PAROLE CHE PARLANO/119
Eresia
Una parola apparentemente fuori luogo nella settimana santa per i cattolici. Infatti ha assunto, in ambito religioso, un'accezione negativa, di disapprovazione, rivolta a chi aderisce a una confessione religiosa, ma ne mette in dubbio i dogmi, dà diverse interpretazioni, scegliendo, di fatto, di allontanarsi dall'ortodossia.
Il termine eresia ha però un significato tutt'al più neutro; deriva infatti dal greco haíresis, cioè semplicemente scelta. Quindi l'eretico è la persona che sceglie, che non subisce, ma decide liberamente la strada da seguire.
Eretico non è colui che si accontenta dei saperi, delle mode, delle abitudini, del pensiero diffuso e comune, ma chi è continuamente alla ricerca, chi mette in discussione se stesso e la società. Eretico, quindi, è chi non si rassegna alle ingiustizie, chi non pensa che la povertà, le guerre, i soprusi, le discriminazioni siano ineluttabili fatalità, ma compie scelte coraggiose, controcorrente, per liberare se stesso e l'umanità dalle briglie dell'egoismo.
Definire Gesù eretico, perché ha rotto con il passato, con la rigidità della legge, con l'aridità e la sterilità delle norme e delle prescrizioni, non è quindi assolutamente fuori luogo. Ed è stato profondamente eretico perché ha scelto non di sopravvivere, fuggendo come i suoi apostoli, ma di morire per la salvezza degli uomini.
E allora auguriamoci, credenti o meno, in questi giorni santi per la Chiesa, il coraggio dell'eresia.
Rubrica a cura di Dino Ticli