Il mondo digitale tra rischi e opportunità: in tanti a Premana per l'incontro con la dott.ssa Fiori

Sala gremita ieri a Premana presso il Cine-Teatro di San Rocco per l’incontro dal titolo "Vivere il mondo digitale: rischi e opportunità", organizzato dalla Scuola dell’infanzia B.P. Berri in collaborazione con la Parrocchia. Relatore della serata la Dott.ssa Valeria Flori, terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva e Direttore didattico del corso di studi in TNPEE dell’Università degli Studi di Milano, impegnata inoltre in numerose attività di ricerca e come collaboratrice di diverse scuole dell’infanzia nella prevenzione di molti disturbi dell’apprendimento tra i bambini. Il primo tema toccato nel corso della presentazione è stato il modo in cui gli strumenti digitali, smartphone in particolare, hanno cambiato in profondità il sistema di apprendere dei più piccoli, a partire dai neonati e per tutta l'età infantile.



"Il click è diventato l'unica modalità per imparare" ha dichiarato Flori, sottolineando che "questo va ad eliminare altre dimensioni molto importanti, quali il movimento (più ampio, in termini letteralmente fisici), la manipolazione e l'imitazione del comportamento degli altri". La Dott.ssa ha proseguito spiegando che "l'immagine e lo schermo "assorbono" e rendono passivi, ostacolando fortemente le altre forme di apprendimento, soprattutto se vengono prima cronologicamente nell'esperienza del bambino".
Questo provoca una serie di impatti che definire "devastanti" non sarebbe poi una grande esagerazione: sulla capacità di sviluppare abilità motorie fini (scrittura e disegno), conseguenze negative sull'interazione (con minore efficacia linguistica e ridotte competenze sociali), ripercussioni sul processo di creazione del legame con la figura parentale (fatto, questo, aggravato dalla cattiva abitudine degli stessi genitori di utilizzare lo smartphone proprio in quei momenti fondamentali perché il bambino formi la sua identità), infine, gravi ricadute sulle abilità creative e i processi metacognitivi (qualsiasi momento vuoto viene riempito con l’utilizzo dello smartphone, andando così ad eliminare aspetti come la contemplazione, la solitudine, il silenzio, il gioco, l’osservazione, fondamentali nello sviluppo intellettivo dell’età infantile).
Grandi sono tuttavia anche i problemi legati all'uso (e abuso) del digitale in età adolescenziale e talvolta anche adulta. "Si inizia a servirsi dello smartphone in maniera continuativa solitamente verso gli undici anni, all'inizio delle scuole medie. Il cellulare è il classico regalo per la Cresima" afferma la Dott.ssa Flori. Il fatto è che, prosegue, "da quel momento si rischia di perdere il controllo. Guardiamo la nostra società di oggi: siamo tutti costantemente sui social, c’è, soprattutto tra gli adolescenti, una necessità incessante di condividere”. Il tempo passato ogni giorno davanti allo schermo è un qualcosa di allucinante, se ci si ferma per un momento a riflettere: negli adolescenti, la media giornaliera è di sette ore al giorno, più di quelle "donate" al sonno.



Un uso così sfrenato e suscettibile di sfuggire completamente ad ogni tipo di controllo (cadendo in una vera e propria dipendenza, non diversa da quella da sostanze stupefacenti) può causare difficoltà motorie, disturbi della vista, dell'udito e del sonno legati agli effetti della luce blu, mentre non vanno dimenticati nemmeno i rischi collegati alle radiazioni elettromagnetiche, che si sono dimostrate potenzialmente cancerogene (le statistiche parlano di un aumento di tumori al cervello, al nervo acustico e a quelli dei muscoli facciali).
I genitori cercano di imporre (e sempre più spesso di imporsi, ma questa è un'altra storia) ai figli regole e condizioni di utilizzo dello smartphone - talvolta siglando delle specie di "contratti" - che frequentemente vanno al di là del solo limite di tempo. Tuttavia, soprattutto per quanto riguarda i contenuti che vanno a visualizzare, i ragazzi (ma anche, e questo fa riflettere, i bimbi molto piccoli) sanno evadere con straordinaria destrezza la sorveglianza parentale. "Sono dei veri e propri esperti, e tali li dobbiamo considerare, regolandoci di conseguenza" ha sottolineato Flori, che ha poi introdotto un altro fondamentale aspetto: "passare così tanto tempo sui social significa anche costruire buona parte della propria identità dentro quel mondo virtuale".
Con delle ricadute di grande importanza. In primo luogo, un modo simile di "creare il sé" provoca l'insorgere di una serie di difficoltà nell’adolescenza perché nascono delle personalità totalmente basate sul feedback sociale della rete, in una parola sui like e sul loro numero, che diventano il riconoscimento da parte degli altri del nostro “essere bravi o meno”. Questo può generare ansia e depressione precoci, non a caso tragicamente diffuse nella fascia dodici-diciassette anni. Sui social, ma nel complesso in rete, la generazione dei millennial, dei nativi digitali, mostra poi una grave e fatale mancanza di spirito critico. "Gli stessi universitari denotano talvolta nei loro lavori - racconta Flori - la totale incapacità di selezionare le fonti di informazione".


La terza grande conseguenza di un'identità sempre più digital-based (o digital-born) è invece un monito ai genitori, i quali non possono vivere completamente fuori da quell'universo, ma devono al contrario dare ad esso valore, entrarci, capirlo, forse diventare "più bravi dei figli". Devono mostrare interesse nei confronti degli adolescenti e del loro mondo, per poter arrivare a stabilire degli accordi. "Come non si dà una Ferrari in mano a qualcuno senza avergli insegnato a guidare e senza aver stabilito delle regole, allo stesso modo non si può lasciare a qualcuno uno smartphone senza prima averlo responsabilizzato" ha ribadito Flori.
La pena di non agire per tempo sarà l'abuso (addiction), che nella maggioranza dei casi si accompagna alla consapevolezza di essere dipendenti. In fondo, il modo in cui è organizzato uno smartphone e in generale uno schermo, con i "grandi pallini rossi" delle notifiche, è pensato per attrarre, prima, e assuefare, poi.
Non manca tuttavia qualche lato positivo. "I nativi digitali sanno comprendere nell'immediato il funzionamento di moltissimi dispositivi, sono veloci e multitasking" ha sottolineato la Dott.ssa. Anche se fare tante cose insieme significa necessariamente dedicare poca cura ad ognuna di esse: frequentissimi dunque, tra le fasce giovanili, disturbi dell'attenzione, stress e forte calo della produttività. A questi vanno aggiunti poi i problemi sul piano sociale, legati (anche) alla modalità asincrona di comunicazione che "i messaggini" rappresentano. "Uno scambio di sensazioni a distanza e in momenti diversi rende sostanzialmente incapaci di comprendere le emozioni - tanto le nostre quanto quelle degli altri - le quali sono ormai veicolate in buona parte attraverso la rete" ha spiegato ancora Flori.



Il primo e decisivo passo è quello della consapevolezza tanto dei rischi quanto delle opportunità che lo sviluppo digitale - incarnato soprattutto in quell’aggeggio che ogni giorno abbiamo in mano e che si chiama smartphone – ha messo in campo. I manager della Silicon Valley - da Bill Gates a Steve Jobs - impongono forti limiti e divieti ai propri figli nell'utilizzo di quell'insieme di strumenti e sistemi che loro stessi hanno creato. E questo perché loro conoscono ciò a cui hanno dato vita, tanto nelle sue opportunità quanto (e ancor di più) nei suoi rischi.
Conoscere, comprendere e agire di conseguenza, con l'obiettivo di saper trarre dei vantaggi da questi strumenti, di saperli usare invece di farsi usare da essi. Con cinque diktat che riassumono un po’ il contenuto dell’intera presentazione: non demonizzare il mezzo, ma il suo utilizzo; non vietare, ma dosare; elaborare delle regole di tempo, luoghi e contenuti; dare per primi il buon esempio ai propri figli; accompagnare e insegnare con il dialogo.
A.Te.
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