Calolzio: addio Umberto, colleghi e amici per l'ultimo saluto allo 'storico' giornalista

Don Giancarlo ha aperto la sua omelia citando Guccini e quel suo "Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire" per parlare poi del senso dell'esistenza e di dove andare a cercarlo, concatenando, nel tentare di dare una risposta, riflessioni di Ungaretti ("si sta come d'autunno sugli alberi le foglie"), Sant'Agostino e Heidegger per arrivare a scardinare l'assunto "la morte è la malattia mortale che si contrae nascendo" affidandosi all'inversione degli elementi propria del Cristianesimo con Gesù che, affermando "l'uomo è un essere per l'eterno", di fatto "ha tolto il cartello fine per mettere continua. E questo è il cartello che mettiamo su Umberto oggi. E la speranza che ci sorregge". Filacchione avrebbe – forse, da brontolone qual era - apprezzato.

Del resto amava la musica e leggeva tanto (regalando spesso libri, tutti rigorosamente con la dedica o il bigliettino scritti a mano, con la stessa calligrafia illeggibile con cui riempiva il blocchetto degli appunti che teneva sempre nella tasca dalla giacca). Ma l'Arciprete di Calolzio, quest'oggi all'altare, cercando le parole giuste per tributargli l'ultimo saluto, ha sicuramente dimenticato un riferimento al cinema. Umberto una citazione adatta l'avrebbe trovata. Era un cultore di quest'arte. Non disdegnava proprio passare il pomeriggio, magari a Bergamo, a gustare pellicole di nicchia. Come adorava i formaggi, per passare a un piacere decisamente più veniale, ben noto però a chi, tra i tanti presenti quest'oggi nella chiesa parrocchiale della sua Calolzio, lo conosceva bene.

Ha ammesso invece di non aver avuto un rapporto diretto con lui, professionalmente parlando, il sindaco Marco Ghezzi, salito però al microfono in fascia tricolore, per rendere pubblicamente omaggio non tanto e non solo al giornalista ma anche e soprattutto all'uomo impegnato che, nel passato, si è speso in Comune, arrivando a ricoprire la carica di assessore. "L'amministrazione tutta e sono sicuro anche la cittadinanza tutta vi sono vicine in questo difficile momento" ha detto dunque ai famigliari, con la moglie Giuliana in prima fila con Matteo, che del papà ha seguito le orme, come consulente del lavoro e soprattutto come cronista. Perché Umberto – specializzato nella giudiziaria, scritta stando più in corridoio che nelle Aule, riuscendo a far parlare anche i muri tanto del vecchio Palazzo di Giustizia tanto del nuovo - non amava l'etichetta giornalista.

Erano in tanti quest'oggi i colleghi presenti. Non poteva essere altrimenti. A ricordarlo per tutti ci ha pensato Giovanni Attinà, l'unico superstite di quel “mini circolo della stampa” che, per anni, è stato il Mel, con Umberto per l'appunto e Vladimiro Dozio, già "andato avanti" da qualche tempo. Sembra ancora di aver nelle orecchie il loro discutere, di tutto. Di politica innanzitutto. "Mancherai davvero a tutti. Sei stato una grande persona, che non verrà dimenticata”. Così dovrà essere.
Alice
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