Calolzio: per il 25 aprile Spazio Condiviso ospita l’ultimo lavoro di Nicoletta Bourbaki

"Oggi la parola approfondimento è usata molto poco. Questo libro insegna ad approfondire con senso critico". Parole amare, levatesi dal pubblico presente l'altra sera al circolo Arci - Spazio Condiviso di Calolziocorte. Parole che hanno suscitato un altrettanto amaro sorriso sul volto di Benedetta, ricercatrice romana membro del collettivo Nicoletta Bourbaki. Nato nel 2012 durante una discussione su Giap, il blog di Wu Ming, questo gruppo si occupa di contrastare il revisionismo storiografico in rete.

Benedetta, ricercatrice romana membro del collettivo Nicoletta Bourbaki ed Edoardo Magni

"Ora siamo una trentina ma abbiamo provato ad essere anche cinquanta. È un gruppo di lavoro molto eterogeneo, ognuno è specializzato in discipline diverse" ha raccontato Benedetta, giunta a Calolziocorte per presentare "La morte, la fanciulla e l'orco rosso", pubblicato nell'ottobre 2022 per edizionialegre.
L'evento, lo ricordiamo, si inseriva nella nuova edizione della rassegna "Di sana pianta". "L'obiettivo della rassegna, organizzata da alcuni anni nel territorio di Lecco, è portare gli spettatori a ragionare nuovamente su alcuni aspetti della Resistenza e della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo" ha spiegato Edoardo Magni, uno degli organizzatori del ciclo di eventi nonché moderatore della serata.

Di tanti aspetti della Resistenza si è occupato anche il collettivo Nicoletta Bourbaki prima di arrivare a pubblicare il suo ultimo libro. "Dopo una prima fase in cui abbiamo lavorato sulla vicenda delle Foibe e dell'esodo giuliano - dalmata, ci siamo concentrati sulle molteplici narrazioni antipartigiane e anti-resistenziali che circolano in rete" ha spiegato Benedetta.
Ben presto, l'occhio attento dei ricercatori di Nicoletta Bourbaki ha individuato lo schema nascosto dietro queste dinamiche. "Quasi tutte le storie che abbiamo incontrato riguardavano morti di donne, giovani, o donne molto giovani attribuite ai partigiani. Spesso erano morti violente, come quella di Jolanda Crivelli o quella di Giuseppina Ghersi, su cui si concentra il libro" ha proseguito la giovane studiosa. "I blog di estrema destra descrivevano quelle vicende come gli "episodi significativi che la sinistra vuole nascondere" quando in realtà erano esempi di microstoria sconosciuti ai più. Progressivamente tali narrazioni si diffondevano fino ad arrivare ai quotidiani nazionali".

Il libro oggetto della presentazione racconta un'operazione di "debunking" svolta dai ricercatori su uno di questi racconti. "Nel settembre 2017 abbiamo intercettato la storia di Giuseppina Ghersi, raccontata in poche righe sul Corriere della Sera perché l'amministrazione di centrodestra di Noli, in provincia di Savona, aveva proposto di inserire una targa dedicata a questa ragazza nella piazza intitolata ai fratelli Rosselli" ha spiegato Benedetta.

Benedetta Ghersi aveva solo 13 anni quando, secondo la storia in questione, fu stuprata e uccisa dai partigiani davanti ai suoi genitori perché aveva vinto un concorso letterario dedicato a Mussolini. Un omicidio brutale ed efferato per il quale nessuno avrebbe mai pagato. "A corredo di questo racconto sui blog di destra circolava una foto dell'epoca che raffigurava una giovane donna con una M dipinta in fronte subito dopo il suo arresto da parte di alcuni uomini armati in borghese. Proprio dalla foto siamo partiti nel tentativo di approfondire l'origine di questo racconto" ha raccontato Benedetta. "Abbiamo appurato che quello scatto in realtà non raffigura Giuseppina Ghersi ed è stato realizzato a Milano. Varie fonti dimostravano che Giuseppina Ghersi era una spia fascista mentre non c'è alcun elemento che supportavano la tesi per cui la ragazza fosse stata violentata". Negli anni successivi, ha proseguito la ricercatrice, per quell'omicidio si aprì un processo, in cui furono imputati alcuni partigiani savonesi, poi terminato con l'amnistia Togliatti.

"Negli atti di quel processo non si trova alcun cenno alle violenze descritte nella pubblicistica fascista. Tale meccanismo è il medesimo applicato dalla destra con la vicenda di Jolanda Crivelli, una storia inventata completamente allo scopo di infamare la resistenza partigiana" ha aggiunto Benedetta. "Si diffondono racconti di violenze che non sono supportati da alcune fonti reali, che siano foto o racconti di persone che conoscevano la vittima di tali aggressioni. È interessante anche notare come nelle prime narrazioni antipartigiane sviluppatesi dopo la guerra l'elemento dello stupro non c'era. Esso è emerso negli anni Novanta". Eppure, smontare queste narrazioni non è sufficiente. "March Bloch diceva: "Perché l'errore di un testimone divenga quello di molti uomini, perché una cattiva osservazione si trasformi in una voce falsa, occorre anche che lo stato della società favorisca questa diffusione". Noi possiamo intervenire sullo stato società affinché storie come questa non si diffondano" ha concluso Benedetta. "Abbiamo condotto ricerche sul caso di Giuseppina Ghersi per cinque anni. Al di là della storia in sé, ciò che conta è il meccanismo che sta alla base della diffusione di queste storie. Con questo libro volevamo mostrare tale dinamica".
A.Bes.
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