A giudizio per un presunto pugno all'uomo accusato di violenza da sua figlia: assolto
Anche la seconda vicenda si è chiusa con un'assoluzione, come la prima, ben più grave. E' stato quest'oggi sollevato da ogni responsabilità il milanese finito a processo per lesioni nei confronti di un 53enne a sua volta già giudicato dopo essere stato denunciato per violenza sessuale dalla figlia dell'odierno imputato. Il fatto al vaglio del giudice monocratico Paolo Salvatore, risale al giugno 2020. L'ambientazione è un camping di Colico, dove entrambi gli uomini al tempo avevano una piazzola in affitto. Il meneghino e la moglie – secondo la tesi accusatoria – dopo aver raccolto la “confessione” della figlia, che avrebbe raccontato di aver avuto, tempo prima, proprio lì, un rapporto sessuale non consenziente con il vicino di tenda – avrebbero raggiunto l'uomo imbufaliti, aggredendolo verbalmente. Dalle male parole si sarebbe arrivati anche alle mani: l'imputato avrebbe infatti sferrato un pugno alla controparte, facendolo andare a sbattere contro un elemento portante della veranda. Da qui le supposte lesioni poi refertate in ospedale.
Quattro mesi, la richiesta di condanna avanzata, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, dal viceprocuratore onorario Mattia Mascaro. 4.000 euro il risarcimento danni ipotizzato dall'avvocato Marcello Perillo in favore del suo assistito, già assolto con formula piena dall'accusa di violenza sessuale all'esito di altro processo celebrato al cospetto del collegio giudicante dello stesso tribunale. Chiaro, per la toga lecchese, il movente dell'aggressione patita dal suo cliente. “Incontestabili” poi i certificati medici prodotti a riprova dell'effettivo colpo ricevuto in viso dalla presunta vittima. Confermerebbe il pugno anche il filmato girato dall'imputato con l'intento di dimostrare l'assenza di segni sulle sue mani. “Perché uno deve farsi un video del genere se non ha fatto nulla?” la domanda posta in Aula da Perillo, bollando altresì come contraddittorie, invece, le versioni rese dall'uomo a processo e dalla consorte.
Ha fatto leva sulle più versioni cambiate dal denunciante, di contro, l'avvocato difensore, riconducendo l'accaduto ad un mero confronto verbale, con il 53enne che avrebbe presentato querela in risposta all'accusa di violenza sessuale formulata nei suoi confronti.
Assolto perché il fatto non sussiste il verdetto del giudice.
Quattro mesi, la richiesta di condanna avanzata, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, dal viceprocuratore onorario Mattia Mascaro. 4.000 euro il risarcimento danni ipotizzato dall'avvocato Marcello Perillo in favore del suo assistito, già assolto con formula piena dall'accusa di violenza sessuale all'esito di altro processo celebrato al cospetto del collegio giudicante dello stesso tribunale. Chiaro, per la toga lecchese, il movente dell'aggressione patita dal suo cliente. “Incontestabili” poi i certificati medici prodotti a riprova dell'effettivo colpo ricevuto in viso dalla presunta vittima. Confermerebbe il pugno anche il filmato girato dall'imputato con l'intento di dimostrare l'assenza di segni sulle sue mani. “Perché uno deve farsi un video del genere se non ha fatto nulla?” la domanda posta in Aula da Perillo, bollando altresì come contraddittorie, invece, le versioni rese dall'uomo a processo e dalla consorte.
Ha fatto leva sulle più versioni cambiate dal denunciante, di contro, l'avvocato difensore, riconducendo l'accaduto ad un mero confronto verbale, con il 53enne che avrebbe presentato querela in risposta all'accusa di violenza sessuale formulata nei suoi confronti.
Assolto perché il fatto non sussiste il verdetto del giudice.
A.M.