Pescate: un parco giochi in Donbass e una rivista, la guerra vista da altra 'prospettiva'

“Se il Governo invia mitraglie e obici, noi portiamo un'altalena e uno scivolo”. Aperitivo di auto-finanziamento ieri sera al Red's Bar di Pescate: una trentina di cittadini – ragazzi in maglia nera ma anche persone più su con gli anni, meno monocolore nel vestire – hanno risposto presente alla chiamata. Promotori dell'appuntamento Assembramento Gr.Ex Lario e Brianza rappresentato dal delegato nazionale del Fronte del Dissenso Claudio De Simini (unico a dare un tocco marcatamente politico al proprio intervento, parlando di un'alternativa per i cittadini, senza un “suggeritore esterno che non fa i nostri interessi” e auspicando “una Europa che va da Lisbona a Vladivostok") e Vento dell'Est, l'associazione – “ma preferiamo la definizione ponte solidarista tra due popoli storicamente uniti” ha precisato Francesco Baj – che, a livello nazionale, sta, per l'appunto, raccogliendo fondi per realizzare, la prossima estate, un parco giochi a Alchevsk, nella regione di Luhans'k, quale segno tangibile di vicinanza in particolare ai bambini, privati di tutto – spesso anche della presenza dei genitori – da un conflitto che in Donbass si protrae ormai da anni.



Inneggiando alla pace. Lo spiega bene il lecchese Marcello Berera: “L'iniziativa è un modo, in un momento di guerra, di dare un segnale. Per riaffermare, innanzitutto, che l'Italia e l'Europa non dovrebbero interrompere i rapporti con la Russia, perché non conviene a nessuno, non è nel nostro interesse nazionale escluderla da qualsiasi iniziativa diplomatica, arrivando a una guerra totale. È soprattutto nell'interesse degli italiani – chiarisce ulteriormente - dimostrare che si vuole mantenere un rapporto di vicinanza, mentre i nostri governi (duro l'affondo, in altro passaggio, a Meloni tacciata di essersi inserita nel solco tracciato da Draghi, ndr.) si sono avvicendati semplicemente nel mandare armi. Il nostro obiettivo, quindi, è quello di inviare un messaggio di pace”.



Berera come si vive (o sopravvive) in Donbass lo ha sperimentato personalmente nei due anni di permanenza – tra il 2018 e il 2020 - in quel fazzoletto di territorio di frontiera che, sottolinea, è in guerra già dal 2014, ben prima dunque della “ri-esplosione del conflitto, nel febbraio del 2022. Siamo noi, "pubblico" italiano, occidentale, europeo, che ci siamo accorti adesso che c'è una guerra in atto, ma in realtà la popolazione civile del luogo è dal 2014 che ne soffre. Nonostante gli accordi di tregua, c'erano quotidianamente - e lo dicevano gli osservatori dell'OSCE - scambi di artiglieria lungo la linea del fronte. Questo conflitto, quindi, c'è sempre stato, non si può dire che l'ha iniziato la Russia un anno fa. La Russia – riconosce l'organizzatore dell'incontro - ha cercato di aggravarla - forse anche di portarla a termine - perché tutte le iniziative diplomatiche e i colloqui di pace precedenti sono tutti falliti, lasciandola con le spalle al muro, quasi costretta ad invadere. Tutto risale però al colpo di stato del 2014 a Kiev, con lo zampino degli Stati Uniti: sui vari profili Twitter, gli ambasciatori si vantavano di organizzare l'opposizione ucraina in vista di un golpe, che c'è stato, è stato violento, non è stato democratico. E da lì, una delle prime proposte di legge del nuovo Governo della capitale, che nessuno aveva votato, è stato vietare la lingua russa. Alla ribellione della popolazione russofona, Kiev ha mandato l'esercito per cercare di reprimere le proteste, scatenando la guerra civile che si poi è sviluppata in un confronto tra Russia e Ucraina recentemente. Ovviamente - aggiunge ancora - le milizie che si erano auto costituite in opposizione a Kiev ricevevano aiuti dalla Russia, che però - ufficialmente - partecipava ai colloqui di pace come intermediario, come garante e non come parte in causa della guerra. Purtroppo dopo la nostra noncuranza di un conflitto che si combatteva a due passi da casa nostra, ora stiamo seguendo e subendo la situazione in tutta la sua drammaticità”.



Alla genesi del conflitto – nel tentativo, è stato detto, di offrire una lettura alternativa a quella mainstreaming – è stato dedicato il numero zero di Zenit, un quaderno (non una rivista non avendo carattere della periodicità) per buona parte made in Lecco, curato da Berera e da altri ragazzi, reso disponibile ai presenti (come pure la traduzione delle poesie di Dar'ja Dugina, la figlia del filosofo, di estrema destra, Aleksandr Gel'evič Dugin, assassinata l'estate scorsa).
“Il nostro obiettivo è quello di raccontare cause e conseguenze di questa guerra, da un punto di vista europeo. Nella narrazione che è stata fatta è ciò che è mancato. Ci hanno raccontato la prospettiva russa, quello ucraina, abbiamo capito qual è quella degli USA e quindi della Nato: è sempre mancato il punto di vista europeo nel giudicare questa guerra che si combatte sul suolo del Vecchio continente (perché che se ne dica, la Russia e i russi non possono essere buttati fuori dalla grande famiglia dei popoli europei" ha proseguito.



E ancora: "Ovvio, non fanno parte delle istituzione come le intendiamo noi ma, per cultura, geografia e anche per complementarietà economica, sono completamente europei). Noi ci siamo accodati, per interessi, spinti dagli Stati Uniti che detengono le redini della Nato - in cui noi purtroppo siamo parte subalterna – e che hanno sempre alimentato questo conflitto, senza cercare di placarlo. C'è stata una debolissima iniziativa diplomatica da parte di Merkel e Hollande nel 2014 ma è tragicamente fallita perché nel frattempo Stati Uniti e Nato rifornivano Kiev di armi. Adesso - a differenza di quando ho vissuto io in Donbass - la situazione si è ribaltata: tutti sanno che c'è una guerra, mentre prima la difficoltà era spiegare che ci fosse. Adesso tutti ne sono consapevoli, abbiamo del resto subito un bombardamento mediatico, ma in realtà la gente non ha capito perché c'è, e soprattutto non si può scadere nel bene e nel male, nei buoni e nei cattivi, perché esistono soltanto nei fumetti. Non si può prescindere dalle ragioni di entrambi i belligeranti”.
A.M.
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