Voci dal Lecco Pride/2: 'sono transgender, nata transgender'. E sua mamma dal palco, 'ignoranti decidono per i nostri figli'

Mamma Cinzia con G.
Gonnellina in jeans e mini top, con le spalle coperte da lunghi capelli lasciati sciolti. Dopo aver attraversato la città nella mischia della parata, G., 17 anni appena, è salita sul palco del Lecco Pride.  E' stata la sua prima volta ad un appuntamento del genere, da ospite. Al suo fianco mamma Cinzia. Entrambe parlano a braccio. Non corrono, strappano applausi.
“Sono una persona transgender. Le persone transgender nascono transgender” secco l'incipit dell'intervento della prima, tutto incentrato sul proprio vissuto, raccontato con semplicità.
“Io, fin da quando ho memoria, affermavo sempre la mia identità quindi di essere una bambina. Anche con mia mamma dicevo sempre che ero una bambina. Visto che ho un fratello gemello, pensavo che i miei genitori avessero delle preferenze perché lui aveva le cose che gli piacevano (quindi le cose maschili, i vestiti maschili) e invece io no. Io facevo coming out tutti i giorni: la gente si avvicinava e diceva “che bei gemellini” e io la prima cosa che ribattevo era “sono una bambina”. I miei genitori reagivano male. Non capivano perché a ogni presentazione io dovevo affermare la mia identità. Più avanti i miei genitori hanno pensato fossi malata perché ero diventata molto triste, molto depressa. Quando sono entrata alle elementari, avevo preso uno zaino rosa delle Winx perché non mi interessava il giudizio degli altri (e tutt'ora non mi interessa). Avevo voluto questo zaino anche se i miei genitori mi avevano detto sarebbe stato difficile. Entro in classe con lo zaino rosa delle Winx e vengo isolata. Tutti e 5 gli anni sono stata sempre molto sola. Poi alle medie, la pubertà è cominciata prima rispetto alla solita pubertà maschile. E' stato un periodo molto difficile per me. Avevo iniziato a fare la doccia con la luce spenta e a pregare tutte le notti che mi volevo svegliare da bambina, altrimenti non mi volevo svegliare proprio. Dopo poco, all'inizio della seconda media ho fatto il coming out con i miei genitori e per me il mondo si è colorato all'improvviso. Fino a quel momento era molto scuro, pensavo di essere l'unica persona così. Mia mamma si è informata e ha preso un appuntamento in un centro multidisciplinare di Firenze, che è l'unico per le persone in età evolutiva. Poi più avanti mi sono accorta che quello che mi dicevano - "hai un corpo sbagliato" - non era vero. Perché il mio corpo è giusto, sono io che lo devo adattare a me stessa”. La piazza, dinnanzi ad un'affermazione del genere, non ha fatto mancare un caldo battimano.
“Oggi come oggi – ha ammesso però ancora G. - sono comunque una persona molto sola, faccio fatica a fare amicizia.  Ma il fatto di essere transgender non mi crea problemi. Io sono felice, sono fiera di essere transgender perché questo non è un problema, non è una malattia. Oggi come oggi – altra frase forte - vorrei che fossi io a determinare il mio modo di essere e non fosse la società, vorrei fossi io a dire quello che sono”.

“Appena G., dopo 12 anni di solitudine e infelicità, ha fatto coming out mi si è aperto un mondo. Un mondo meraviglioso, bellissimo. Ho cominciato a vedere a colori”. Mamma Cinzia, ha ripetuto, dinnanzi a una piazza arcobaleno, lo stesso concetto espresso poco prima dalla figlia. Ma dal suo punto di vista, chiaramente. “Io sono di una generazione anni '60: avevo una visione della vita, anche se non bigotta, molto limitata. Per me si è aperta una porta, ho cominciato di cercare di capire quello che mia figlia stava vivendo e la cosa meravigliosa è stata che ogni giorno che apprendevo qualcosa, volevo conoscere sempre di più. Per questo incoraggio sempre tutti i genitori a informarsi. Anche perché una volta che siamo informati sulla varianza di genere possiamo difenderci, difendere i nostri figli dagli attacchi che purtroppo ci sono, nella scuola, nella società”.
Conoscenza.  Informazione. Concetti ripetuti a più riprese, microfono alla mano, senza negare le difficoltà affrontate nel tempo.
“Il Governo naturalmente non ci sta aiutando, come mamma sono molto preoccupata. Abbiamo addirittura scuole che non permettono la carriera alias: il nome, il nome di una persona. Penso non faccia male a nessuno chiamare per nome una persona”. Altro applauso. “Un cambio anagrafico è una cosa difficile e faticosa. Obbliga a un percorso psicologico, obbliga a una diagnosi (ma non è una malattia) di disforia di genere, che non esiste più nemmeno come termine. Serve un avvocato, il giudice, soldi e tempo. Penso sia un diritto avere il proprio nome, non c'è bisogno di andare in tribunale”.
Inflessione romagnola e genuinità i punti di forza della signora Cinza che, cuore di mamma in mano, le ha cantate dal palco del Lecco Pride, anche alla scuola, ai medici e in generale alle Istituzioni. “Vivono nell'ignoranza assoluta ma hanno il potere di decidere per sui figli. Non abbiamo nessuna autodeterminazione (…). Sono tantissime le cose che rendono difficile un percorso di affermazione di genere: qualcosa deve cambiare. Purtroppo il vento non è a nostro favore. Vorrei dire al Governo che io ho dato la vita a mia figlia e non permetterò che la sprechi a nascondersi”.
 

Per ascoltare il racconto dalla viva voce di G. e della mamma,
qui sotto il video integrale dei discorsi dal palco del Pride:
 

A.M.
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