Piona: lotta e mutuo soccorso, Il Gabbiano ospita gli operai di una fabbrica occupata

Ci sono luoghi che ti regalano scorci difficili da descrivere a parole. Sperduta in un enorme parco a due passi dall’abbazia di Piona, villa Malpensata è uno di questi. Dal balcone dell’antica dimora nobiliare, si possono infatti osservare le acque del lago convergere placidamente nell’abbraccio delle Prealpi.

In tanti, mercoledì pomeriggio si sono fermati per un attimo ad ammirare quello scenario ameno, coronato da un cielo reso limpido dalle forti folate di vento, prima di dirigersi nella sala adiacente al balcone. Lì stava per verificarsi un’altra convergenza: quella tra l’associazione comunità il Gabbiano e gli operai del collettivo di fabbrica della GKN di Campi Bisenzio. Danio, Snupo e Massimo sono solo tre dei circa trecento operai che da diciotto mesi lottano per mantenere vivo uno stabilimento di 55mila metri quadri, un tempo eccellenza nel settore della componentistica per auto. Una vertenza che ben presto ha assunto i contorni di una ribellione contro un sistema in cui domina quella che loro chiamano la “legge della giungla”.

Paolo Casu, Massimo Pirovano, Don Vincenzo Russo, Cecco Bellosi, Massimo, Snupo

“Il 9 luglio 2021 l’azienda ci ha mandato una mail in cui si annunciava la chiusura dello stabilimento perché, secondo i loro calcoli, quella fabbrica, in quel momento in attivo e con delle commesse su cui lavorare, nel giro di alcuni anni sarebbe passata in perdita. È un ragionamento, frutto di un sistema capitalistico estremo, usato, secondo noi, per mascherare una delocalizzazione” ha spiegato Danio. Da quel giorno, gli operai hanno occupato l’azienda e si sono riuniti in assemblea permanente. Un’occupazione strenua a difesa della loro seconda casa, delle loro professionalità, del loro futuro. “Quando abbiamo ricevuto le lettere di licenziamento saremmo potuti andare a cercare un altro lavoro. Le nostre competenze erano molto appetibili sul mercato. Abbiamo deciso di non farlo perché abbiamo lavorato per decenni in quello stabilimento. Gli altri operai non sono colleghi ma amici” ha aggiunto Massimo.

Danio, Massimo, Massimo Pirovano, Snupo

A fine dicembre 2021, un barlume di speranza: un imprenditore, specializzato in riconversioni industriali, ha rilevato la fabbrica con il progetto di avviarla alla costruzione di motori elettrici. Nel giro di pochi mesi, tuttavia, il clamore degli annunci si è sgonfiato, le rassicurazioni si sono fatte sempre più aride di significato. Alla fine, l’assenza di un reale piano industriale ha spinto il Ministero dello Sviluppo Economico a non concedere la cassa integrazione. “Da cinque mesi noi non percepiamo né stipendio né ammortizzatori sociali. Il proprietario non si presenta ai tavoli ministeriali. Non vuole trattare, il suo obiettivo è svuotare lo stabilimento, non reindustrializzare. A poco a poco, mentre lo stallo si prolunga, due o tre lavoratori alla volta decidono di licenziarsi. Il sindacato non si assume le responsabilità. La politica non si assume le responsabilità. Chi è immobile è complice” ha sottolineato Danio con tutta la forza che aveva in un animo temprato da lunghi mesi di battaglia ma anche di progettazione. Gli operai, infatti, non sono rimasti in attesa con le mani in mano. Assieme ad un gruppo di economisti della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, hanno sviluppato un progetto teso a riconvertire lo stabilimento, tutt’oggi custode di due macchinari da circa 40 milioni di euro, in una fabbrica di componenti meccanici per i bus elettrici del trasporto pubblico locale.  “Ma stiamo sondando anche altre possibilità. In questo momento, per esempio, altri amici sono in Germania a parlare con i proprietari del brevetto relativo a dei pannelli solari in carbonio. Noi chiediamo l’intervento dello Stato per una fabbrica pubblica e socialmente integrata. Non è possibile permettere alle imprese di delocalizzare senza che nessuno si ribelli. Il nostro stabilimento è fortemente legato al territorio” ha spiegato Snupo.

In parallelo, è stata costituita l’APS Insorgiamo SOMS, ossia una società operaia di mutuo soccorso. “Serve per aiutare i compagni in difficoltà a continuare la lotta. Abbiamo creato una cassa di resistenza e avviato un progetto di microcredito. Prestiamo i soldi a interessi zero a chi di noi ne ha più bisogno, il quale poi li restituirà quando avremo ripreso la produzione. In questo modo rendiamo il denaro un tramite sociale e non più un fine” ha proseguito Snupo. “Noi ci eravamo organizzati in un collettivo già prima della chiusura perché avevamo il sentore che qualcosa stava per accadere. È stato questo legame a salvarci. Ora però la vertenza è in una fase molto difficile. Mi chiedo dove stiano i giusti in questo mondo”.

Cecco Bellosi

Proprio sul mutualismo si innesta il rapporto con il Gabbiano, il quale, nelle sue comunità dislocate tra Lecco e la Valtellina, ha recentemente avviato il progetto Spartaco, un’iniziativa tesa a trasformare gli ospiti in veri protagonisti della vita quotidiana del luogo in cui vivono. Ad ascoltare i tre operai di Campi Bisenzio mercoledì pomeriggio c’erano proprio alcuni “spartachisti”. “Ciò che più avvicina il Gabbiano al collettivo degli operai GKN è il fatto che loro ormai non sono più una fabbrica ma una comunità in lotta. Si sono compattati, si sono uniti al di là delle esigenze personali e insieme lottano per ciò in cui credono. Anche noi come Gabbiano cerchiamo ogni giorno di fare lo stesso” ha spiegato Cecco Bellosi. “Entrambi abbiamo aderito alla rete di fuorimercato contro lo sfruttamento in agricoltura. Insieme stiamo ragionando sullo sviluppo di forme di mutuo soccorso in campo sanitario. Siamo rimasti colpiti anche dalla sensibilità dimostrata dagli operai di GKN sul tema delle condizioni disastrose in cui versano le carceri italiane”.

Don Vincenzo Russo

Quello delle carceri è un tema molto caro non solo a Bellosi, storico esponente della galassia rivoluzionaria con un passato proprio da detenuto, ma anche a chi oggi negli istituti penitenziari ci lavora quotidianamente come don Vincenzo Russo. La sua presenza a villa Malpensata è il simbolo di quanto un intero territorio si fosse stretto intorno agli operai, dimostrando una forte solidarietà. “In Toscana negli ultimi anni hanno chiuso più di sessanta aziende. Gli operai della GKN sono gli unici che si sono ribellati. La loro lotta riguarda tutti” ha sottolineato il cappellano del carcere di Sollicciano. “I lavoratori di GKN si sono autorganizzati ed ognuno è diventato protagonista della propria vita. È esattamente quello che cerchiamo di fare anche noi ogni giorno con il progetto Spartaco. Loro insegnano che da soli non si va da nessuna parte” ha aggiunto Massimo Pirovano, direttore dell’associazione comunità il Gabbiano.

Massimo Pirovano

“Sapete, mai mi sarei immaginato a cinquant’anni qui con voi a parlare di giustizia sociale e della nostra lotta. Non vi nascondo che ci sono stati momenti in cui ho avuto paura. Però poi ho pensato a tutte quelle persone che negli anni 70 hanno lottato per conquistare i diritti sanciti dallo statuto dei lavoratori” ha ricordato Danio “Persone che hanno avuto molto coraggio e sono andate in carcere per il loro coraggio. I diritti ci sono e non è accettabile che vengano scambiati con il lavoro. La nostra lotta riguarda tutti e per questo vi invito a convergere su Firenze il 25 marzo alla manifestazione nazionale che abbiamo organizzato”. Una proposta immediatamente raccolta dal Gabbiano. “Ci saremo, saremo in tanti e cercheremo di farci sentire” ha replicato Massimo Pirovano. L’ultima riflessione è stata quella di Cecco Bellosi. “Sulle montagne di fronte a noi nel 1945 ventisette partigiani hanno fermato un’intera colonna di gerarchi fascisti. Quella degli operai di GKN è una nuova edizione di Davide contro Golia. È la lotta operaia del terzo millennio”.
A.Bes.
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