Rimuove i fiori dalla lapide di Mussolini, Cecco Bellosi indagato per danneggiamento aggravato

Cecco Bellosi
Rimuovere gli omaggi floreali che nostalgici fascisti appongono ogni anno sulla lapide di Benito Mussolini in occasione dell’anniversario della sua morte parrebbe essere reato. Per tale azione la Procura della Repubblica di Como ha aperto un  fascicolo per l'ipotesi di reato di “danneggiamento aggravato” in capo a Cecco Bellosi, scrittore e da oltre trent’anni coordinatore dell’Associazione Comunità Il Gabbiano, che dal 1983 è attiva in Lombardia e si occupa di tossicodipendenti, persone con problemi di sofferenza psichica, detenuti, minori in difficoltà, malati di Aids.

Bellosi, 75 anni, giovedì 11 maggio, di buon ora, ha subito un’approfondita perquisizione dei Carabinieri in casa propria, che ha portato al sequestro del suo telefono di lavoro e di un taccuino su cui erano riportate delle annotazione con la data del 28 aprile: si trattava di appunti utilizzati per la scrittura del capitolo sul 28 aprile 1945 contenuto nel suo libro “Sotto l’ombra di un bel fiore" (Milieu, 2018), che attraverso i racconti dei due protagonisti, un partigiano e un esule, ripercorre alcuni avvenimenti cruciali della storia italiana che hanno avuto come teatro il territorio del Lago di Como: la guerra partigiana, il tragico epilogo della vicenda di Gianna e Neri, partigiani uccisi da partigiani, la cattura e l'uccisione di Mussolini.

E proprio a questo fatto è legata la vicenda giudiziaria dell’autore che, come lui stesso ha spiegato ad Altreconomia, è indagato dalla procura di Como per aver danneggiato la lapide del dittatore fascista Benito Mussolini la notte del 28 aprile 2023. “Nego nella maniera più assoluta di aver danneggiato la lapide - commenta - Rivendico invece di avere tolto i fiori che erano stati posti da una squadra di fascisti quella notte. Chi mi conosce, sa che sono abituato ad assumermi le responsabilità di quello che faccio. Senza problemi e a viso aperto. Il 28 aprile è una data simbolo e Giulino di Mezzegra è un luogo simbolo: lì è finito il regime fascista dell’epoca, altro è il discorso sul fascismo eterno descritto da Umberto Eco e che si ripropone oggi, con il dittatore travestito da tedesco e i gerarchi in fuga da loro stessi e dalle loro nefandezze. Fermati da 27, ripeto 27, eroici partigiani della Cinquantaduesima Brigata Garibaldi. In quel luogo ci dovrebbero essere le loro fotografie, non quelle di un dittatore giudicato dagli Alleati come il criminale di guerra numero due. Il primo era Adolf Hitler. Quella lapide lì, a Giulino di Mezzegra, è, in sé, apologia di fascismo. Come se a Berlino ci fosse una lapide sul bunker di Hitler. Cosa che i tedeschi si sono ben guardati dal fare o dal lasciar fare. Cosa che invece le istituzioni in Italia hanno sempre concesso, permettendo allo stesso tempo la reiterazione del fascismo eterno. Con i fascisti che ogni anno intervengono con tutti i segni e i gesti dell’apologia del regime, nel silenzio e nell’ignavia della magistratura di Como. Invece di perseguire i fascisti, si mettono alla caccia degli antifascisti. Bene, prendo atto che esiste un nuovo reato: l’antifascismo. Il rovesciamento della storia. O l’adeguamento ai tempi”.

Bellosi, che ha rinunciato all’avvocato d’ufficio e non vuole avvalersi della consulenza di un avvocato di fiducia, consegnerà questa sorta di memoria “difensiva” al sostituto procuratore Simone Pizzotti, insieme ad una copia del suo libro per rimettere ordine quello che ritiene un ribaltamento della storia e del diritto.
M.V.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.