In viaggio a tempo indeterminato/278: chi ci capisce...

Per il 90% del nostro viaggio, io e Paolo abbiamo sempre parlato liberamente tra noi in italiano con la convinzione che nessuno ci avrebbe capito.
"A me non piace!"
"Secondo me ci sta prendendo in giro"
"Ma questo cosa vuole esattamente?"
Abbiamo sempre detto praticamente qualunque cosa ci passasse per la mente, sapendo che le altre persone presenti non avrebbe capito.
È una specie di superpotere e forse l'unico vantaggio di avere come madrelingua un'idioma che, fuori dai confini nazionali, non parla praticamente nessuno.
Aiuta nelle contrattazioni, a capirci in un attimo, a uscire da situazioni scomode e spiacevoli. Una sorta di codice tutto nostro... e degli altri 68 milioni che parlano italiano!
È un po' come quando da bambini si scriveva con l'alfabeto farfallino, riempiendo di "f" qualunque parola, per evitare che l'adulto di turno capisse.
Ecco, parlare italiano in un Paese dove la maggior parte delle persone parlano hindi o turco o farsi, ha proprio la stessa funzione.
La situazione si fa un po' più complicata in Nazioni come il Messico o il Guatemala perché lo spagnolo ha molti vocaboli davvero simili all'italiano. In quei casi, però, a venirci in aiuto, l'uso di modi di dire o forme dialettali delle parole.

La differenza linguistica, la più grande barriera quando si viaggia, ha sicuramente moltissimi svantaggi. Rende molto complicato "andare oltre" e affrontare argomenti più profondi. L'inglese, in molti Paesi, sono in pochi a parlarlo e spesso il livello di conoscenza della lingua non permette di approfondire. E poi, parliamoci chiaro, certi concetti sono complicati nella propria lingua madre, figuriamoci esprimerli in una gergo che si usa solo saltuariamente.
Per questo, se mai trovassi una lampada magica, al genio chiederei di farmi parlare tutte le lingue del mondo. Sarebbe bellissimo poter conoscere la storia della signora che vende la verdura al mercato, oppure capire di cosa parlano i signori che giocano a carte sulle panchine o, ancora, ridere insieme a dei bambini che giocano a palla.
Ma, dato che del genio della lampada non sembra esserci traccia, torniamo all'unico vantaggio della differenza linguistica, cioè la possibilità per me e Paolo di parlare liberamente senza essere capiti.
Ha sempre funzionato quasi perfettamente e pensavamo sarebbe stato lo stesso in Sri Lanka.
Ci sbagliavamo.

VIDEO:


"Ragazzi siete italiani?" ci chiede un signore  sull'autobus che dall'aeroporto ci sta portando verso la prima tappa del nostro viaggio. Avrà una decina di anni più di noi, sorriso smagliante e modi gentili. Rimaniamo stupiti dal sentirlo parlare la nostra lingua e così decidiamo di indagare. "Parli italiano?" chiediamo curiosi.
"Sì, ho vissuto 12 anni a Siena. Lavoravo lì e sono rientrato in Sri Lanka qualche anno fa."
"Ma dai, ma che bello! Raccontaci un po' cosa facevi!"
"Scusate ragazzi, questa è la mia fermata e devo scendere. Buon viaggio nel mio Paese!" e scompare così rapidamente da farmi pensare di essermi immaginata tutto.
"Che bella coincidenza!" dico a Paolo, pensando di aver appena incontrato l'unico abitante dello Sri Lanka parlante italiano.
Credevo fosse un caso isolato, un'eccezione, ma mi sono bastati pochi giorni per rendermi conto che i singalesi che conoscono la nostra lingua sono davvero moltissimi.
Fernando, il ragazzo che in primavera ed estate fa il cameriere a Capri per poi tornare a Colombo in inverno. Sentirlo raccontare la sua storia con un forte accento napoletano e  vederlo gesticolare mi ha fatto sorridere.
Johnny che ha lavorato per 15 anni in una ditta di costruzioni a Milano e che ora noleggia motorini sulla spiaggia di Negombo. "Sono tornato qui perché mi mancava la mia famiglia e anche il mare. Ma l'Italia anche è bellissima!"
Susy che è a Hikkaduwa in vacanza ma studia a Roma da 3 anni. "Come ti trovi in Italia?"
"Benissimo, mi piace tanto vivere lì!"
E poi ci sono le molte persone che ci hanno fermato per dirci che avevano un cugino, un amico o un parente che vive in Italia da molti anni.
Non ci era mai successo prima di ritrovarci in un Paese così distante geograficamente dal nostro ma, allo stesso tempo, con così tanti legami.

Sono circa 115.000 i singalesi che oggi vivono stabilmente in Italia e la maggior parte si trovano in Lombardia, Campania, Veneto e Sicilia.
La migrazione verso il nostro Paese iniziò negli anni '70 quando molte donne, principalmente cattoliche, vennero impiegate come lavoratrici domestiche.
La decisione di venire proprio nel nostro Paese era legata alle maggiori possibilità di ingresso rispetto ad altri Stati occidentali.
L'Italia, spesso, era un ripiego dopo che altri Paesi avevano rigettato le richieste di entrata dei migranti.
Negli anni '80 e '90 il flusso migratorio crebbe molto e il numero di uomini e donne singalesi presenti nel nostro Paese si equiparò.
Oggi la maggior parte degli immigrati srilankesi è di giovane età ed è occupata prevalentemente nel settore dei servizi alla persona, alberghieri e della ristorazione.
È stata una bellissima scoperta per noi che, sinceramente, non ricordiamo di aver mai incontrato una persona dello Sri Lanka mentre vivevamo in Italia.
E per un attimo mi sono immaginata come potrebbe essere un mondo dove ognuno di noi ha la possibilità di vivere dove preferisce.
Un mondo dove chiunque, indipendentemente dal passaporto che possiede, può scegliere di studiare in Italia, lavorare qualche anno negli Usa o in Giappone, crescere i suoi figli in Australia o in Sud Africa. Senza visti o restrizioni.
Un mondo libero davvero, per tutti. Quanto sarebbe bello?

Geniooo?? Genio della lampadaaa?? Dove sei?? Mi sa che ho appena trovato il primo desiderio che voglio esprimere!
Angela (e Paolo)
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