile per esempio, dagli anni Settanta, la nascita e lo sviluppo delle radio e delle televisioni che avrebbe cambiato la geografia dell'informazione e dell'intrattenimento anche nel nostro territorio. E autentica fantascienza i siti internet che a loro volta hanno cambiato l'approccio e soprattutto i ritmi della comunicazione.

Dario Cercek
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