SCAFFALE LECCHESE/146: con Massimo Gozzi alla (ri)scoperta de I Battelli del Lario

Più che rondini o fioriture, sono le polemiche sui battelli ad annunciare l’arrivo della primavera sulle nostre rive. Per un motivo e per l’altro, ci dilettano puntualmente ogni anno. Questa volta, tra sconti per residenti e rivendicazioni pescatesi, alla vigilia dei queste festività pasquali che dovrebbero favorire le crociere sul lago, nonostante il non incoraggiante freddo tardivo.
A proposito di navigazione lariana c’è un libro uscito nel 1995 da Mondadori: “I battelli del Lario”. Che sarebbe tra l’altro un vero e proprio catalogo dei piroscafi che hanno solcato le acque del nostro lago nell’arco di due secoli. A curarlo Massimo Gozzi, ingegnere milanese con passioni nautiche. E che, «nell’arco di tre anni, ha pazientemente raccolto una gran folla di notizie tecniche, di documenti, di informazioni storiche, di curiosità e di immagini, tali da soddisfare l’attesa anche del lettore più esigente». Così si legge nella presentazione scritta da Gianfranco Miglio, lo studioso comasco scomparso nel 2001 e che fu anche politologo e per qualche anno senatore e ideologo della Lega lombarda di Umberto Bossi prima di essere messo da parte in maniera un po’ sgarbata.

Il professore promosse questa pubblicazione, in «adempimento di un proposito concepito molti anni fa. La navigazione sul Lario era sempre stata, nella mia famiglia, la fonte di esperienze e di rapporti abbastanza consueti. Mio nonno paterno, Francesco Miglio, dal 1872 al 1909 aveva ricoperto il ruolo di capo ufficio (virtualmente di vice-direttore operativo) della Società di Navigazione Lariana, e aveva impersonato i tempi d’oro di questo sodalizio: quando i grandi battelli-salone a ruote caricavano nell’Alto Lario una folla di turisti qualificati, provenienti dal Maloja o dallo Spluga, e li portavano in Tremezzina o a Como; oppure facevano loro compiere il percorso inverso avviandoli verso il Nord».
Ricordando fascinazioni e giochi giovanili, quando si era fatto abile «nell’identificare le sagome delle diverse imbarcazioni che costituivano la flotta lariana e quindi nell’indovinare il loro nome», Miglio osservava come non esistesse «un catalogo o comunque un repertorio dei battelli attivi sul lago di Como. Si avevano soltanto alcune fotografie, generalmente consacrate nelle cartoline postali, o conservate da qualche collezionista di immagini, e poi pubblicazioni occasionali, in cui i battelli non erano censiti e descritti in modo sistematico, ma soltanto usati come elementi del paesaggio lacustre, o come oggetto di monografie molto sommarie».

Alla lacuna ha posto dunque riparo “I battelli del Lario”. Che è sì un catalogo, ma anche un’approfondita storia della navigazione a motore sul nostro lago. Senza dimenticare quel che c’era stato prima per secoli e cioè i remi e le vele.
Lo stesso Gozzi avrebbe raccontato la genesi dell’impresa qualche anno dopo (2012), quando ripubblicò l’opera in un’edizione minore e bilingue, con la stampa affidata alle Grafiche Rusconi di Bellano.
In quel volumetto che riproduceva le parti storiche della prima edizione ma non il catalogo, Gozzi ricorda come tutto «tutto ebbe inizio nell’aprile del 1993, quando mi cercò l’amico Gianalberto Zanoletti (il fondatore del Museo della barca lariana di Pianello, ndr) perché “un noto personaggio” era intenzionato a scrivere un libro sui battelli del lago di Como. (…) Scrivevo allora per alcune riviste del settore ed in particolare di barche d’epoca, retaggio di una cultura che avevo appreso sul lago dalla mia famiglia, che trascorreva il periodo estivo a Corenno Plinio e lì visse interi periodi bellici lontano da Milano. (…) Mi venne svelato il nome del famoso personaggio: si trattava del Senatore Gianfranco Miglio». Che «seguiva quasi quotidianamente il progredire dell’opera e suggeriva nuove piste di ricerca». Probabilmente con una certa apprensione se lo stesso parla di un Gozzi «da me continuamente sollecitato». Nel 1993 il senatore aveva 75 anni e chissà se si sentisse un po’ mancare il tempo, considerato che nella prefazione due anni dopo avrebbe esordito: «Questo sarà, probabilmente, l’ultimo libro sul Lago di Como, da me suggerito e patrocinato». In realtà, Miglio avrebbe visto anche l’uscita, scrivendone la prefazione, del libro sulle barche a remi scritto dallo stesso Gozzi e pubblicato nel 1999 da Leonardo Arte. Ne riparleremo.
Il primo capitolo dei “Battelli del Lario” è proprio dedicato all’evoluzione delle imbarcazioni da trasporto sul Lario: le gondole, i comballi, i quatrass, i navet. i batei. Prima della rivoluzione del vapore che proprio nella navigazione ebbe «la sua prima ampia applicazione» per poi essere estesa alle ferrovie.

E «dai primi battelli a vapore, con scafo in legno e motori da poche decine di cavalli di potenza, sui quali i passeggeri erano quasi del tutto esposti alle intemperie, si passava verso la fine del secolo (l’Ottocento, ndr), a battelli dotati di un ampio salone interno, potenze e velocità di tutto rispetto e capaci di trasportare fino a settecento passeggeri».
E’ nel 1817 che «l’imperatore Francesco I assumeva pubblicamente l’iniziativa diretta a promuovere l’organizzazione, da parte di imprenditori privati, di un servizio di navigazione a vapore sulle acque del Regno Lombardo Veneto», servizio che nel 1825 sarebbe stato dato in concessione alla “Società Privilegiata per l’impresa de’ battelli a vapore” con sede a Milano.
In quanto a Como, è nel 1842 che il conte Giovanni Pietro Porro «si faceva promotore di una sottoscrizione pubblica per la costituzione di una nuova società di navigazione: la Società Lariana di Navigazione a vapore. Il Porro, intuita l’importanza che i trasporti lacuali potevano assumere in relazione alla progettata linea ferrata Monza-Camerlata e al crescente servizio di diligenze che collegavano Como allo Stelvio e allo Spluga». Gli sviluppi successivi vedono nel 1872, la costituzione di una concorrente Società per la Navigazione a vapore sui Laghi e nel 1874 la fusione tra le due società rafforzata nel 1884 quando nasce la Lariana Società Anonima in Como per la navigazione a vapore del lago di Como. Che col tempo si consolida e amplia la propria sfera di interesse anche sul trasporto via terra. Fino al 1952 quando «a causa dell’invecchiamento della flotta, delle passività ereditate dalla guerra e dalle ingenti spese di esercizio che già in precedenza avevano indotto la Lariana a chiedere un finanziamento allo Stato, l’Autorità governativa decideva di non rinnovare la licenza». La gestione diventava così statale.
Gozzi ci racconta delle trasformazioni intervenute nel corso del tempo. Per esempio «all’inizio dell’“era del vapore” ciascun battello aveva un suo comandante-contabile, responsabile dell’amministrazione a bordo. La conduzione dell’imbarcazione era affidata, invece, al pilota che dava le indicazioni, utili per la navigazione, al timoniere. Costui, sistemato a poppa, agiva sulla barra o sulla ruota “di governo”. Attraverso un tubo acustico, il pilota dava ordini ai meccanici. In seguito i ruoli si modificavano: il pilota diventava colui che usualmente si chiama “comandante”, mentre il comandante-contabile passava al ruolo dell’attuale cassiere; accanto alla macchina si trovavano il macchinista e il fuochista, quest’ultimo con il compito non certo leggero di alimentare continuamente di carbone il focolare della caldaia. Sul ponte si trovavano alcuni battelieri, detti anche matelotti, in numero variabile in relazione all’importanza del natante».
A poco a poco, però, il motore a vapore cedeva il passo a quello diesel.
L’autore si sofferma anche sugli aspetti un po’ leggendari del navigare sul lago: le tempeste, il buio, la nebbia, gli incidenti. Rievocando casi di cronaca come la bufera che nel luglio 1905 si abbatté su un’imbarcazione nei pressi di Bellagio, provocando lo svenimento di alcune passeggere. Oppure la trovata del “signor Rossini” che contro la nebbia fittissima – si legge su un giornale del novembre 1902 – inaugurò «un mezzo semplice e pratico che anche gli intelligenti di lui colleghi sperasi vorranno imitare per l’avvenire. Anziché ormeggiarsi al primo pontile (Argegno) in attesa del sole, il signor Rossini fece mettere in lago il canotto di salvataggio e fattivi salire due matelotti ordinò loro che costeggiassero la sponda riptendo ad alta voce il nome delle ville davanti alle quali passavano. Il battello, un po’ più al largo, lentamente li seguiva».

E, naturalmente i tempi di guerra: «Le poche imbarcazioni di linea venivano a mano a mano decentrate e nascoste nell’intento di evitarne il sequestro da parte dell’autorità di occupazione. (…) Il mitragliamento rappresentava la sorte pressoché certa dei pochi battelli lasciati in navigazione». Nel gennaio 1945 i bombardamenti americani provocarono morti e feriti.
Il corredo fotografico ci porta al Pian di Spagna con i battelli affondati diventati leggenda nella leggenda dei racconti lacustri e la disavventura del “Savoia” arenatosi a Gravedona.
Naturalmente, la navigazione sul lago non sono soltanto battelli in movimento, ma sono anche tutte le infrastrutture necessarie, dai cantieri ai porti e naturalmente ai pontili che hanno punteggiato le coste lariane. Ce ne viene offerta una mappa e una tabella partendo dal periodo 1826-1830 quando a Como sbarco e imbarco avvenivano con il battello all’ancora a circa mezzo miglio dal porto, finché venne realizzata una rampa in muratura all’interno del porto, appunto nel 1830. E nello stesso anno arriva il pontile di Colico e la rampa di Domaso. Per arrivare al pontile per traghetti a Bellagio nel 1964 e quello all’Isola Comacina nel 1966. Non mancano i manifesti turistici e le cronache dei viaggiatori illustri.
Infine, il catalogo che sarebbe il “cuore” della ricerca, un catalogo certosino con
con 55 schede dettagliate delle imbarcazioni maggiori ed elenchi delle minori. Si va dal piroscafi Lario e Plinio I varati nel 1826 fino ai battelli moderni, agli aliscafi, ai traghetti per le auto.


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Dario Cercek
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