In viaggio a tempo indeterminato/285: alla piscina di... Stalin

Sono sempre affascinata dai luoghi che sono collegati a personaggi importanti della storia.
Come se mi aspettassi che quei muri o quelle porte potessero rivelarmi dei segreti o  aiutarmi a capire qualcosa in più di quel genio o di quella follia.
La casa di Foscolo a Zante, mi aveva aperto gli occhi su quanto ognuno di noi conservi per sempre un legame con il luogo in cui è nato. Come se ci fosse un invisibile filo che segna il percorso della nostra vita. Il gomitolo è custodito nella casa della nostra infanzia e piano piano si srotola seguendo un percorso a volte ordinato a volte ingarbugliato e pieno di nodi.
Quello di Foscolo a un certo punto si è sfilacciato, non per sua scelta ma per un esilio forzato, una costrizione che ha messo a dura prova quella matassa aggrovigliata.
E mi immagino che sia stato come sentire tirare quel filo. Uno strappo così forte da lasciare il segno, un segno che Foscolo, essendo poeta, ha tradotto con un bellissimo sonetto dedicato a Zante, il suo gomitolo.

Completamente diverso, invece, quello che ho vissuto in Albania. I bunker di Tirana, infatti, mi avevano permesso di sbirciare nella folle mente di  Hoxha. Quei chilometrici tunnel urlavano a gran voce la paura verso il mondo esterno e la mania di tenere tutto e tutti sotto controllo. Un mix letale che accomuna molti tiranni e dittatori.
Quello della capitale albanese aveva proprio qualunque cosa per sopravvivere per mesi e mesi a un eventuale attacco estero.
Ma il fatto che in tutto il Paese Hoxha avesse fatto costruire più di 150 mila bunker, fa sì che ancora oggi quelle strutture di cemento armato sbuchino nei giardini delle case o sulle spiagge con vista mare.
L'Albania ne è disseminata.

Nei giorni scorsi, invece, siamo stati a visitare un bagno termale. Il pavimento in legno scuro posato a spina di pesce, scricchiolava al nostro incedere lento e curioso.
Piastrelle bianche alle pareti ormai ingiallite dal tempo e finestroni sporchi che filtravano la tenue luce di una giornata uggiosa.
Al centro una vasca quadrata con un mosaico sul fondo. Tanti tasselli colorati che insieme ricreavano l'immagine di pesci, razze e meduse che sembravano disegnate da un bambino poco incline all'arte della pittura.
Quella stanza era lì, al centro di un gigantesco parco termale, il più grande della Georgia e uno dei più importanti dell'Unione sovietica.
Bagni termali e sanatori potevano ospitare fino a 5000 persone che accorrevano qui da tutta la Russia per farsi curare. Le acque qui sgorgano a 35 gradi tutto l'anno e  hanno poteri curativi ma solo se utilizzate entro i primi 3/4 minuti.
Non possono quindi essere imbottigliate o trasportate in altre località. Questo ha fatto si che Tskaltubo diventasse un centro termale molto rinomato fino ai primi anni 60. I pazienti arrivavano persino da Mosca e San Pietroburgo, grazie a dei treni che viaggiavano per giorni e giorni prima di raggiungere la piccola cittadina nel centro dell'attuale Georgia.
Dopo la caduta dell'Urss, però, il destino di queste strutture è decisamente cambiato.

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Oggi il 90% di quei sanatori sono rovine decadenti e affascinanti, testimoni silenziosi di un passato lussuoso e sfarzoso.
Sono i fantasmi di un passato scomodo di cui la Georgia vorrebbe liberarsi.
Ci sono ancora i lampadari con cristalli di vetro appesi a soffitti in legno pieni di macchie di infiltrazioni.
Ci sono i rami degli alberi dove prima c'erano vetrate colorate.
E ci sono scale scricchiolanti dai gradini rotti, dove prima eleganti corrimano conducevano ai piani superiori.
Ma quella stanza, quel bagno termale con il mosaico con i pesci dal dubbio gusto, apparteneva a un personaggio importante per la storia dell'umanità. Stalin, proprio quello Stalin in persona, veniva qui a curarsi in questa piscina.
Il medico gli aveva prescritto delle cure termali per dei problemi alle gambe e il dittatore, di origini georgiane, aveva scelto proprio Tskaltubo come meta per le sue cure.
Prima del suo arrivo, a tempo di record, avevano fatto costruire proprio l'edificio in cui si trova la piscina.
La stanza qui è ancora riscaldata dal calore naturale dell'acqua termale che scorre nei tubi sotto la struttura. Tutto il resto, però, sembra aver subito lo stesso destino degli altri edifici del parco.
L'abbandono e la decadenza si stanno lentamente ma inesorabilmente facendo strada anche in questa stanza che resta l'unica non restaurata all'interno di una moderna spa perfettamente funzionante, dove i marmi e gli specchi sono tirati a lucido.
E vorrei dire che quella vasca mi ha raccontato una storia o svelato qualcosa del personaggio che la utilizzava, ma non è così.
Al massimo mi ha rivelato il suo dubbio gusto nella scelta delle piastrelle del bagno, ma per il resto non posso dire che mi abbia aiutato a capire meglio le sue scelte politiche o mi abbia dato una visione più "intima" di un personaggio che, volenti o nolenti, ha riscritto la storia di questa zona del mondo.
In effetti, non so neanche io cosa mi aspettassi da una semplice vasca.
Angela (e Paolo)
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