Quel 28 aprile 1963 (parte I)

Erano gli anni del boom economico e delle grandi industrie per il territorio lecchese quella lontana primavera del 1963, quando il voto per il Parlamento della Repubblica fissato per il 28 aprile divenne quasi un referendum favorevole o contrario al prospettato governo di centro-sinistra, nel quale la Democrazia Cristiana si alleava al Partito Socialista distaccato dal Fronte Popolare 1948 con il Partito Comunista.

Panorama della Lecco industriale anni '60 dal porto di Malgrate

Lecco ed il suo territorio si erano scoperti capitale nazionale di siderurgia e meccanica, motori di un miracolo economico senza precedenti. C’era il simbolico scudetto tricolore dei posti di lavoro in abbondanza, quando il progresso ed il benessere galoppavano in tutta la nazione. Erano gli anni della motorizzazione di massa degli italiani, degli elettrodomestici nelle famiglie, dei televisori sempre più presenti nelle case e nei locali pubblici, erano gli anni della Vespa, della Lambretta, della Fiat 500, delle vacanze estive lontane dalla abituale residenza. Si accentuava sempre più il flusso migratorio dal sud, in quanto il mercato del lavoro offriva molti posti essendo insufficiente la disponibilità locale.

Torre serbatoio del Caleotto e i forni

Quindi tutto facile e bello? Non sempre era così. Problemi di ambientazione, di collocazione, di accoglienza pesavano sulla città e sul territorio e si riflettevano anche nella campagna elettorale verso il 28 aprile.
Combattuta e serrata nell’ultimo mese prima del voto, con i comizi nelle piazze e nei circoli ancora di moda, nonostante che dalle amministrative del 1960 era stata introdotta la storica novità della tribuna elettorale in RAI TV con i rappresentanti di tutti i partiti che avevano seggi nel Parlamento della Repubblica, dal Senato alla Camera.

Area del Caleotto sul piazzale dell'attuale rotonda

Le prime avvisaglie di novità elettorali erano già avvenute nel dicembre 1962 quando il sindaco democristiano di Lecco Angelo Bonaiti lasciò la carica di primo cittadino assunta nel 1958 dopo Luigi Colombo. Le dimissioni anche se non motivate come tali prevedevano la candidatura di Bonaiti, come poi avvenne, al Parlamento della Repubblica, nel voto del 28 aprile 1963. Nei primi mesi dello stesso anno lo schieramento dei candidati che si profilava “navigando” nei vari partiti vedeva nomi già noti: la conferma di Piero Amigoni al Senato della Repubblica per la D.C., dove era già stato eletto nel 1953 e nel 1958; l’ex sindaco Ugo Bartesaghi candidato con il P.C.I. come nel 1958 dopo la svolta anti democristiana del 1954/1955; Gabriele Invernizzi del P.C.I., di Pescarenico ma da tempo impegnato più a Como che a Lecco, l’emergente Emilio Sangregorio per il P.S.I., Icaro Taroni per il P.S.D.I., sostenuto da nutrita rappresentanza degli artigiani, Nino Somasca, per l’M.S.I., consigliere comunale dal 1952.

Riunione di attivisti democristiani nell'aprile 1963

La presenza democristiana alla Camera, dopo la scomparsa del Popolare Celestino Ferrario, veniva affidata alla nuova coppia Angelo Bonaiti-Vittorio Calvetti, contrassegnata dal numero preferenziale 3 e 6; corrispondeva anche ad un impegno per avviare la nuova statale 36 della quale proprio nella primavera 1963 (guarda caso) venne reso noto l’appalto del primo tratto di realizzazione del nuovo tracciato, muovendo dal Brick Caviate alla periferia settentrionale di Lecco, sino alla centrale elettrica della Moto Guzzi, oltre Pradello. Calvetti era figura di spicco del mondo cattolico, preside delle magistrali, già insegnante per anni al collegio Volta, animatore dei comitati civici, assessore in Provincia a Como dal 1951, tra i sostenitori con Carlo Erba ed Aldo Rossi del convegno parrocchiale Toniolo, centro di preparazione ed elaborazione politica per i democristiani che si richiamavano alla dottrina più profonda e vissuta della Chiesa Cattolica.

Piero Amigoni e Luigi Candiani

Il volto nuovo nella campagna elettorale venne dal Partito Liberale che si opponeva al centro-sinistra nella nuova formula di governo D.C./P.S.I. . L’uomo emergente di quella campagna è stato il direttore delle ferriere, Luigi Candiani, general manager delle storiche acciaierie del Caleotto e dell’Arlenico. Milanese dinamico e di grandi progetti, dopo aver dato una decisiva spinta di rinnovamento alla storica ferriera del Caleotto si gettò anche nell’arengo cittadino e territoriale, dall’Unione Industriali al Rotary Club, al Cenro di Cultura e ad altre associazioni. La sua candidatura alla Camera venne accolta con soddisfazione da ambienti economici ed imprenditoriali. A sostegno della candidatura Candiani giunse a Lecco per un affollato comizio in piazza Garibaldi il leader del Partito Liberale, Gianni Malagodi, alfiere nazionale di opposizione ad ogni apertura verso il P.S.I. di Pietro Nenni.
Il Caleotto di Candiani, rinnovato ed ampliato, divenne anche il set di una troupe cinematografica operante fra forni “infuocati”, con il regista Giuseppe Fina e gli attori Raoul Grassilli ed Elsa Martinelli. Alcuni lavoratori del Caleotto vennero scelti come comparse nel ruolo di compagni di lavoro di Andrea (Raoul Grassilli).
Nei giorni della campagna elettorale che si avvicinava al voto, divenendo quindi più intensa e partecipata, qualcuno dichiarò che “Lecco benpensante avrebbe votato Candiani alla Camera ed Amigoni al Senato”. Vedremo nella prossima puntata di questa rievocazione storico-politica se è andato proprio così!
Aloisio Bonfanti
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