Oltre 1.000 persone aiutate dalla Caritas nel lecchese, il 64% stranieri. I 'nuovi volti della povertà' nelle parole dei volontari

L'emporio Caritas all'interno della Casa della Carità inaugurata
lo scorso febbraio a Lecco alla presenza di mons. Delpini
Carenze di reddito (quando c'è), e dunque impoverimento generale; difficoltà di famiglie con minori ma anche di persone sole, spesso anziane o fragili; aumento di stranieri senza una solida rete di supporto; bisogni alimentari, abitativi, lavorativi e sociali, per cui è necessario un aiuto immediato e costante.
Sono alcune delle principali "traiettorie di evoluzione dell'area di povertà" riscontrata dalla Caritas Ambrosiana, che nel suo "Rapporto sulle povertà nella diocesi" appena presentato ha proposto i dati raccolti nel 2022 in 140 strutture che hanno aiutato (direttamente o indirettamente) oltre 30.000 persone.
Uno spaccato, quello emerso dal Report, che trova sostanzialmente conferma nei dati della Zona Pastorale 3 del territorio lecchese, dove lo scorso anno in sette Centri di ascolto sono stati ricevuti 1.070 tra uomini e donne (+1.7% rispetto alla rilevazione del 2021, -17.4% rispetto al 2019, pre Covid), con una leggera prevalenza delle seconde (53.5%).
1.440 i bisogni presi in carico e 4.788 le richieste accolte; la percentuale di stranieri si è attestata sul 63.9% (+3.3%), mentre il 45% del totale è risultato costituito da persone senza un legame stabile (celibi e nubili, separati, divorziati e vedovi). Alto anche il numero di minorenni presenti nei nuclei familiari interessati (479, di cui 140 in età prescolare), così come il tasso di disoccupati (42.9%, comunque in costante diminuzione, con -9 punti percentuali rispetto al periodo pre pandemico), a cui si aggiunge una quota non indifferente di soggetti con un impiego di fatto "precario", nell'assistenza agli anziani (61) e nel lavoro domestico (41). Dati, questi ultimi, che spiegano almeno in parte il generale impoverimento registrato "a macchia d'olio" anche in altre zone della Diocesi, con quella lecchese che, nello specifico, ha visto aumentare di quasi 12 punti percentuali (dal 41.4% del 2019 al 51.3% del 2022) la quantità di persone con problemi economici e di conseguenza di coloro che hanno formulato richieste di sussidi (dal 20.2% al 33.3% di quelle incontrate nelle strutture Caritas) e di beni materiali e servizi (+4% rispetto al 2019).
Don Marco Tenderini
A confermare questo quadro generale anche le testimonianze di coloro che tutti i giorni si occupano con tanta sensibilità e dedizione, da volontari, di tendere una mano a chi ha bisogno. "I casi di persone in difficoltà sono in aumento, e a far riflettere è il fatto che molte provengono dal cosiddetto ceto medio" ha spiegato don Marco Tenderini, responsabile della Caritas decanale. "Il problema alimentare, di solito, è quello di più semplice risoluzione: in questo periodo, peraltro, stiamo cercando di sostituire gradualmente il sistema dei pacchi mensili con la "tessera punti" dell'Emporio aperto presso la Casa della Carità, dove ci si può recare a fare la "spesa" secondo le proprie esigenze, con una maggiore dignità. Qui a Lecco nessuno muore di fame, le criticità maggiori sono piuttosto quelle legate a lavoro e casa, per cui come Caritas possiamo essere utili solo fino a un certo punto (il dormitorio, per esempio, non può che essere una soluzione temporanea). In questo senso, quindi, stiamo dialogando con le Istituzioni nel tentativo di dare risposte concrete e adeguate a tante domande in sospeso".
"Attualmente abbiamo circa 25 assistiti "fissi", che erano il doppio prima che l'Emporio fosse operativo" ci ha raccontato invece Marco Aldeghi della Caritas di Pescarenico, che ha come referente don Giuseppe Brivio. "Di questi, circa 20 sono persone singole (la metà straniere), gli altri sono nuclei familiari; per tutti loro viene preparato un pacco alimentare con beni di prima necessità, che viene consegnato loro una volta al mese, in alcuni casi direttamente a domicilio e comunque sempre in stretto accordo con il Comune e le altre realtà locali a cui fanno riferimento. Negli ultimi anni, dal nostro punto di vista, i bisogni sono aumentati, in particolare per le persone sole (spesso anziane o disoccupate); la necessità primaria resta sempre quella di generi alimentari, in quanto strettamente legata alla carenza (o assenza) di reddito. Già per il vestiario abbiamo meno richieste, e soprattutto concentrate sulla fascia dell'infanzia".
Tornando ancora per un istante ai risultati del Report, le richieste più diffuse nel campione della Zona Pastorale di Lecco sono proprio quelle per beni alimentari e servizi (59.2%), seguite da quelle di sostegno personale (44.6%), sussidi economici (33.3%) e lavoro (22.6%), per cui in molti casi si procede, come già accennato, chiamando in causa il Comune o altri servizi territoriali ad hoc.
Luciano Gualzetti
"I nostri assistiti sono circa 50-60: abbiamo molte donne e uomini soli, ma anche diverse famiglie, in gran parte straniere con un'alta quota di sudamericani, che si presentano da noi con problemi economici importanti spesso dovuti a un'evidente precarietà lavorativa, che c'è sempre stata ma ultimamente è forse anche più accentuata" ha aggiunto Angelo Corengia della Caritas di Merate. "Noi forniamo loro un aiuto immediato (e costante nel tempo, almeno finchè non raggiungono una certa stabilità) dal punto di vista alimentare, con la consegna di pacchi; per il resto tendiamo a indirizzare tutti in Comune (con il quale di recente abbiamo anche firmato un protocollo per una gestione ancora più condivisa di queste situazioni), il Centro di ascolto decanale o il CAV, che si fa spesso carico anche delle questioni relative alla salute dei più piccoli. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina abbiamo registrato un aumento di donne che sono venute a bussare alla nostra porta, ma in linea generale abbiamo accolto anche molti uomini, senza dunque una particolare distinzione di genere".
Anche il direttore di Caritas ambrosiana, il lecchese Luciano Gualzetti, ha commentato quanto emerso dal Rapporto 2022: "Si sta esacerbando la distanza tra chi può e chi no, un processo che si incunea tra le generazioni sino ad approfondire il solco tra i minori nati in contesti di deprivazione economica e i loro coetanei che vivono in ambienti in grado di offrire maggiori opportunità", la sua riflessione. "Bisogna sapere che compromettere il futuro delle nuove generazioni significa avvelenare il futuro della comunità intera. Così come bisogna preoccuparsi della ormai notevole e crescente presenza, tra i poveri, di tante persone occupate, alcune con contratti regolari, altre precarie, altre sottopagate. Da queste evidenze e queste consapevolezze bisogna partire, se si vuole veramente combattere la povertà, evidenziando anzitutto la necessità di serie politiche di superamento del precariato lavorativo e di definizione di accettabili minimi salariali. E ricordando intanto che uno strumento come il reddito di cittadinanza, senz'altro perfettibile, non va indebolito nella sua struttura universalistica, né depotenziato finanziariamente, se non vogliamo che la lotta alla povertà rimanga uno slogan".
B.P.
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