Lecco: a giudizio per truffa, imputata nega di aver millantato il titolo di commercialista
''Non mi sono mai qualificata come commercialista perchè non lo sono''. E' stata questa in sintesi, la tesi sostenuta stamani in Tribunale a Lecco dalla professionista finita a processo con la duplice accusa - ancora chiaramente tutta da dimostrare - di esercizio abusivo della professione e truffa.
Un fascicolo penale, quello a carico di Nicoletta C., originato dalla denuncia di un imprenditore (costituitosi parte civile nel procedimento) legale rappresentante di tre società, una delle quali al tempo dei fatti in liquidazione volontaria. Quest'ultimo tra il 2018 e il 2020, si sarebbe servito dello studio dell'imputata, ritenendo di aver a che fare con una commercialista da lui incaricata – pur senza la sottoscrizione di uno specifico contratto ma, di fatto, accettando un tariffario per i servizi resi – della tenuta della contabilità, della compilazione degli F24 e delle dichiarazioni ai fini IVA, salvo poi scoprire di essere diventato inadempiente e di essersi affidato ad una professionista che era priva di titoli.
L'allora sostituto procuratore lecchese Paolo Del Grosso (trasferitosi nel frattempo a Torino) aveva dunque delegato alla Guardia di Finanza le indagini sulla vicenda, con il procedimento penale incardinato nel frattempo al cospetto del giudice monocratico Martina Beggio. Dinnanzi a quest'ultima si è accomodata stamani l'imputata che per oltre un'ora ha risposto alle domande postele dalle parti, raccontando la sua ''verità''.
Titolare di un centro di elaborazione dati fondato nel 1993 a Malgrate - all'epoca dei fatti gestito insieme ad un socio commercialista - nel 2011 la donna aveva liquidato la snc per aprire un nuovo studio con sede nel medesimo comune e trasferito qualche anno più tardi a Lecco.
''Mi sono sempre avvalsa della collaborazione di professionisti'' ha precisato la donna, elencando da subito le attività che poteva svolgere in autonomia, essendo priva dell'abilitazione e della laurea e quelle che invece necessitavano i titoli.
Venendo alle accuse mossele più nello specifico, l'imputata ha spiegato di conoscere la famiglia del querelante da molti anni, avendo avuto svariate collaborazioni di natura professionale. Non era partito nel migliore dei modi invece, il rapporto con la parte civile più nello specifico, che le aveva chiesto ausilio per la gestione delle sue società nel 2019. Un incarico che da subito non aveva entusiasmato la donna, tanto da accettarlo dopo diversi mesi dal primo incontro avuto dall'aspirante cliente.
''Dalle visure camerali mi sembravano tutte realtà inattive'' ha affermato in aula l'imputata, spiegando di aver chiesto a più riprese la documentazione necessaria per l'elaborazione dei dati e posto dei quesiti su alcuni pagamenti di F24 effettuati dai conti aziendali, ottenendo spesso risposte tardive. ''Ho preferito interrompere i rapporti già nel 2020 perchè a mio avviso c'erano diverse problematiche''.
Nel ribadire di essere un ''perito aziendale'', senza l'abilitazione di commercialista, la donna ha affermato a più riprese di non aver mai millantato titoli che non possedeva, specificando che gli adempimenti su contabilità e bilanci che effettuava regolarmente nella sua ordinaria attività, non richiedevano l'iscrizione all'albo. In altri casi, per determinate prestazioni, erano i professionisti che collaboravano con lei ad occuparsene.
''In quarant'anni di lavoro non ho mai avuto problemi'' ha poi proseguito l'imputata, spiegando di aver ricevuto dalla parte civile dei bonifici quali acconti per le prestazioni effettuate, poche in verità proprio per i problemi riscontrati nella ricezione dei documenti che le servivano per l'elaborazione dei dati e che lei puntualmente sollecitava alla controparte. A quest'ultima la donna, non avrebbe preparato alcun F24, limitandosi a registrare delle fatture di acquisto/vendita per poi lasciare l'incarico prima degli adempimenti fiscali di cui occuparsi.
Insomma, un quadro molto diverso dalle contestazioni mosse a suo carico dalla Procura sulla base di quanto dichiarato dal denunciante e dalle indagini delle Fiamme Gialle, che dovranno essere provate dall'istruttoria, che dopo l'udienza odierna si avvia ormai alle battute finali.
Un fascicolo penale, quello a carico di Nicoletta C., originato dalla denuncia di un imprenditore (costituitosi parte civile nel procedimento) legale rappresentante di tre società, una delle quali al tempo dei fatti in liquidazione volontaria. Quest'ultimo tra il 2018 e il 2020, si sarebbe servito dello studio dell'imputata, ritenendo di aver a che fare con una commercialista da lui incaricata – pur senza la sottoscrizione di uno specifico contratto ma, di fatto, accettando un tariffario per i servizi resi – della tenuta della contabilità, della compilazione degli F24 e delle dichiarazioni ai fini IVA, salvo poi scoprire di essere diventato inadempiente e di essersi affidato ad una professionista che era priva di titoli.
L'allora sostituto procuratore lecchese Paolo Del Grosso (trasferitosi nel frattempo a Torino) aveva dunque delegato alla Guardia di Finanza le indagini sulla vicenda, con il procedimento penale incardinato nel frattempo al cospetto del giudice monocratico Martina Beggio. Dinnanzi a quest'ultima si è accomodata stamani l'imputata che per oltre un'ora ha risposto alle domande postele dalle parti, raccontando la sua ''verità''.
Titolare di un centro di elaborazione dati fondato nel 1993 a Malgrate - all'epoca dei fatti gestito insieme ad un socio commercialista - nel 2011 la donna aveva liquidato la snc per aprire un nuovo studio con sede nel medesimo comune e trasferito qualche anno più tardi a Lecco.
''Mi sono sempre avvalsa della collaborazione di professionisti'' ha precisato la donna, elencando da subito le attività che poteva svolgere in autonomia, essendo priva dell'abilitazione e della laurea e quelle che invece necessitavano i titoli.
Venendo alle accuse mossele più nello specifico, l'imputata ha spiegato di conoscere la famiglia del querelante da molti anni, avendo avuto svariate collaborazioni di natura professionale. Non era partito nel migliore dei modi invece, il rapporto con la parte civile più nello specifico, che le aveva chiesto ausilio per la gestione delle sue società nel 2019. Un incarico che da subito non aveva entusiasmato la donna, tanto da accettarlo dopo diversi mesi dal primo incontro avuto dall'aspirante cliente.
''Dalle visure camerali mi sembravano tutte realtà inattive'' ha affermato in aula l'imputata, spiegando di aver chiesto a più riprese la documentazione necessaria per l'elaborazione dei dati e posto dei quesiti su alcuni pagamenti di F24 effettuati dai conti aziendali, ottenendo spesso risposte tardive. ''Ho preferito interrompere i rapporti già nel 2020 perchè a mio avviso c'erano diverse problematiche''.
Nel ribadire di essere un ''perito aziendale'', senza l'abilitazione di commercialista, la donna ha affermato a più riprese di non aver mai millantato titoli che non possedeva, specificando che gli adempimenti su contabilità e bilanci che effettuava regolarmente nella sua ordinaria attività, non richiedevano l'iscrizione all'albo. In altri casi, per determinate prestazioni, erano i professionisti che collaboravano con lei ad occuparsene.
''In quarant'anni di lavoro non ho mai avuto problemi'' ha poi proseguito l'imputata, spiegando di aver ricevuto dalla parte civile dei bonifici quali acconti per le prestazioni effettuate, poche in verità proprio per i problemi riscontrati nella ricezione dei documenti che le servivano per l'elaborazione dei dati e che lei puntualmente sollecitava alla controparte. A quest'ultima la donna, non avrebbe preparato alcun F24, limitandosi a registrare delle fatture di acquisto/vendita per poi lasciare l'incarico prima degli adempimenti fiscali di cui occuparsi.
Insomma, un quadro molto diverso dalle contestazioni mosse a suo carico dalla Procura sulla base di quanto dichiarato dal denunciante e dalle indagini delle Fiamme Gialle, che dovranno essere provate dall'istruttoria, che dopo l'udienza odierna si avvia ormai alle battute finali.
G.C.