Anche la 'Brigata Gabbiano' a spalare fango in Romagna. Il racconto

“Bisogna fare qualcosa. È un peccato mortale stare con le mani in mano e non fare niente”. È un racconto molto intenso quello che ci è giunto oggi dalla Comunità Il Gabbiano. Il racconto di un impegno per un mondo più giusto e solidale che si è trasferito per alcuni giorni nel luogo dove c’era più bisogno: la Romagna colpita dall’alluvione.

LA BRIGATA GABBIANO  e una cassetta di mattoni rotti..

19 Maggio 2023
Ancora alluvione ed esondazione in Emilia Romagna.

Mi chiama Massimo: “Paolino, dobbiamo fare qualcosa, chiama e organizza. Partiamo”.
Negli stessi giorni vengo a sapere della volontà dei nostri amici della GKN di Firenze di andare in Romagna.
Chiamo Snupo, instancabile divulgatore, come molti altri, delle vicende della GKN. Mi risponde da Conselice e mi informa che la situazione è critica ma si stanno organizzando per coprire dei turni di volontari per le prossime settimane.
Mi lascia il contatto di Raffaella, Responsabile delle Brigate Solidali Attive di Ravenna, presenti sin da subito dopo la prima alluvione.
Le convergenze aumentano, dal motto: CONVERGERE PER INSORGERE, passiamo al CONVERGERE PER CAVARE FANGO.
Parlo con Raffaella, le spiego chi siamo e quando vorremmo essere lì con loro. Mi dice che devo prima iscrivermi in un portale per l’assicurazione e poi verrò ricontattato.
Non sento nessuno. Richiamo Raffaella, cerco di spiegarmi meglio: “Raffa, guarda che arriviamo con dei ragazzi della nostra Comunità minori e altri ospiti. Come possiamo fare per non dover compilare il format per tutti?
Rimane un attimo spiazzata, non è abituata con i minori, mi fa chiamare dal responsabile delle B.S.A. nazionale e troviamo l’accordo per superare la burocrazia. “Mandami tutti i nominativi che ci pensiamo noi”.
La macchina organizzativa interna alle nostre comunità si muove.
Cominciamo a chiedere chi vuole partecipare. Sono molti gli ospiti che vogliono venire, alcuni non hanno ben capito cosa vogliamo andare a fare ma la volontà c’è, soprattutto in comunità minori.
In un giorno riusciamo a recuperare e a riempire il nostro furgone di attrezzature in parte donate per spalare, tira acqua, pale, carriole ma soprattutto stivali e guanti e tanti viveri in particolare acqua, si perché ci avvertono della sopravvenuta emergenza sanitaria, causata dall’acqua stagnante e dai rifiuti che galleggiano nelle case e nelle strade. È preferibile fare il vaccino dell’antitetanica.
Magistrati, assistenti sociali, famiglie dei nostri ospiti vengono informati e nel giro di un paio di giorni abbiamo tutte le autorizzazioni per partire.

La nostra prima Brigata è di 10 persone: 4 minori, 3 ospiti, un ex ospite adesso aiuto operatore in comunità minori e un volontario, sempre della comunità minori e un operatore. Partiamo per Ravenna, destinazione Centro Sociale Spartaco. Dove potremmo andare se non lì.
Per il nostro progetto sociale, Spartaco è il fulcro della nostra Associazione.  Spartaco diventa così la nostra base, dove mangiare, dormire per poi andare a Conselice.
Il nostro arrivo è stato pieno di stupore e speranza.
Tanti giovani erano già presenti al centro sociale, coordinati da una splendida ragazza di nome Geo.
Dopo una breve formazione, su come ci si deve comportare sul campo, si parte verso la nostra prima missione.  Conselice Via Fabbri, numero di cellulare Loretta.
La situazione che troviamo è desolante, solo da questa mattina si sono potute riaprire alcune abitazioni, ma non tutte.
L’acqua pian piano evapora e ci immergiamo con i nostri stivali nel fango.

Non potevamo immaginare la diversità di colori che il fango può avere; si va dal verde passando dal marrone arrivando al nero puzzolente.
Solo dopo qualche minuto, dove i nostri occhi si abituano all’oscurità di queste case senza luce, i nostri stivali incontrano nuovi colori. Peluche e giocattoli emergono dal fango, fumetti, quaderni di scuola, libri, fotografie, trofei sportivi di molti bambini che non vediamo.  A Conselice non ci sono bambini, ci dicono che sono al sicuro da parenti ed amici. Gli altri sono rifugiati nei palazzetti gestiti dalla Protezione Civile, ma non tutti. Si vedono persone anziane che vagano nelle vie sommerse dal fango e dai rifiuti in cerca d’aiuto per cavare il fango dalle loro abitazioni.

La nostra prima missione è a casa di Loretta, una donna minuta ma con tanta voglia di ricominciare a vivere a casa sua. Con lei c’è Andrea, suo nipote, che dall’isola d’ Elba, dove vive e lavora, è tornato al paese per dare una mano.
La situazione è surreale, il segno dell’acqua sui muri è a un metro e cinquanta centimetri circa. Tutto ciò che era sotto sembra perduto. Come ci hanno insegnato, prima di buttare in strada quello che troviamo nelle abitazioni è meglio chiedere.
Loretta voleva buttare tutto, con le lacrime agli occhi voleva dimenticare tutto.  Ma come fai a dimenticare?
Gli occhi di Loretta sono gonfi di lacrime tanto quanto i mobili di casa sua.
Cominciamo a smontare i mobili per portarli in strada, a fatica riusciamo ad aprire i primi cassetti, ed è li che comincia a scoprirsi l’umanità e l’empatia dei nostri ospiti. Troviamo catenine, fotografie, vecchi libri. Said, ospite della comunità minori, si rivolge con il suo italiano imparato da soli quattro mesi, a Loretta: “Mamma Loretta, non possiamo buttare i libri, dobbiamo salvarli“ .
E’ così che ci si divide, chi cava fango, chi con molta attenzione smonta i mobili sfasciati dall’alluvione ma pieni di ricordi ed emozioni, e chi con cura cerca di recuperare e pulire dal fango tutto quello che è recuperabile.
Vedere la commozione sul viso di Loretta, dopo che abbiamo passato l’idropulitrice sui muri è stato impagabile, quasi solo per questo l’abbiamo ringraziata.   A lei non bastava, in una vecchia credenza in garage, abbiamo trovato delle bottiglie di grappa che suo padre distillava, erano intatte ed ha voluto donarcele. La sera al centro sociale Spartaco abbiamo bevuto alla salute di Loretta e di suo padre.

Tutte le sere al centro ci si trova per fare il report della giornata con gli altri briganti. Più della conta degli interventi fatti ci si racconta le nostre emozioni. Aziz, 15 anni, che ancora fa fatica a riconoscere le sue di emozioni, si è lanciato nel racconto della sua esperienza: “Oggi, forse per la prima volta, mi sento fiero di me stesso”.
La mattina dopo si riparte, abbiamo come brigata Gabbiano tre missioni, tre abitazioni, ma prima dobbiamo passare da Franca a ritirare l’idropulitrice.
Via Puntiroli, 96 (punto di riferimento da Franca)
Via Puntiroli è la via centrale di Conselice, una delle più colpite, lì abita e resiste Franca con la sua famiglia, una famiglia alluvionata. La sua casa è stata una delle prime soccorse dalle brigate con l’aiuto della barca di Lello: dopo aver cavato acqua e fango, Franca l’ha messa a disposizione come base dell’attrezzatura ma soprattutto, tutti giorni dalle 12.00 alle 14.30, puoi passare da lei per mangiare.  Nel retro della sua casa ha attrezzato con tavoli e sedie recuperate nelle cataste in strada una vera e propria mensa all’aperto per 20/30 volontari a turno.
TI siedi e lei con la sua famiglia ti servono al tavolo, meglio che al ristorante.

In mezzo al cortile, quasi di impaccio, c’è una cassetta piena di vecchi mattoni rotti ed anneriti, faccio per prenderli e portarli fuori sulle cataste ma Francesco, un bambino di otto anni mi blocca e mi dice che la Franca non vuole che si butti quella cassetta.
È lì che Franca, mentre impiatta decine di piatti di pasta, inizia a raccontare la storia della sua famiglia.
Franca è figlia e nipote di partigiani, con passione e commozione ci mostra uno dei pochi libri recuperati dal fango che raccontano la storia della sua famiglia e di altri cittadini di Conselice che sono stati alluvionati da un altro fango, quello fascista.  Racconta di suo nonno Dario, ricercato dai fascisti perché antifascista militante e di suo padre, che fino ai cinque anni si è chiamato Fausto ma, dopo che i fascisti ebbero emanato un mandato di cattura per tutta la famiglia Negrini, da quel giorno Fausto venne chiamato Emilio, nome di battaglia  “Milio” fino alla fine dell’alluvione fascista.
Tanti sono i racconti che Milio ha fatto a Franca fin da bambina, di quel periodo. Lei ci tiene a condividerne con noi uno in particolare: “C’è una frase che risuona da sempre nella mia testa, come un ritornello. Bisogna fare qualcosa. È un peccato mortale stare con le mani in mano e non fare niente”. Frase che allora si dicevano suo nonno con altri aspiranti partigiani per contrastare i fascisti. Quella cassetta piena di mattoni rotti e anneriti, è l’unica cosa che le resta della casa di suo papà.  I fascisti bruciavano le case degli antifascisti. Non si può buttare quella cassetta.
Bisognava fare qualcosa allora come bisogna fare qualcosa adesso.
C’è una parola, non solo romagnola, che ci accompagna in questi giorni, brigare.
Brigare significa darsi da fare, non possiamo restare con le mani in mano.
Dopo pranzo tutte le brigate vanno a brigare, la nostra brigata si divide in due abitazioni, via Rossini 8 e via Amendola 19.  Nel frattempo ci raggiuge anche Massimo.
Troviamo delle case appena svuotate dall’acqua, dove i proprietari entrano con noi per la prima volta dal 14 maggio.  La situazione purtroppo è come in tante altre abitazioni.  Chiedere cosa tenere, dir loro di fare le foto di quello che si vuole buttare, cavare e pulire ma prima di tutto ascoltare i loro racconti, le loro paure, cercando dentro di noi parole di conforto che, come spesso accade, vengono prima trovate dalla spontaneità dei nostri ragazzi.
Prima di sgomberare dentro abbiamo pulito un angolo fuori in giardino, dove abbiamo potuto mettere delle sedie pulite e dove ci siamo seduti insieme ai proprietari cercando di ricreare una dimensione domestica.
Potremmo raccontare ancora tante altre situazioni od emozioni provate ma ci saranno altre occasioni di condivisione perché la brigata Gabbiamo non si ferma e ritorneremo presto in Romagna a brigare insieme ai briganti delle Brigate Solidali Attive.
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