Un migliaio di persone per la Marcia della Pace: 'la risposta alla guerra è un modo diverso di governare il mondo'

Quando la testa del corteo si è fermata per attraversare la strada in prossimità del ponte Kennedy, si potevano vedere distintamente decine di persone ancora sul ponte Vecchio. Un dato oggettivo che la dice lunga su quanto abbia avuto successo la nona edizione della Marcia per la Pace, organizzata dalle oltre sessanta associazioni che hanno aderito alla Tavola lecchese per la pace.

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Circa un migliaio di persone si sono raccolte in un colorato ed animato corteo e hanno percorso i dieci chilometri che separano il ponte della ferrovia di Olginate da piazza Cermenati. Ad attendere la carovana nel cuore del capoluogo c’era il coro gospel “Sol Quair”, diretto dal maestro Giuseppe Caccialanza, il quale ha accolto i presenti sulle note de “Il disertore” di Ivano Fossati.

Mauro Gattinoni. Sotto una delegazione di sindaci alla partenza della Marcia

“Siamo illusi, visionari o nostalgici? No, noi siamo testimoni di pace. Abbiamo a cuore l’umanità e siamo testimoni di pace in ogni centimetro della nostra vita” ha scandito con forza Mauro Gattinoni, il sindaco di Lecco, di fronte a striscioni e bandiere inneggianti alla Pace. “Oggi abbiamo camminato controcorrente rispetto al fiume, in direzione ostinata e contraria come diceva De Andre. Allo stesso modo noi protestiamo contro le sempre più intense politiche di riarmo” ha ribadito Maria Grazia Caglio. Dopo aver ricordato i 75 anni della Costituzione, definita “una delle più belle al mondo”, la presidente del Comitato lecchese per la pace ha letto l’incipit dell’articolo 11: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Maria Grazia Caglio

Giuliano Meazza

Don Marco Tenderini

Davanti al microfono, un gruppo di bambini ascoltava con attenzione quelle parole preziose. Parole che un giorno toccherà a loro custodire e applicare. Il successivo intervento è stato quello di Giuliano Meazza, volontario di “Operazione Colomba” da poco rientrato dall’Ucraina. “Operazione Colomba è un corpo non violento di pace. Noi viviamo con le vittime dei conflitti per testimoniare loro che non sono soli” ha sottolineato il giovane operatore umanitario. Meazza ha poi raccontato ai presenti di quando, durante il mese passato nella zona di Mykolaiv, si è recato assieme ad un gruppo di religiosi a celebrare una messa nella Kherson bombardata dalle truppe russe.






È toccato quindi a don Marco Tenderini chiudere la serie di interventi con la sua proverbiale energia. “Se anche noi decidiamo di non occuparci più della guerra, la guerra non smette certo di occuparsi di noi” ha scandito a gran voce il responsabile della Caritas decanale, nonché cappellano del carcere di Pescarenico. “La guerra ci sta dividendo quando invece avremmo bisogno di lavorare insieme, per esempio contro il cambiamento climatico. Loro continuano a fare la guerra e noi continuiamo a costruire la pace. Vi invito a non cedere all’indifferenza e a non rassegnarvi alla guerra” ha ribadito il prete prima di ricordare le parole di Papa Francesco. “La vera risposta alla guerra non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo”.

Al termine degli applausi, il coro di Giuseppe Caccialanza ha ripreso la scena intonando dapprima “C’era un ragazzo” di Gianni Morandi e poi “Generale” di Francesco De Gregori.

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