Valmadrera: comprano casa ma i locali sono difformi da quanto autorizzato. Un impreditore edile a processo per 'truffa'


“Ad oggi il mio appartamento è fumo negli occhi. 150mila euro sono fumo negli occhi. Quello che mi era stato venduto per buono e che doveva essere la casa per la mia famiglia ad oggi non ha ancora la certificazione di agibilità e abitabilità”. È stato un racconto sofferto, interrotto a tratti dall'emozione, quello che quest'oggi, davanti al giudice Bianca Maria Bianchi, ha reso una delle vittime della presunta truffa consumatasi a Valmandrera nel 2015 e venuta a galla solo nel 2019.
Imputato per avere venduto a tre persone altrettanti appartamenti risultati difformi rispetto al progetto presentato in comune e quindi divenuti oggetti di ordinanza di demolizione e di successive sanatorie, è R.C. imprenditore e costruttore edile, non comparso quest'oggi in aula e citato più volte dalle persone che hanno reso testimonianza davanti al magistrato lecchese, con la pubblica accusa sostenuta in aula dal viceprocuratore onorario Caterina Scarselli.
All'esterno del complesso immobiliare “Elisabetta” era infatti comparso un cartello con la scritta “vendesi” che aveva attratto l'attenzione di potenziali acquirenti.
Tra questi una giovane coppia intenzionata a “mettere su famiglia” che visiona un appartamento posto al quarto piano, finito e con delle travi a vista che ne conquistano il cuore. Dopo il terzo sopralluogo, a gennaio 2016, la coppia firma il preliminare di acquisto presso l'ufficio del costruttore e stipula poi il rogito da un notaio nel maggio dello stesso anno.
Passano gli anni quando nel 2019 il comune di Valmadrera comunica la necessità di fare un sopralluogo presso l'abitazione della coppia e qui rileva una serie di difformità in materia di volumetria, altezza, destinazione d'uso, dimensioni di un balcone.
“Quando mi arriva la notifica mi rivolgo a dei professionisti perchè capisco che l'appartamento che mi era stato venduto per buono non lo era” ha spiegato il giovane. “Le travi non erano conformi e c'erano tutta una serie di elementi che non trovavano riscontro nei progetti che erano stati a suo tempo presentati in comune. Io non ne sapevo nulla. Mi ricordo bene la data del 24 giugno, non me la dimenticherò, non ho dormito tutta notte: quel giorno mi è arrivata l'ordinanza di demolizione del tetto della mia casa”. Nonostante i tentativi di contattare e trovare una soluzione con l'imputato la vicenda non ha il seguito sperato e la coppia si trova a pagare 1200 euro per la sanatoria e a lasciare casa per un mese così da consentire i lavori di abbassamento del tetto e comunque di messa in pristino dei luoghi secondo le prescrizioni dettate dall'ordinanza. Totale della spesa per le opere circa 10mila euro.
Al banco dei testimoni è poi comparso il proprietario del secondo appartamento, posto sempre al medesimo piano, e anch'esso oggetto di difformità e di ordinanza da parte del comune di Valmadrera.
“A 53 anni avevo deciso di investire i risparmi di una vita di lavoro in una casa che fino a quel momento non avevo mai avuto di proprietà” ha raccontato. “Ho telefonato al numero indicato sul cartello, ho preso appuntamento e dopo alcuni sopralluoghi ho formulato una offerta di acquisto irrevocabile al costruttore. Non mi sono mai state fatte notare problematiche di alcun tipo, l'appartamento si presentava finito e siamo così andati a rogito nel 2016. E anche in quella sede non è stato sollevato nulla, anzi ero tranquillo perchè il costruttore e il notaio mi parevano in confidenza e quindi ero sereno”. Come per la coppia di sposi, dopo qualche anno alla porta dell'uomo bussa l'ufficio tecnico del comune di Valmadrera che chiede di fare un sopralluogo e rileva una serie di difformità dell'appartamento rispetto al progetto presentato in municipio. Anche in questo caso arriva l'ordinanza di demolizione e il titolare della casa si trova a fare lavori per 20mila euro così da sanare la sua posizione e non risultare più “abusivo” per l'ente pubblico.
La voce si sparge e si scopre che gli appartamenti del piano, quattro, sono tutti diversi rispetto a quello che avrebbero dovuto essere sulla carta e diventano così oggetto di rilievi da parte dell'ufficio che, come spiegato in aula dall'allora tecnico comunale, era venuto a conoscenza in maniera casuale che qualcosa alla residenza “Elisabetta” non tornava.
“L'agenzia delle entrate ci aveva chiesto informazioni su alcune schede catastali per la fine lavori in un complesso immobiliare ma noi non avevamo nessuna comunicazione in tal senso” ha spiegato. “Non avevano pratiche edilizie che attestassero la fine lavori e ci siamo resi conto che qualcosa non andava. Quando ci siamo recati sul posto abbiamo rilevato le incongruità e proceduto poi come prevede la normativa con la comunicazione di notizia di reato. C'erano altezze diverse, alcuni locali che avrebbero dovuto essere adibiti a ripostiglio in realtà erano delle camere”.
Se per due appartamenti si è potuto procedere con una sanatoria e con i rispettivi lavori di adeguamento, pur non avendo ancora ottenuto né agibilità né abitabilità, per un terzo la situazione è risultata molto più compromessa e ancora non risolta.
Il giudice Bianca Maria Bianchi ha aggiornato all'11 aprile l'udienza con lo scopo di riunire i due processi che ha già in carico e relativi sempre alla medesima vicenda e di interpellare anche il dottor Salvatore davanti al quale si trova il caso del terzo appartamento, quello non ancora sanato.
Per il quarto immobile non è aperta alcuna vicenda giudiziaria ma si sta concludendo il tutto tramite pratiche amministrative. In quella sede saranno anche sentiti tre testimoni e un consulente.
Per l'11 luglio, invece, è prevista l'audizione dei restanti testi con possibile conclusione delle parti.
S.V.
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