8 giugno: la scuola chiude i battenti. Genitori e nonni… buona fortuna!

Giorgio Motta
Ogni anno i soliti rituali, le solite scene, i soliti addii: studenti in tenuta estiva in classe, il congedo dai compagni, il proposito di non oziare per tre mesi, la speranza che l’estate non sia troppo noiosa e riservi anche piacevoli sorprese.
13 settimane lontano dai banchi! La scuola italiana detiene in questo campo il primato europeo: gli studenti vengono congedati all’inizio di giugno con un “Arrivederci a metà settembre”.
Didatticamente un disastro.
Chiunque abbia un po’ di pratica didattica sa quanto è facile dimenticare ciò che si è acquisito con grande fatica se vengono a mancare continuità ed esercizio.
E già risuonano alle mie orecchie le obiezioni di tanti prof: “Ma ci sono i compiti delle vacanze”. “I miei studenti sanno lavorare benissimo autonomamente”. “Ho preparato un calendario di lavoro che terrà impegnati i ragazzi” e così via.
Indubbiamente prof e studenti hanno diritto a ritemprare mente e corpo con una lunga pausa estiva. Lunga ma pur sempre adeguata.
Quello che non va, che è ormai anacronistico, retaggio di tempi passati in cui il calendario scolastico seguiva il ciclo del grano, è il fatto che la scuola, nel 2023, non può chiudere i battenti all’inizio di giugno. Certo ci sono gli esami di 3° Media e l’Esame di Stato (l’ex maturità). Ma gli esami ci sono in tutti i Paesi, in tutte le scuole e convivono con l’attività didattica delle classi non direttamente coinvolte.
Possibile che nessun Ministro non abbia mai seriamente pensato a modificare il calendario scolastico allungando l’attività didattica fino alle fine di giugno?
Possibile che nessun funzionario o dirigente scolastico non si renda conto che gli studenti non possono semplicemente essere parcheggiati a casa, rimandando a genitori e nonni un compito che è della scuola, non delegabile?
Giorgio Motta, ex-docente di Lingua e Civiltà Tedesca - Liceo Manzoni Lecco
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