Valmadrera: la stagione di Unitre si chiude con un’immersione nella storia dei Gavazzi

“Grazie di essere stati così tanti, così presenti, così attivi. Ci rivediamo a settembre”. È una soddisfatta Rita Bosisio quella che ha preso la parola mercoledì di fronte ad un auditorium strapieno. Un centinaio di persone, infatti, si sono recate al Fatebenefratelli in occasione dell’ultimo incontro di Unitre, l’università della Terza Età promossa dall’assessorato ai servizi sociali del comune di Valmadrera. “Le persone hanno voglia di stare insieme, conoscere e scoprire. Hanno voglia di tornare a vedere dal vivo le cose. Noi coinvolgiamo questa terza età molto attiva accompagnandola alla scoperta di tesori vicini a noi” ha aggiunto la delegata della Giunta a margine della conferenza. “Presentiamo ogni volta argomenti diversi e ognuno è libero di venire o non venire agli incontri. È un progetto a cui tengo tantissimo e non ha alcun costo le casse del comune”.

L'assessore Rita Bosisio

La soddisfazione e l’entusiasmo dell’assessore ai servizi sociali sono più che giustificati dai numeri raggiunti da Unitre quest’anno: dieci incontri, tre conferenze speciali, cinque visite guidate di cui una, quella alla pinacoteca di Brera, che ha avuto un successo così importante che in autunno verrà organizzato un terzo pullman. “Ringrazio tantissimo la professoressa Laura Polo d’Ambrosio, docente del liceo artistico Medardo Rosso di Lecco, per la sua disponibilità. Ringrazio anche Gianni De Magistris per il suo fondamentale aiuto nell’organizzazione di questa rassegna” ha sottolineato Rita Bosisio.
L’ultimo dei dieci incontri, svoltosi per l’appunto mercoledì, è stato un viaggio nel cuore della grandezza industriale del territorio di Valamadrera: casa Gavazzi. A raccontare la storia di quest’antica famiglia di setaioli, tre relatori d’eccezione: Luca Strambio de Castilla, Paolo Strambio de Castilla, entrambi figli di Sandra Gavazzi, e Giuseppe (Peppo) Gavazzi.

“In cima a Via Stoppani c’era l’antica casa Bonacina. A inizio Seicento, non si sa bene quando e come, i Bonacina ottennero la proprietà del piccolo convento che si trovava dove oggi sorge Casa Grande. Questa famiglia, che aveva fatto fortuna con il commercio di cuoio, decade nel corso del Seicento” ha esordito Paolo, ex programmatore informatico in Pirelli. “Tutt’oggi, davanti ad uno degli ingressi della cappella di San Gaetano, è custodita una campana fatta fondere dal vescovo Augusto Bonacina. Quando poi, nel 1663, Agostino Bonacina, all’epoca il proprietario, morì, lasciò in eredità tutti i possedimenti valmadreresi a sua figlia Maddalena, sposata con il marchese milanese Giacinto Orrigoni”. Sarà proprio Maddalena Bonacina a far erigere, nel 1667, l’oratorio di San Gaetano che allora aveva una pianta ottagonale.

Agli inizi dell’Ottocento, inoltre, gli Orrigoni costruiranno uno stabile adibito a filanda, ristrutturato da Giuseppe Bovara a partire dal 1817, ovvero subito dopo l’entrata in scena dei Gavazzi. “Maria Orrigoni, figlia di un’Orrigoni appartenente alla famiglia dei marchesi di Ello, eredita dalla madre l’intera proprietà di Valmadrera. Ella, tuttavia, nel 1803 aveva sposato il conte Confalonieri, noto carbonaro di Milano, e pertanto dei possedimenti valmadreresi non sapeva che farsene” ha proseguito Paolo. “L’intera proprietà fu quindi venduta a Giuseppe e Carlo Gavazzi, provenienti da una famiglia di setaioli di Canzo. Tra le altre cose, la proprietà comprendeva anche la filanda del mulino”. È iniziata così la storia di una famiglia destinata a segnare un’intera epoca non solo per Valmadrera.

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“Quando il Bovara, che proveniva anch’egli da una famiglia di setaioli, costruì il grande filandone, a Valmadrera c’erano già altre strutture di proprietà dei Gavazzi. La prima fu quella dei Butti di Parè passata a Pietro, papà di Giuseppe Antonio, a metà Settecento. Ben presto, il filandone divenne un modello per l’industria del nord - Italia” ha raccontato Luca Strambio de Castilla. Principale artefice della creazione dell’impero Gavazzi fu un altro Pietro, figlio di Giuseppe Antonio, in famiglia conosciuto come “Il Grande”. “I nostri antenati furono grandi innovatori. Dapprima fu lo stesso Pietro ad introdurre diversi espedienti tecnici che consentirono di incrementare notevolmente la produttività delle filande di Valmadrera. Dopodiché, i suoi figli nel 1869 aprirono una tessitura a Desio e la trasportarono fino alla prima metà del Novecento facendole produrre prima ombrelli e poi paracaduti per i militari durante la Prima guerra mondiale” ha sottolineato ancora il signor Luca. Nel 1881, invece, un altro ramo della famiglia fondò a Calolziocorte la più antica impresa Gavazzi tutt’ora esistente.

“In parallelo, i Gavazzi hanno sempre prestato grande attenzione al benessere dei loro operai. Pietro introdusse la prima forma di salario minimo. A tutte le maestranze che lavoravano nelle filande della nostra famiglia, inoltre, veniva insegnato a leggere e scrivere” ha proseguito il figlio di Sandra Gavazzi. Un’attenzione alla comunità testimoniata tutt’oggi sia dalla scuola materna Gavazzi sia dal profondo legame che unisce la famiglia al locale corpo dei vigili del Fuoco. L’ultimo intervento è stato quello di Giuseppe Gavazzi, ex professore di astrofisica alla Bicocca che durante la prima fase della pandemia ha realizzato ben 100 disegni raffiguranti scorci della casa grande. Parte di essi, come ha spiegato lui stesso, sono stati poi venduti e il ricavato è stato versato all’associazione Itaca, impegnata nella cura e nel sostegno delle persone affette da disagio mentale. I tre relatori hanno infine accompagnato i presenti in un giro tra le meraviglie della villa, composta da una ventina di appartamenti. Alcuni dei locali hanno tutt’ora l’aspetto che avevano 150 anni fa.

Percorrendo l’immenso parco, si è poi arrivati all’immenso filandone, dove nei periodi migliori lavoravano 145 persone. Benché la sua attività come Gavazzi sia cessata nel 1928, la struttura è rimasta in attività fino a pochi anni fa, gestita da affituari. Tutt’ora, essa rappresenta un prezioso simbolo di un passato industriale che testimonia l’operosità e la dedizione al lavoro di tutti i cittadini valmadreresi.
A.Bes.
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