Lecco celebra il 25 aprile: ''istruzione, salute, lavoro, pace e libertà siano diritti e non privilegi"

Un caldo sole primaverile questa mattina ha accompagnato il fiume di persone che sono scese in piazza a Lecco per festeggiare il 25 aprile. Dopo la tradizionale messa nel santuario della Vittoria, celebrata da monsignor Maurizio Rolla, il corteo guidato dal corpo musicale "Alessandro Manzoni" ha attraversato viale Costituzione, piazza Garibaldi, via Cavour, via Volta per raggiungere il monumento ai Caduti della Lotta di Liberazione in largo Montenero per la tradizionale deposizione delle corone d'alloro al suono del "Silenzio", fino a raggiungere la piazza del municipio.

Le autorità sfilano per le strade lecchesi prima di portarsi a Palazzo Bovara

È a Palazzo Bovara che si è svolta la cerimonia con i discorsi delle istituzioni, preceduti come ogni anno dalla lettura del Decreto con il qual il 19 settembre 1974 l'allora presidente della Repubblica Giovanni Leone conferì alla città di Lecco la medaglia d'argento al valor militare per la lotta di Resistenza portata avanti dall'8 settembre 1943 all'aprile 1945.
Proprio da qui, dopo i ringraziamenti di rito, ha voluto partire il sindaco Mauro Gattinoni, ricordando che "la medaglia d'argento risplende da allora con orgoglio sul gonfalone cittadino" per ricordare che Lecco è stata in "prima linea nella lotta partigiana, con gli scioperi delle tute blu del marzo '44, con le reti di supporto rappresentate dalle sorelle Villa e da don Ticozzi, con le decine di cittadini impegnati. Tutti i i luoghi della nostra città ricordano la Resistenza e ricordano che Lecco sa da che parte stare ogni giorno dal 25 aprile 1945". Facendo riferimento al dibattito politico, Gattinoni ha sottolineato che alcune delle "recenti asserzioni rappresentano un pericoloso germe per la democrazia, uno schiaffo alla memoria di ci ha combattuto e un'offesa per le vittime. Il fascismo nega le differenze come ricchezza e stigmatizza il diverso come nemico, da qui le leggi razziali, la deportazione e la eliminazione di tanti cittadini". Per questo, ha detto ancora il sindaco, "abbiamo il dovere infaticabile di indagine e denuncia, per decifrare e condannare ogni segnale di violenza e totalitarismo".

Mauro Gattinoni, sindaco di Lecco

Su queste parole il pensiero è corso all'Ucraina ma anche ai quotidiani naufragi nel Mediterraneo, alla condizione delle ragazze iraniane, all'esodo degli afghani e al disastro umanitario che si sta consumando in Sudan: "Tutti segnali di una umanità tradita, su cui la politica fa discorsi universali ma deve saper anche trarre delle conseguenze pratiche. Non sono questioni che si possono bollare come emergenze per decreto, la strada è quella della inclusione attraverso il lavoro e attraverso il riconoscimento della cittadinanza a quei bambini che italiani lo sono di fatto".

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A rappresentare la Provincia di Lecco il vicepresidente Mattia Micheli che ha specificato come il 25 aprile sia la "festa degli italiani che amano un'Italia libera, indipendente e democratica, fondata sul lavoro e sull'uguaglianza di diritti e doveri" e che le "conquiste civili e politiche, lo sviluppo vissuto dal Paese nel dopoguerra sono stati resi possibili da tutti coloro che hanno combattuto e a cui va la nostra riconoscenza". Per questo, ha aggiunto Micheli, "la memoria del sacrificio e delle lotte devono rappresentare un monito per tutti noi e per le nuove amministrazioni. Come amministratori pubblici abbiamo il dovere di difendere e tutelare l'eredità ricevuta e promuoverne i valori nella quotidianità del nostro operato".

Mattia Micheli, vicepresidente della Provincia di Lecco

È tornato invece all'Ucraina il prefetto Sergio Pomponio che nel suo intervento ha riflettuto su come, in questa stessa occasione, un anno fa tutti ponessero l'accento sulla necessità di lavorare per la pace ma come dopo un anno le cose siano peggiorate: "Il 25 aprile si confronta quello che accade con i valori eterni della Resistenza. L'attualità della festa della Liberazione tende a prevalere sulla ricostruzione storica e questa è la sua forza, la capacità di ragionare su temi diversi e su che cosa rimane nella nostra cultura. Pertini, nel suo discorso, disse che non c'è liberazione senza giustizia e non c'è giustizia senza giustizia sociale e io dico che la giustizia sociale va ricercata e promossa in ciascun territorio, senza bisogno di andare in Sudan e in Afghanistan, questa è la vera sfida della Resistenza oggi. Il valore che ci è stato consegnato non è eterno e per questo dobbiamo essere capaci di fa fronte con attenzione reale ai bisogni dei più fragili dei nostri territori, dai profughi alle periferie".

Sergio Pomponio, prefetto di Lecco

Anche il presidente dell'Anpi provinciale Enrico Avagnina, dopo le note di "Soffia il vento", è ripartito dalla medaglia d'argento conferita alla città di Lecco "per il contributo delle sue genti" per ricordare quali resistenze contribuirono alla sconfitta del nazifascismo: i combattenti delle forze armate italiane che dopo l'8 settembre del 1943 in patria e all'esterno non si arresero alle forze tedesche e pagarono un grande sacrifico di sangue, i 600mila militari italiani trasferiti nei campi di concentramento in Germania che rifiutarono la libertà pur di non combattere a fianco del nazifascismo, i militari italiani dell'Esercito di liberazione del Sud a fianco degli Alleati, i militari sbandati e i giovani che a migliaia rifiutarono il reclutamento nelle forze fasciste e si unirono ai partigiani; ma anche i 50mila civili italiani deportati nei campi nazisti che per la maggior parte ci lasciarono la vita - tra cui i quattro lecchesi fucilati a Fossoli -, e tutta la società civile e antifascista che ha rappresentato la "Resistenza diffusa": le donne che combatterono con armi e affrontarono la pericolosa attività di staffette e soccorritrici, preti, medici, ferrovieri, che costituirono delle reti spontanee a supporto dei partigiani.

Enrico Avagnina di Anpi

E poi, ha detto Avagnina, c'è anche la Resistenza degli operai lecchesi che il 7 marzo del 1944 scioperano per il pane e per la pace scontando il prezzo altissimo del campo di prigionia da cui in 19 non fecero ritorno. Infine la Resistenza armata contro l'imponente apparato bellico tedesco e le forze della Repubblica di Salò. "Lo stesso Pertini ricordava come la matrice della Resistenza risalisse all'antifascismo degli anni Venti, di cui oggi, a ottant'anni dal 1943, vogliamo ricordare due importanti rappresentanti lecchesi, Gaetano Invernizzi e Francesca Vera Ciceri: entrambi operai comunisti antifascisti, per questo incarcerati dal regime ma pronti, appena tornati liberi, a dar vita alla prima banda partigiana ai piani d'Erna dal 9 settembre 1943, la cui presenza suscitò l'immediata reazione dell'esercito tedesco che attaccò in forze la banda Pisacane fino al 17 ottobre 1943, uno dei primi scontri armati tra esercito tedesco e formazioni partigiane nel Nord Italia".

Passando all'attualità, il presidente Avagnina ha spiegato che "l'Anpi non è e non sarà mai un partito ma valuta i governi e le forze politiche dalla loro capacità di attuare la Costituzione che è patrimonio di tutti e non oggetto di contesa politica finalizzata a stravolgerne i principi come potrebbe accadere con l'approvazione della autonomia differenziata o con le varie proposte di presidenzialismo. Oggi esprimiamo preoccupazione per gli interventi di alcuni rappresentanti delle istituzioni apparsi inopportuni e divisivi sui temi dell'antifascismo e della Resistenza: assistiamo a un sempre presente fastidio nei confronti di chi parla di fascismo e si rivendica la cosiddetta pacificazione, intesa come assoluzione del regime fascista. Ma la pacificazione è già stata fatta con generosità alla fine della guerra con l'amnistia. Grazie alla democrazia derivata dalla Resistenza gli eredi del fascismo hanno potuto organizzarsi, partecipare alle elezioni, entrare in Parlamento e raggiungere i vertici dello Stato''.

''Non c'è stata nessuna discriminazione, la democrazia è stata coerente con i propri valori e ha lasciato a tutti la libertà politica che il fascismo aveva perso. Quello che oggi si vuole è che si dimentichi e si metta tutto sullo stesso piano, confondendo vittime e carnefici, con un uso pubblico della storia finalizzato a negare il valore fondante della Resistenza. Perché il 2 giugno è importante ma bisogna ricordare che la Repubblica nasce quando il fascismo è stato sconfitto, il Primo maggio è altrettanto importante perché è la festa lavoratori che durante il fascismo non si poteva festeggiare, le prime elezioni libere del 18 aprile 1948 hanno segnato uno spartiacque politico, libertà che il regime fascista aveva cancellato e che invece la Costituzione nata dalla Resistenza considera fondamentale. In questo 2023 altri valori delle Resistenza vediamo messi in discussione''.

''L'Anpi ha fortemente condannato l'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia ma la condanna va accompagnata da un forte impegno nel costruire la pace, un compito della Repubblica codificato dalla Costituzione nell'articolo 11 che ci è stato consegnato. Un'agenda di pace imperniata su tre passaggi: soccorrere, negoziare, disarmare. Un'agenda da proporre all'Europa, quella stessa Europa che è nata sul principio che tutte le vite contano ma che rimane inoperosa di fronte all'umanità abbandonata che muore lungo i nostro confini destinata a non godere dei principi di cittadinanza, lungo la quale si costruiscono muri. E se la Resistenza e la Costituzione sono il risultato di una preziosa e ampia partecipazione, oggi siamo preoccupati per quei 16 milioni di donne, uomini e giovani che hanno deciso di non partecipare alle ultime elezioni. A loro rivolgiamo la nostra attenzione, continuando il nostro impegno a diffondere i valori della Costituzione per far rivivere la speranza in un mondo migliore, in cui istruzione, salute, lavoro, pace e libertà siano diritti e non privilegi. Così oggi possiamo onorare la nostra Liberazione dal fascismo e offrire al mondo la parte migliore della nostra storia civile".

M.V.
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